Avvenire di Calabria

Il 25 ottobre è il World Pasta Day: un momento di celebrazione di una tradizione culinaria tutta italiana

La Calabria si riscopre terra di grani antichi

A tal proposito, abbiamo provato a conoscere più da vicini la tradizione dei grani antichi in Calabria

di Redazione Web

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Il 25 ottobre è il World Pasta Day: un momento di celebrazione di una tradizione culinaria tutta italiana. A tal proposito, abbiamo provato a conoscere più da vicini la tradizione dei grani antichi in Calabria.

Grani antichi in Calabria, cosa c'è da sapere

Il World Pasta Day compie 25 anni. Dal 1998 ad oggi, la pasta ha vinto la sua sfida globale, su più fronti. Secondo i dati elaborati da Unione Italiana Food e IPO - International Pasta Organisation, la produzione mondiale oggi sfiora i 17 milioni di tonnellate (+1,8% sul 2021), raddoppiando quasi i 9 milioni del 1998.


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Con due costanti: oggi come allora, l’Italia è prima al mondo nella classifica dei Paesi produttori, con 3,6 milioni di tonnellate nel 2022 (+3,2% sul 2021) e un fatturato che sfiora i 7 miliardi di euro (+24,3% sul 2021). L’Italia è anche il Paese che ne mangia di più (con 23kg pro-capite all’anno, precediamo Tunisia con 17 kg e Venezuela con 12 kg), con un totale di 1,3 milioni di tonnellate consumate nel 2022: il 25% della pasta consumata nel mondo e il 75% consumata in Europa sono prodotti da un pastificio italiano. 


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Ma relativamente alla Calabria? Abbiamo provato a capirne di più sui grani antichi del nostro territorio. Ci sono 1970 mulini ad acqua sparsi su tutto il territorio, ma soltanto pochi sono ancora in funzione e compiono la magia: perché c’è qualcosa di magico nella lavorazione del grano.

È l’oro giallo di questi campi e, dalla notte dei tempi, rappresenta la base dell’agricoltura e della nostra alimentazione. Le spighe di grano sono un racconto a cielo aperto pieno di significato: è la vita che rinasce nel seme che muore. 

Negli anni Settanta il settore ha visto un cambio di passo nato dalla necessità di fornire all’industria alimentare farine forti che consentissero lavorazioni più veloci e, dunque, impasti rapidamente panificabili. In breve tempo, le specie antiche sono state abbandonate favorendo queste varietà.

È un copione già visto, d’altronde: i tempi cambiano e serve adeguarsi per sopravvivere. Ma c’è una differenza tra il tempo che corre e quello che scorre: al secondo, non devi starci dietro e batterlo. Allora c’è differenza pure tra il grano “industriale” e i grani antichi: non hanno mai subito mutazioni genetiche e preservano, perciò, le proprietà nutrizionali originali. E poi la macinazione è realizzata con metodo tradizionale, quindi lentamente e a pietra naturale, per tutelare la qualità del prodotto.


PER APPROFONDIRE: La speranza rinasce in un mulino


In questi anni, da Nord a Sud, dall’altopiano della Sila all’Aspromonte, è stata gettata nuova luce sui grani antichi storici calabresi Senatore Cappelli, Verna, Farro, Iermano, Maiorca, Rubeum: erano personaggi in cerca d’autore e oggi sono protagonisti di un nuovo Rinascimento che sa raccontare una terra e la mano di chi la coltiva. 

La storia dei popoli che nei secoli hanno abitato la Calabria e le altre regioni del Meridione d’Italia è indissolubilmente legata alla storia dell’agricoltura e delle coltivazioni in quei territori. Un posto di rilievo spetta ai cereali, destinati alla preparazione di molte varietà di cibi e alle offerte votive.

In Calabria si coltivano ancora molte varietà di grano duro di antica origine e altre più moderne. Oltre alla varietà Senatore Cappelli, che fu sviluppata poco più di un secolo fa dall’agronomo e genetista Nazareno Strampelli partendo da un grano antico chiamato Rieti, ricordiamo le varietà di grano duro Saragolla – una varietà molto antica, simile al Khorasan, caratterizzata da chicchi molto grandi – l’Etrusco (Triticum Turanicum Turgidum, il vero Khorasan); il Perciasacchi (grano duro o farro lungo, dal nome si intuisce la caratteristica di “rompere i sacchi” e uscire fuori); il Russello (detto anche Ruscio o Russieddru perché la spiga tende al rosso); il Timilia (o Tumminìa, o Marzuolo, con caratteristiche sfumature nere nel chicco); il Simeto.

La varietà Maiorca è invece un grano tenero, da cui si ricava una farina adatta per dolci e per le ostie. Il Carosella, probabilmente già coltivato dagli antichi Romani, è invece una varietà semiselvatica che unisce alcune caratteristiche del grano tenero con altre del grano duro. Il Jermanu (o Jermano o Jurmano) è invece la segale.

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