Sottoscritta la «Carta di Reggio Calabria» per la salvaguardia delle tradizioni culinarie
In riva allo Stretto avviato un percorso culturale tra Italia e Messico per la tutela del patrimonio gastronomico.
di Eduardo Lamberti Castronuovo - È bello poter parlare liberamente, senza steccati partitici, che spesso, modulano la realtà ad uso del potente di turno. Viviamo in un momento storico dove, chi ha potuto, ha inanellato tante corbellerie, diventate norme e leggi, tali da imporre, per esempio, un intervento della Suprema Corte, per regolare un sistema elettorale, patrimonio della politica e non della Magistratura. Ma tant’è. I nominati, non i parlamentari veri, pur di mantenere poltrone si sono piegati al dictat del gioco della zara. Per intenderci quello al quale Dante dedicò il sesto canto del purgatorio: «quando si parte il gioco della zara, colui che perde si riman dolente..con l’altro se ne va tutta la gente». Come dire che il volere popolare è rappresentato da chi sale sempre sul carro del vincitore.
È presumibile questo criterio sia stato quello ispiratore della Legge che abolisce le Province. Ente intermedio la cui importanza strategica sul territorio, è rilevante. A Reggio Calabria ha piovuto sul bagnato. Alla eliminazione della Provincia si è aggiunta la Città Metropolitana, la cui genesi è certamente di natura clientelare. Una sorta di omaggio, sotto forma di captatio benevolentiae, del governo dell’epoca al sindaco del tempo. L’ibridizzazione ha portato a fatti deleteri, con dispute ovvie e malcontento generale tra due “postazioni” antitetiche e sovrapponibili al tempo stesso. Un sistema nato male. Tuttavia, ora, c’è solo da rimboccarsi le maniche. Seriamente.
Le difficoltà sono molte e manca l’esperienza di un organismo che pretenderebbe un Sindaco dotato delle «corde » pirandelliane. A seconda che si trovi a Palazzo San Giorgio o a Palazzo Alvaro, dovrà agire come Sindaco di Reggio o come Sindaco della provincia. Caricherà la corda giusta? Me lo auguro di cuore, per il bene comune. Quelle del beretto a sonagli erano tre, la seria, la civile e la pazza. A noi basteranno le prime due.
Fuor di metafora, per far diventare positivo un processo nato male c’è un solo metodo. Realizzare una congiura virtuosa, richiamare tutti noi, che facciamo parte del consiglio metropolitano, ad un «ut unum sint» perché attraverso un governo di salute pubblica, si lavori insieme, tralasciando steccati partitici e laederismi inopportuni, e si vada al risanamento dell’intero territorio . Unico obbiettivo: il bene comune. Quello dettato dalla buona politica. La provincia ha necessità impellenti di essere resa vivibile e sicura. Per la vivibilità, cultura, sport e turismo: tutto da rivivificare ed organizzare. Per la sicurezza, percorribilità, controllo del territorio, tutela del patrimonio, tutto da rimodellare secondo le esigente della gente.
Ma tutto ciò rischia di essere il solito mero elenco di buoni propositi. Se la Città Metropolitana deve diventare una occasione per risalire la china, dobbiamo modificare la mentalità collettiva: semplicemente dobbiamo amare quanto più possibile la nostra terra. Coi fatti. Rivalutando noi stessi e la nostra identità. La mafia e la ndrangheta, che ci hanno affossato, facendoci conoscere più per eventi malavitosi che per le nostre vere radici, vanno combattute con le armi della cultura. Il Sindaco Falcomatà ha detto che Reggio Metropolitana partirà dalla cultura. Bene . Ma mi permetto di correggerlo. La cultura a Reggio è ripartita ben cinque anni fa. Chi potrebbe negarlo? Ne sia esempio il Palazzo Crupi. Basterà seguire la scia, migliorandola, con chiunque sia in grado.
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