A Reggio Calabria, i comitati civici sono megafono dei quartieri
La recente operazione di bonifica ad Arghillà sottolinea l’importanza dei comitati civici nell’affrontare il degrado
Non c’è dubbio che il racket, identificato spesso anche con il termine pizzo, sia la forma più classica di pervasività e oppressione della criminalità organizzata e che, in qualche misura, rappresenti una delle sue caratteristiche principali. Non è semplicemente estorsione, ovvero il reato attraverso il quale il delinquente ottiene un ingiusto profitto con la violenza o con la minaccia, il pizzo è qualcosa di più nella misura in cui: rappresenta la principale forma di controllo del territorio da parte di una cosca criminale; è estesa a tutte o, co- munque, al maggior numero possibile delle attività economiche di una certa zona; osserva una periodicità costante nella riscossione; e rispetta una precisa proporzionalità tra l’entità dell’attività economica e quella della somma estorta. Con questa attività criminale le cosche controllano l’attività economica di interi territori. Nella dinamica del racket tutto si basa sulla capacità di intimidazione e sulla disponibilità a lasciarsi intimidire; il racket è, di fatto, un patto omertoso tra l’estorsore e la sua vittima che, con il suo silenzio, consente il perpetuarsi del reato.
In molte realtà, soprattutto siciliane, si è sperimentato da tempo e con successo un metodo di resistenza e di denuncia grazie alle reti delle associazioni di categoria e delle associazioni antiracket. Queste organizzazioni, in collaborazione con le istituzioni, hanno dimostrato che denunciare il racket si può e si deve fare perché è l’unico modo per stroncare il fenomeno. Anche a Reggio Calabria si tenta da tempo di implementare la denuncia ed il rifiuto del racket sull’esempio di chi già con successo, anche nella nostra città, si è ribellato e, tutt’ora, continua il proprio lavoro liberamente con il sostegno delle Istituzioni. Ma occorre che tutti ci si mobiliti: le associazioni di categoria con una pesa di posizione chiara e inequivocabile che preveda anche sanzioni per chi non si ribella al racket e non denuncia e l’espulsione degli imprenditori collusi; le istituzioni estendendo il controllo del territorio e la protezione e la tutela dei più esposti alle ritorsioni; le associazioni antimafia organizzando il sostegno e la vicinanza a quanti denunciano; i cittadini preferendo per i propri acquisti e per il proprio approvvigionamento le aziende oneste che si sono ribellate al pizzo. Per far questo è indispensabile che cada l’omertà a tutti i livelli e che sia chiaro a tutti quali sono le imprese e le attività pulite (edili, negozi, supermercati, ecc.) cui potersi rivolgere con la certezza di non contribuire, sia pure inconsapevolmente, a sostenere la ‘ndrangheta.
* ReggioNonTace
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Monsignor D’Anna è parroco della comunità dell’Itria di Reggio Calabria. Spiega il prezioso valore di «essere uniti nel dono».
Nel nuovo numero, inoltre: il bilancio dei primi mesi al parlamento Ue di Giusi Princi, Chiesa e inclusione, diritti umani, Job in Progress e Hub Porto.