Avvenire di Calabria

Contro l’indifferenza

Il ruolo decisivo della scuola per evitare che all'indomani della Giornata della memoria tutto torni come prima

Alberto Campoleoni

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In questi giorni nelle scuole si parla di Shoah. La Giornata della Memoria, infatti, catalizza un po’ ovunque l’attenzione di docenti e studenti, impegnati in incontri, viaggi e attività varie – dal cinema al teatro, passando per le immancabili ricerche e chi più ne ha più ne metta – dedicate a “non dimenticare”. Ricordare, infatti, quello che accadde in Europa negli anni della seconda guerra mondiale e la tragedia delle persecuzioni e dei campi di sterminio, i milioni di vittime ebraiche e non solo, è un dovere importante per la nostra società e naturalmente la scuola può essere decisiva. E’ anzitutto nelle aule scolastiche, infatti, che le giovani generazioni si misurano con la Storia, che incontrano il passato e pongono le basi per costruire il futuro.
Ma cosa vuol dire non dimenticare? Può bastare una Giornata della Memoria per mettere a tema in modo efficace forse la più grande tragedia dell’età contemporanea? E da dove cominciare ad affrontare questi temi così impegnativi?
Certo sono importanti le attività mirate. In modo speciale, probabilmente, sono efficaci gli incontri con i “testimoni”. Ormai sono sempre meno, causa età, ma quanti, uomini e donne, si sono resi disponibili a raccontare la propria esperienza di deportazione e permanenza nei lager, di sofferenza e di “resistenza”, offrono un vero servizio ai più giovani. Racconti, discussioni, domande e risposte: così si trasmettono conoscenze ed emozioni, la memoria diventa viva e presente. Un altro momento speciale – purtroppo non proprio accessibile a tutti, anche per motivi logistici e organizzativi – è quello dei viaggi nei luoghi della memoria. Ad Auschwitz vanno comunque tante scolaresche, e così a Dachau o in altri luoghi tristemente famosi. Difficile non lasciarsi coinvolgere tra le baracche e i reperti della macchina dello sterminio. Sono situazioni e luoghi evocativi, capaci di muovere emozioni e intelligenza e “combattere” il nemico più feroce della memoria, l’indifferenza.
E qui subentra qualcos’altro. Tutte le attività del Giorno della Memoria – che ha una copertura istituzionale dovuta e significativa – hanno bisogno, per essere davvero efficaci, di un terreno fertile sul quale attecchire e che si predispone in tutti gli altri giorni dell’anno. L’indifferenza, infatti, la si può mettere in disparte per il tempo necessario alle celebrazioni, ma facilmente riguadagna terreno non appena si spengono i riflettori. E di nuovo, ecco il ruolo decisivo della scuola: è qui che i più giovani – e gli adulti che sono coinvolti – costruiscono le condizioni di possibilità per delle esperienze di condivisione e solidarietà che scardinano in profondità l’indifferenza. Questo avviene nell’esercizio quotidiano della ricerca fatta insieme, dai ragazzi tra loro e con gli insegnanti, nella pratica dell’accoglienza delle diversità di cui sono piene le nostre aule, nell’abitudine coltivata del confronto, dell’ascolto e del dialogo.
Su questo terreno continuamente da coltivare, la Giornata della Memoria può radicare lo specialissimo albero della pace e della tolleranza. L’albero dei Giusti fra le nazioni, segno efficace a Gerusalemme per quanti a rischio della propria vita si operarono per salvare gli ebrei perseguitati, simbolo per ogni persona, ovunque, di speranza e rinascita di un’umanità migliore.

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