Avvenire di Calabria

La riflessione della Garante per i diritti dei detenuti del Comune di Reggio Calabria sul documento redatto dalla Cec.

Conversione dei mafiosi, parla il Garante Russo: «Serve una cura comunitaria»

L'avvocato reggino si sofferma sulla redenzione di chi si macchia dei reati associativi e la necessaria cura comunitaria

di Giovanna Russo *

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Conversione dei mafiosi, parla il Garante Russo: «Serve una cura comunitaria». La riflessione del Garante per i diritti dei detenuti del Comune di Reggio Calabria sulle Linee guida proposte dalla Cec. L'avvocato reggino si sofferma sulla redenzione di chi si macchia dei reati associativi e la necessaria cura comunitaria.

Conversione dei mafiosi, parla il Garante Russo.

La mafia va combattuta a tutti i livelli. Le mafie possono e debbono essere sconfitte. Il compito dell’operatore del diritto è quello di decidere.

Decidere è scegliere ed a volte scegliere, si sa, è una delle cose più difficili che l’uomo sia chiamato a fare. Proprio in questo scegliere per decidere, e viceversa, che il credente può trovare, anzi deve ricercare un autentico rapporto con Dio.

Un rapporto diretto, perché il rendere giustizia è realizzazione di sé, è preghiera, è dedizione di sé a Dio. La domanda è: Non chi sono io, ma, per Chi sono Io? Il 15 settembre (anniversario del martirio del beato Pino Puglisi) sono state pubblicate le linee guida per il “contrasto della prassi ‘ndranghetista”.


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Forti e decise sono le affermazioni che troviamo in questo scritto: «Le mafie esistono in Calabria nonostante ogni dichiarazione contraria e omertosa.

Hanno volti, nomi, cognomi, appoggi, collaborazione, silenzi conniventi, in tal modo, continuano a tessere una vera rete asfissiante». Si coglie nella fermezza, di questo testo, l’importanza della scelta della Cec, che non lascia spazio a fraintendimenti, né concede più alibi ai “silenzi conniventi”. E’ sempre più il tempo di contrastare con agire trasparente ispirato alla Fede in Dio.

Un'inevitabile svolta affettiva

La lettura attenta del testo ci pone dinnanzi ad una ormai improcrastinabile svolta affettiva. Per dirla con fervore ignaziano, suscita un necessario discernimento. A quale fine sono chiamato? Il documento suddiviso in: “Principi teologico-pastorali” e “Raccomandazioni e Norme” esprime una condanna forte del fenomeno mafioso, ma parla anche di disoccupazione e corruzione diffusa come effetti collaterali e/o prodromici.

Per questo i vescovi calabresi auspicano che tali indicazioni possano contribuire a far sorgere una “alba nuova di redenzione” nella nostra terra. La ‘ndrangheta è una realtà criminale di dimensione globale, che si pone come antistato e anti-religione. Nel documento, giustamente e costantemente i Vescovi calabresi sottolineano come la Chiesa e i fenomeni criminali siano due realtà infinitamente tra loro diverse, incompatibili.

La conversione dei mafiosi

La Chiesa fondata sull’amore di Dio e del prossimo, mentre la ‘ndrangheta costruita sulla minaccia e sulla paura, su una falsa fede e una distorta religiosità. I vescovi calabresi ci ricordano che al fine di contrastare i fenomeni ‘ndranghetisti servono la fede nel Signore Risorto e la coerenza delle azioni, che supportino interventi programmati, specialmente quelli relativi alla formazione permanente dei presbiteri, dei laici e dei catechisti, nell’esperienza dei movimenti e delle aggregazioni ecclesiali.


PER APPROFONDIRE: Chiesa e ‘ndrangheta, Oliva: «Noi cattolici non possiamo più essere complici o inerti»


Fondamentale a parere di chi scrive l’aspetto della formazione poiché attiene alla sfera della cultura, dello studio e dell’apprendimento che si rende liberi. Ma da cosa? Dall’oppressione delle mafie che soffocano la vita dei figli di Dio.

Offrire opportunità salvifiche

Cosa potremmo fare di più? Una ulteriore svolta la si potrebbe giocare tutta sul piano affettivo della giustizia, offrendo opportunità salvifiche. I testimoni non si perdono in parole ma portano frutto. Non si lamentano dell’altro ma cominciano da sé stessi. Penso a tal proposito alla redenzione ed all’opportunità umana della persona reclusa di scegliere la via della redenzione e del perdono salvifico.

Dobbiamo impegnarci tutti quotidianamente per eliminare ogni brandello di equivoco, seguire il Vangelo, e sostenere chi (operatori della giustizia), sul campo, combatte ogni giorno per una società più giusta e libera. Serve illuminare le nostre coscienze e tendere sempre più ad un concreto sviluppo umano integrale. Il monito è ripartire cristianamente, tante cose sono cambiate, ma non ancora abbastanza.

Oggi le dinamiche mafiose sono meno appariscenti e per questo ancora più pericolose. Si infiltrano nei vari ambiti della convivenza umana, continuando a destabilizzare gli equilibri sociali. Di fronte a tutto questo dobbiamo alzare la voce con gentilezza e garbo e unire alle parole i fatti: insieme tutti con azioni sistematiche per un contrasto continuo e serrato alle mafie.

A supporto della Chiesa, del Papa, delle Istituzioni e dei figli e figlie di Dio tutti che combattono la mafia ogni giorno, per tracciare una storia nuova: la salvezza testimoniata dal Vangelo. Concludo ringraziando per le linee offerte che certamente spronano tutti noi a fare di più, in primis a chi scrive.


* Garante per i diritti dei detenuti del Comune di Reggio Calabria

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