Avvenire di Calabria

L'arcivescovo di Reggio Calabria - Bova, nel corso della sua omelia che pubblichiamo integralmente, si è rivolto anche al clero diocesano

Corpus Domini, Morosini: «Eucarestia simbolo dell’accoglienza»

Giuseppe Fiorini Morosini *

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

L’orazione con la quale abbiamo aperto questa liturgia ci ha offerto già alcuni elementi di riflessione, tra i tanti possibili, tutti miranti a promuovere in noi i sentimenti di gratitudine e di glorificazione del Signore, che sintetizzeremo a fine messa con la tradizionale processione eucaristica. Abbiamo pregato: perché la nostra vita diventi un continuo rendimento di grazie ed espressione perfetta della lode che sale a te da tutto il creato.

Tutto questo perché l’Eucarestia è considerata il sommo bene di tutta la Chiesa. La verità dell’Eucarestia, sommo bene della Chiesa, dipende dal fatto che è Gesù il sommo bene per noi credenti: Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Nell’Eucarestia si realizza sino alla fine del mondo la promessa dell’Emmanuele, la verità della carne da mangiare e del sangue da bere. In essa approdano come loro compimento le affermazioni del Signore circa la vite e i tralci, circa il pane vivo disceso dal cielo. In essa, come canta S. Tommaso, trovano compimento le prefigurazioni di Isacco dato a morte, dell’agnello pasquale, della manna data ai padri: i grandi temi della storia della salvezza.

Nasce così la prima domanda per la nostra vita spirituale: l’Eucarestia è veramente il sommo bene per ciascuno di noi e per le nostre comunità ecclesiali? Interrogandoci sul nostro rapporto con l’Eucarestia noi ci chiediamo se noi sacerdoti celebriamo la messa e tutti, sacerdoti e fedeli, riceviamo la comunione con dignità, con coscienza morale purificata, con quei sentimenti che costituiscono il valore di riferimento dell’Eucarestia, e cioè il dono della vita da parte di Gesù e conseguentemente da parte nostra. Un’Eucarestia celebrata e ricevuta senza il riferimento al comandamento dell’amore, sarebbe un’Eucarestia imperfetta, o addirittura indegna, se la ferita nel precetto dell’amore è grave.

Un’Eucarestia che non ha ricadute nella vita di ogni giorno, guidandola per il bene, non è vera Eucarestia, è solo rito, consacrato dalle nostre abitudini culturali. Riflettere se per noi l’Eucarestia è il sommo bene, ci riporta al tema del rapporto fede-vita, alla chiarificazione su che cosa consista la vera identità cristiana.

Non c’è vera identità senza la partecipazione all’Eucarestia e senza l’accettazione della comunione, aperta alla fraternità e all’accoglienza, che da essa scaturisce. Non c’è vera fede cristiana se non diventiamo fermento di vita nella società.

Ricordiamo l’enciclica di Giovanni Paolo II, dal titolo "Ecclesia De eucarestia"- La Chiesa vive dell'Eucaristia. Questa verità non esprime soltanto un'esperienza quotidiana di fede, ma racchiude in sintesi il nucleo del mistero della Chiesa. Con gioia essa sperimenta in molteplici forme il continuo avverarsi della promessa: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». L’Eucarestia non solo ricorda, ma rende sempre vivo il sacrificio che Gesù ha fatto di se stesso per dare la vita a noi. Non ci può essere fede vera e identità chiara se non riusciamo a superare violenza, corruzione, le varie forme di egoismo, una visione di libertà che non cammini parallela alla ricerca della verità.

L’Eucarestia per il cristiano ha anche una dimensione sociale, che noi vogliamo significare con la nostra processione. L’ostensione dell’ostia consacrata è il segno di una proposta di vita basata sul dono e sull’accoglienza, che i cristiani offrono alla società civile. Questa è la vera identità. Quanta scaturirebbe per la società, se ci fosse il riconoscimento dell’Eucarestia, come vita e speranza per l’uomo.

Ma può essere l’Eucarestia il sommo bene per noi se non sentiamo il bisogno della messa domenicale? Nel cammino diocesano di evangelizzazione abbiamo posto tra gli altri criteri quello che la preparazione ai sacramenti non sia solo un indottrinamento, lezioni scolastiche per far imparare qualcosa, ma cammino di fede, ove l’esperienza concreta abbia la sua parte. Quanto siamo cresciuti in tal senso in questi anni? Non è forse vero che molti ragazzi che seguono la catechesi non vengono a messa la domenica?

Non esiste la stessa lamentela in riferimento agli sacramenti della Cresima e matrimonio? Quale peso ha la frequenza della messa domenicale nella preparazione dei giovani a questi sacramenti? Ringraziamo Dio per lo sforzo delle parrocchie per raggiungere questo obiettivo. Ma è necessario che ogni cristiano promuova all’interno delle proprie famiglie la riscoperta dell’Eucarestia come sommo bene e far nascere così il desiderio della messa domenica, soprattutto quando chiede sacramenti per i propri componenti.

Alla Samaritana Gesù esprime la sua lamentela: Se tu sapessi il dono di Dio. Nel Vangelo di oggi abbiamo la solenne affermazione: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna. Ringraziamo Dio per la diffusione della pietà eucaristica nella nostra Diocesi. Sicuramente c’è abbondanza di grazia sulle nostre comunità. Facciamo in modo che il desiderio dell’Eucarestia sani tutte le ferite esistenti o che possono nascere nelle nostre famiglie. La sete di vita che ci portiamo dentro ad ogni livello, trovi il suo sbocco essenziale e fondamentale proprio nell’Eucarestia. Ringrazio gli adoratori di tutte le parrocchie per questo loro impegno costante.

L’Eucarestia porta con sé una relazione essenziale con la famiglia. Essa è il sacramento dell’amore perché nasce dall’amore di Cristo e genera amore in chi la riceve. Perciò la carità che essa esprime si deve rapportare anzitutto ai vincoli di amore che si costruiscono nella famiglia, premessa e fondamento della carità che si deve costruire in tutte le altre aggregazioni. È la comunione della quale parla S. Paolo: poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane.

Ecco la necessità della riscoperta della trasmissione della fede, alla quale stiamo dando tanto peso nell’azione pastorale di questi anni: io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso. Voglia Dio che le nostre comunità riscoprano il valore di questa trasmissione attraverso la testimonianza di vita. Cesserebbe la lamentela su ragazzi che spariscono dopo la prima comunione, su sacramenti ricevuti solo per tradizione culturale e sociale.

Una riflessione particolare la riservo a tutti noi, carissimi sacerdoti. Ricordiamo il monito dell’ordinazione: vivi ciò che celebri, uniforma ad esso la tua vita. Ritorniamo ogni tanto e interroghiamoci sul nostro rapporto con l’Eucarestia, sul modo come celebriamo la santa Messa, su quanto tempo passiamo dinanzi in adorazione. Il Signore voglia benedire tutta la nostra azione pastorale svolta attorno all’Eucarestia.

Come ogni anno dopo la S. Messa faremo la processione e vivremo così l’invocazione della sequenza, perché mostreremo alla città, per le cui vie cammineremo, l’Eucarestia, segno di speranza per tutto ciò che è e rappresenta: Ecco il pane degli angeli, pane dei pellegrini. Richiameremo i credenti a riposizionare la loro vita in Gesù, nella sua Parola, nel suo sacrificio che dà a noi speranza, forza e vita. Capiremo ancora meglio che dall’Eucarestia la Chiesa impara a farsi compagna di viaggio di tutti gli uomini, pellegrina con i pellegrini, solidale con chi ha bisogno, accogliente di tutti i disperati della vita. Rinnoveremo il nostro proposito di essere comunità aperta all’accoglienza, alla solidarietà e moltiplicheremo i nostri sforzi caritativi.

Grazie, Signore, per questo dono. Grazie perché ci sostieni. Grazie perché ci accompagni. Grazie perché ci dai speranza, al di là di ogni nostra fragilità, errore, peccato. Ponendo l’Eucarestia al centro della vita delle nostre comunità, non dobbiamo temere nulla. Da quell’ostia il Signore continua a rassicurarci, come agli apostoli: non temete, sono io. Non perdiamo allora la speranza e continuiamo a gettare le reti della nostra evangelizzazione, continuiamo a gettare il seme della parola. Lasciamo decidere a lui i tempi del raccolto e dell’abbondanza. A noi spetta solo camminare sorretti da questo cibo.

 
* Arcivescovo di Reggio Calabria - Bova

Articoli Correlati