
Il 1° maggio a Bivona il Giubileo del Lavoro: preghiera, dialogo e impegno nel ricordo di Papa Francesco
L’evento quest’anno assume un significato ancora più profondo, intrecciandosi con il lutto che ha colpito la Chiesa universale.
Nel 2006 una ricerca svolta nell’ambito delle Chiese dell’intero continente europeo e a proposito in particolare dell’insegnamento della religione, offriva provocanti prospettive e riflessioni proprio sul tema scuola-lavoro.
Attenzione, camminiamo sulle uova. È una premessa necessaria a quanto segue, perché le questioni a proposito di scuola e lavoro sono da tanto tempo oggetto di discussioni e riflessioni diverse e controverse.
Non perdere i nostri aggiornamenti, segui il nostro canale Telegram: VAI AL CANALE
Il dato di attualità da cui partire è la firma – come informa il ministero dell’Istruzione e del Merito – di un “Protocollo d’intesa” tra lo stesso e il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel), “che punta a individuare gli strumenti più efficaci per ridurre il disallineamento tra formazione e domanda di lavoro e favorire il passaggio dal mondo della scuola a quello professionale”.
Sembra la cosa più ovvia e sensata del mondo. Gli studenti escono dalla scuola e devono (?) trovare sbocco nel mondo del lavoro. “Il Protocollo – precisa una nota di Viale Trastevere – prevede, tra le altre cose, un approfondimento dei percorsi di orientamento dei giovani, della conoscenza sulle nuove professionalità e opportunità occupazionali”. E poi ci sono le dichiarazioni del ministro Valditara e del presidente del Cnel Renato Brunetta. Il primo sottolinea come si sia compiuto “un nuovo passo verso il superamento del divario tra domanda e offerta di lavoro”. E aggiunge: “La scuola deve porre al centro il futuro dei giovani nel mondo del lavoro: deve aprirsi alle opportunità offerte dal territorio e alla domanda delle aziende, anche attraverso l’insegnamento di esperti, tecnici e professionisti provenienti dal mondo imprenditoriale”. Brunetta, da par suo, sottolinea le caratteristiche del “momento storico”, con i suoi forti cambiamenti (in particolare transizione ecologica e digitale) e spiega che “in questo contesto, risulta fondamentale la capacità del mondo della scuola e dell’istruzione di adattarsi alle nuove esigenze del mondo del lavoro, su cui inevitabilmente si ripercuotono questi cambiamenti”.
Scuola e lavoro, dunque. Ma è corretto l’accostamento senza mediazioni? In altre parole: davvero la scuola deve “servire” al mondo del lavoro?
Tra gennaio 2005 e novembre 2007 una ricerca svolta nell’ambito delle Chiese dell’intero continente europeo e a proposito in particolare dell’insegnamento della religione, offriva provocanti prospettive e riflessioni proprio sul tema scuola-lavoro. In particolare, nel documento finale della ricerca e su sollecitazione speciale dei partecipanti dei Paesi del centro Europa, Germania in prima fila, veniva la considerazione/allarme su “un sistema d’istruzione transfrontaliero, sempre più pesantemente e durevolmente caratterizzato da interessi e criteri di tipo economico. In Europa – così il testo – sono molte le iniziative educative che prendono spunto dall’andamento delle economie di mercato. Basti pensare, ad esempio, agli studi sulla valutazione del rendimento scolastico Timss e Pisa, all’uniformazione dei corsi di studio e dei diplomi universitari a seguito del Processo di Bologna oppure allo European Qualification Framework nel campo dell’istruzione degli adulti. Molte di queste iniziative puntano soprattutto a sviluppare forze lavorative qualificate da poter impiegare in maniera flessibile all’interno dello spazio economico europeo”.
La denuncia è quella di una scuola “piegata” agli interessi del lavoro e dell’economia. Una scuola dove l’insegnamento religioso, ad esempio, gioca un ruolo di sentinella: infatti “ha sempre voluto opporsi al pensiero funzionale dell’economia neoliberale, impegnandosi a favore di un’istruzione che andasse aldilà della mera utilità”, riferendosi a “un concetto di istruzione, che antepone l’integrità del soggetto prima di qualsiasi riflessione sull’utilità”.
Il documento sottolineava per questo il contributo dell’insegnamento religioso, ma a prescindere da questo solleva ancora oggi la questione spinosa: a cosa “serve” davvero la scuola?
Vale la pena una riflessione in più. Magari controcorrente.
L’evento quest’anno assume un significato ancora più profondo, intrecciandosi con il lutto che ha colpito la Chiesa universale.
Ecco la puntata di oggi del percorso Podcast intrapreso dall’arcivescovo di Reggio Calabria – Bova, monsignor Fortunato Morrone.
Da questa pagina è possibile ascoltare il Podcast senza installare alcuna App sul proprio smartphone.
Ecco la puntata di oggi del percorso Podcast intrapreso dall’arcivescovo di Reggio Calabria – Bova, monsignor Fortunato Morrone.
Da questa pagina è possibile ascoltare il Podcast senza installare alcuna App sul proprio smartphone.