Avvenire di Calabria

Nuova esortazione del procuratore capo in occasione della sigla del protocollo anticorruzione

De Raho: «basta schiavitù»

Francesco Bolognese

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

Liberare la città dei Bronzi dal giogo mafioso è una missione possibile. C’è bisogno della partecipazione attiva di ciascuno. La procura reggina è in prima fila da sempre, in modo particolare negli ultimi lustri, stante strumenti non solo normativi, più adeguati. All’atto del suo insediamento, partecipando all’iniziativa a sostegno dell’imprenditore De Masi, l’attuale capo della procura non le mandò di certo a dire: “chi tocca altri come lui tocca uno di noi e allora sarà guerra, guerra dura che lo Stato intraprenderà con le armi della giustizia”. Tre anni dopo, l’azione penale promossa dai pm di Reggio Calabria si sta rivelando particolarmente vigorosa. I “danni alle famiglie di ‘ndragheta” non li ha fatti solo Pignatone. Anzi. Ma l’evoluzione del fenomeno malavitoso locale è tale per cui la vittoria finale potrà giungere solo a seguito di un’azione a vasto raggio, non solo investigativo. Il calabrese, per dirla col compianto Corrado Alvaro, vuole essere parlato. Il procuratore capo di Reggio Calabria in occasione della sigla del protocollo anticorruzione, avvenuta nei giorni scorsi in riva allo Stretto, continua a “parlare” ai calabresi. "Sono innamorato di questo territorio, ma i calabresi, senza volerli offendere, vivono in questo territorio una condizione di schiavitù. Per verniciare una ringhiera, per fare un lavoro, bisogna accordarsi con la 'ndrangheta. Occorre scuotersi". E bisogna farlo adesso. Per chi vive e lavora, per chi è stato costretto ad emigrare e dare loro così l’opportunità di rientrare, ma soprattutto per chi verrà. Sotto la lente degli investigatori non manca nessuno. "Per accordi pregressi o impliciti accordi, la 'ndrangheta riesce ad avere in affidamento gli appalti. Il condizionamento nei Comuni è un dato costante. I danneggiamenti, gli incendi che toccano anche i beni confiscati, alla vigilia dell'assegnazione, sono fatti gravi che non possono sfuggire all'attenzione di chi ricopre cariche pubbliche".

Articoli Correlati