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Il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria è tornato a parlare dell'isolamento "necessario" per gli uomini dello Stato in una terra di frontiera come la Calabria. Dopo le dichiarazioni a Tv2000 e le repliche di indignazione, su tutte quelle di Edoardo Lamberti Castronovo, sindaco di San Procopio e consigliere metropolitano, e di Mimmo Gangemi, scrittore ed editorialista de "La Stampa", Federico Cafiero De Raho ha voluto chiarire il senso delle sue parole in un'articolata intervista che troverete in edicola domenica o consultabile online con L'Avvenire di Calabria.
In particolare il magistrato ha riferito come quelle dichiarazioni da parte di qualcuno «sono state male interpretate. È evidente che tanti mi conoscono e sanno quanto sia vicino ai calabresi, quindi nell’esporre una situazione personale ho evidenziato esclusivamente quanto per le istituzioni sia importante dare un’immagine di imparzialità». Cafiero De Raho ha spiegato come «l'immagine di imparzialità può realizzarsi solo dove si realizza una equidistanza che sia pari per tutti», infatti rincara il Procuratore, «non parlavo solo di me, parlo del Questore, del Comandante dei Carabinieri, del Prefetto: siamo tutti senza famiglia. Siamo senza famiglia perché vogliamo operare al meglio dando tutto il nostro impegno per questa provincia».
Nessuna "torre d'avorio" quindi, né un giudizio sommario, come Cafiero De Raho spiega: «Tantissime persone hanno chiesto di parlarmi ed hanno avuto un incontro, la mia apertura è chiara a tutti. Peraltro - svela il pm - io sono stato quello che quando, nel corso di un pubblico incontro, taluno disse "i calabresi hanno la mentalità della ‘ndrangheta" io intervenni per sottolineare e correggere dicendo che "i calabresi hanno un passato culturale di grandissimo spessore, la mentalità della ndrangheta ce l’ha solo lo ndranghetista"».
Sulle risposte recapitate a mezzo stampa, poi, il Procuratore taglia corto: «Chi ha visto qualcosa di diverso nelle mie parole ha malinteso».
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