Avvenire di Calabria

Cantone: solo la punta di un iceberg

Dieci anni di sospetti e malaffare

Toni Mira

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

Se non fosse una vicenda drammatica si potrebbe parlare del 'segreto di Pulcinella'. Di affari poco chiari dietro il Cara di Isola di Capo Rizzuto e altre storie nel Comune crotonese ad altissimo tasso ’ndranghetista, si parla da anni. Tanti anni. Al punto che tutti si stupivano che non accadesse nulla. Ora dalle carte dell’inchiesta emergono protezioni importanti, politiche e anche investigative. «Dieci anni di malaffare», li ha definiti il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri. E proprio dieci anni fa, anzi esattamente undici, nel maggio 2006 andammo a Isola di Capo Rizzuto per raccontare il lavoro svolto dai tre commissari straordinari che guidavano il Comune dopo lo scioglimento per infiltrazione mafiosa. Molte vicende ritornano nell’inchiesta odierna della Dda di Catanzaro e così anche i nomi, a partire da quelli di don Scordio e di Lorenzo Sacco. Già undici anni fa agli occhi attenti dei commissari apparivano come personaggi chiave. Più che sospetti soprattutto sul Cara. «Fino ad allora era gestito dal Comune ma alla scadenza del bando non partecipammo più – ricorda il prefetto Antonio Ruggiero, allora coordinatore dei commissari –. Mi rifiutai di far partecipare il Comune perché era evidente la combine. I migranti erano utilizzati per andare a lavorare nelle ville private. C’era gente che veniva pagata con assunzione diretta da parte loro. Liste per contratti di tre mesi. Tutto molto equivoco ». Così subentrò la Misericordia ma malgrado le insistenze del sacerdote e di Sacco, i commissari si tirarono fuori. C’era puzza di bruciato, così come per i corsi di formazione per i migranti, organizzati dal Comune. Il responsabile era il dirigente alle politiche sociali, un Arena.
«La vicenda dei corsi la segnalai in Procura. Lo ricordo bene» rivendica il prefetto, una lunga carriera da poliziotto in prima linea, questore a Brindisi, dove gestì gli sbarchi in massa degli albanesi, e a Firenze, e anche in Somalia coi servizi segreti. Al suo fianco a Isola di Capo Rizzuto c’era Salvatore Gullì, dirigente della prefettura di Reggio Calabria, oggi commissario a San Luca (ne abbiamo scritto più volte) che ricorda bene quelle vicende, le pressioni degli Arena e dei loro complici ma anche le minacce ricevute e gli atti intimidatori fin dentro al municipio. Storie vecchie che non si sono mai fermate. Ora ci metterà gli occhi l’Autorità nazionale anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone che ha deciso di aprire un fascicolo di indagine. «Devo purtroppo dire che questa vicenda non meraviglia e credo che sia la punta di un iceberg». In attesa di leggere le carte dell’inchiesta, in particolare i bandi, gli appalti e le forniture, comprese quelli bloccati allora dai commissari, Cantone sottolinea che «c’è sicuramente un problema che noi abbiamo già segnalato e affrontato perché per esempio il ministero dell’Interno ha fatto un decreto, che non è ancora del tutto applicato, sulle modalità con cui devono essere gestiti questi appalti che sono sempre più economicamente interessanti». E poi, aggiunge, «dietro le urgenze, dietro al fatto di trovare una risposta ai migranti che arrivano sempre più numerosi, spesso si abbassano le garanzie e i criteri da utilizzare. E qualcuno ne approfitta. Ci sono tanti interessi significativi». Sono quelli sui quali stanno indagando ben due Commissioni parlamentari di inchiesta. Con particolare attenzione proprio sugli affari sul Cara di Isola di Capo Rizzuto. Si tratta della Commissione Antimafia e di quella sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate. Quest’ultima, come ci spiega il presidente Federico Gelli, ha da tempo aperto un fascicolo sulla vicenda, ha raccolto documentazione e ha in vista un sopralluogo nel centro. «Sull’opacità della gestione del Cara in provincia di Crotone, aveva aperto un’inchiesta anche la nostra Commissione», sottolinea la presidente dell’Antimafia, Rosy Bindi. La Commissione ha raccolto negli ultimi due anni informazioni sia nel corso delle audizioni, sia nelle missioni in Calabria, incontrando magistrati, investigatori e prefetti della zona. «Questa vicenda – aggiunge Bindi – conferma la capacità delle mafie di sfruttare le debolezze del nostro tempo con un approccio predatorio e parassitario ». La stessa analisi di Cantone e dei commissari di Isola di Capo Rizzuto. Undici anni fa. Ma anche un’altra persona provò a bloccare gli affari e le collusioni. Era la sindaca coraggiosa Carolina Girasole, finita nel tritacarne di un’inchiesta basata su prove sballate, e poi assolta. Nelle carte dell’inchiesta molti affari sporchi che bloccò o provò a bloccare. Decisioni «imperdonabili». Ora sotto inchiesta è finito il successore e le prove sembrano molto concrete.

Articoli Correlati