Ospedale Bambino Gesù: Roma, oggi la visita di una delegazione della Nazionale di calcio
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“Non possiamo piegare le cure al mercato, non possiamo ridurre le cure alle prestazioni, non possiamo lasciar morire nella solitudine le persone”. È il monito lanciato questa sera da mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio, nell’omelia pronunciata durante la messa per le vittime del Covid-19 morte in Rsa e ospedale che ha presieduto in cattedrale.
“La nostra preghiera e la nostra riflessione – ha osservato il presule – questa sera guardano alle tante persone a noi care, soprattutto anziane, che sono morte non solo in solitudine, ma anche di solitudine, durante l’epidemia del Covid. Un’epidemia che ha colto di sorpresa tutti, Istituzioni e famiglie, e ha mostrato la debolezza umana, il suo limite, ma anche talora le proprie incapacità, insieme a gesti di solidarietà e umanità, i più rimasti nascosti”. Commentando le letture proposte oggi dalla liturgia, l’arcivescovo ha rilevato che “non sempre riconosciamo il bisogno della solidarietà e della carità nelle nostre città”. “L’individualismo e l’egoismo ci porta talora a non considerare il dolore, la povertà degli altri”, ha evidenziato mons. Perego, aggiungendo che “durante il Covid abbiamo visto gesti di abbandono degli anziani e dei malati, la non considerazione della sofferenza dei familiari, unitamente a gesti di generosità, di altruismo, di carità di tante persone”. “La sofferenza e la malattia – quando è possibile – deve sempre anziché vedere chiuse le porte vederle aperte, spalancate a gesti di cura, di prossimità”, ha proseguito l’arcivescovo, ammonendo: “Non si può soffrire da soli e non si può lasciare morire le persone da sole”. “Durante il Covid – ha affermato mons. Perego – molti hanno riscoperto la fede e i suoi occhi per vedere oltre: non solo per sé, ma anche per i parenti, gli amici che soffrivano lontano dalle loro case e anche morivano soli”. Poi nel ricordare che “sono stati tanti a morire di Covid fino ad oggi: quasi 200.000. Anche tra noi, nelle nostre città, nei paesi, in casa e nelle case di cura e negli Ospedali, sono stati migliaia i morti”, l’arcivescovo ha domandato: “Potevano fare di più per loro? Potevano essere più vicini?”. “Non è facile dirlo a posteriori. Però, se ci sono state mancanze, abbandoni, solitudini che hanno alimentato sofferenza e morte dobbiamo riconoscere le nostre colpe, il nostro peccato e impegnarci con responsabilità a migliorare il modello di cura”, ha continuato mons. Perego, concludendo che “a tutti, persone e Istituzioni, è chiesto di fare uno scatto di responsabilità e di sussidiarietà perché i luoghi di cura e le persone in cura siano tutelati”.
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