Avvenire di Calabria

Il Garante dell'Infanzia e l'adolescenza della Regione Calabria indica la strada da seguire e chiama a raccolta tutte le componenti sane della società

Diritti dell’Infanzia, andare oltre le celebrazioni

La giornata sui diritti dei minori non è una festa, ciò che serve è un vero e proprio cordone di protezione

di Antonio Marziale *

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La giornata mondiale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza non è una festa. E, qualora volessimo vestirla da “celebrazione” i fatti ci smentirebbero categoricamente, senza scomodarci ad andare nei paesi più poveri del mondo, bensì rimanendo saldamente in Italia.


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Non è il caso di snocciolare dati inerenti tutte le fenomenologie che ledono quotidianamente i diritti dei minori, basti soltanto pensare che i bambini poveri nel nostro Paese si contano ormai a milioni.

Laddove una madre e un padre non lavorano, ebbene proprio là c’è una lesione fondamentale alla Dichiarazione Universale di New York.

Ove c’è povertà esiste disagio psicosociale, che è una malattia. Quando insorge la “malattia” i bambini avrebbero diritto all’accesso a cure, ma se prendiamo ad esempio la Calabria scopriamo – senza stupore alcuno – che i nostri bambini hanno possibilità di 12 anni di vita in meno in buona salute rispetto ai loro coetanei di Bolzano, che diventano 15 se bambine e paragonate alle coetanee del Trentino, secondo un recentissimo report di Save the Children.

La regione con il più alto indice di povertà educativa è la più esposta all’insorgere del disagio psichico, dunque per quanto tempo potrà permettersi il lusso di non avere un reparto pubblico di neuropsichiatria infantile su tutto il territorio?

Ragioniamo anche in termini di “santuario” che ogni giorno accoglie i piccolini e gli adolescenti, la scuola, e prendiamo atto che circa il 90% degli istituti non ha decreto di agibilità.

Questa scuola tanto vituperata, oltraggiata da quei genitori che “pretendono” senza sentirsi parte attiva, senza rispondere mai alle richieste di collaborazione e che magari sbottano, se non addirittura menano le mani, se i loro pargoli tornano a casa con un brutto voto.

È necessario ricostruire intorno alla scuola un cordone di protezione, che anche le amministrazioni locali sono tenute a reggere allorquando viene richiesto il loro intervento in quanto a manutenzione, mense, attribuzione degli assistenti educativi e via dicendo.

E la famiglia torni ad essere tale, con a capo genitori e non già “amiconi”, perché nel processo di socializzazione questi ultimi non sono contemplati entro le mura domestiche, ma fuori, come in parrocchia. Già, la parrocchia, istituzione sociale inficiata dai processi della new age, ma che se rivalutata potrebbe essere - come lo è stata - chiave di soluzione a tante devianze giovanili. Ed in tal senso, accorre la proposta della Cei e della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, che sancisce un impegno comune nel combattere gli abusi nella Chiesa e si snoda in servizi diocesani e interdiocesani. 


PER APPROFONDIRE: Minori, nasce il servizio tutela della diocesi di Reggio Calabria


È altamente corrosivo il messaggio che si fa passare, molto tautologico, di massificazione dei fenomeni. Più nello specifico, i luoghi di abuso sono potenzialmente tutti, dalla casa all’angolo più remoto del mondo. La Chiesa non è incolume da queste sacche di devianza del tutto umane, l’importante è rendersene conto ed intervenire opportunamente.

* Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Calabria

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