Avvenire di Calabria

Intervista alla dirigente scolastica dell'Istituto comprensivo "Telesio - Montalbetti" di Reggio Calabria

Dispersione scolastica, la preside: «La politica faccia la propria parte»

Marisa Maisano: «La scuola non può essere lasciata ad operare da sola, soprattutto in contesti difficili a rischio non solo dispersione, ma anche devianza»

di Francesco Chindemi

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Dispersione scolastica e rischio che la scuola perda la sua finalità educativa nel contesto in cui è chiamata ad operare. Sono alcune delle principali preoccupazioni che emergono dall'analisi dei recenti dati sulla dispersione scolastica. Ne abbiamo parlato con una dirigente scolastica di un Istituto comprensivo, importante per numeri ed estensione, che ricade in uno dei territorio ad alto rischio della città di Reggio Calabria.


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Uscire fuori da una condizione di solitudine. Lo chiedono le scuole di periferia impegnate, ogni giorno, non solo a trasmettere nozioni, ma anche a contrastare elusione a abbandono. Marisa Maisano, dirigente dell’Istituto comprensivo “Telesio - Montalbetti” che ricade in uno dei quartieri di Reggio Calabria a più alto tasso di dispersione scolastica, si fa portavoce di questa esigenza.

Dispersione scolastica, gli ultimi dati non premiano la Calabria. Secondo lei, da cosa dipende?

C’è tanta sfiducia da una parte, dall’altra tanto disagio sociale a tal punto che molte famiglie in difficoltà preferiscono, purtroppo, far vivere i loro figli di espedienti. Confido molto nella politica, soprattutto nella vicepresidente della Regione, Giusi Princi, che già da dirigente scolastico ha dimostrato sensibilità verso le problematiche della scuola.

Veniamo, allora, alla proposta.

Se ne parla da tanti anni. Il Ministero renda obbligatorio l’ultimo anno della scuola dell’infanzia. Questo farebbe risparmiare soldi allo Stato prevenendo l’abbandono. Il passaggio successivo è attenzionare con maggiori risorse umane le scuole di periferia. A livello regionale, andrebbe, poi, istituito un Osservatorio sulla dispersione scolastica che coinvolga dirigenti delle aree a rischio, terzo settore, servizi sociali e imprese. Infine, l'istituzione di istituti omnicomprensivi che comprendano più ordini di scuola fino alle superiori. La scuola si prenderebbe così cura dell’alunno dalla prima infanzia fino alla maturità, in un percorso di formazione e avviamento al mondo del lavoro.

Il tempo pieno di cui tanto si parla pensa sia davvero un’efficace arma di contrasto all’abbandono scolastico e perché?

È fondamentale soprattutto nelle zone a rischio. Sarebbe un supporto utile ai nostri istituti di periferia impegnati a formare persone nella loro interezza. Aiuterebbe, inoltre, le famiglie disagiate per le quali la scuola è l’unico punto di riferimento. Il tempo pieno aiuterebbe davvero a sviluppare le “life skills”, ossia le competenze che ti aiutano nella vita. Come afferma il dottor Roberto Di Palma, procuratore presso il Tribunale per i minorenni, ogni alunno formato è manovalanza in meno per le mafie.

C’è un’incidenza tra tasso d’abbandono scolastico e disabilità?

In Italia, così come in Calabria e a Reggio - lo vedo nelle scuole che mi pregio di dirigere - il punto d’eccellenza è la capacità di includere ed integrare gli alunni disabili. Tra tante maglie, almeno abbiamo questo pregio. Salvo qualche rarissima eccezione, non vi è incidenza tra disabilità e tasso d’abbandono.

Guardando ai recenti episodi di cronaca registrati in città, crede invece ci sia una correlazione tra dispersione scolastica e disagio giovanile?

Assolutamente sì. Purtroppo la famiglia si sta svilendo e i ragazzi diventano fragili canne al vento. Stiamo assistendo ad un impoverimento valoriale e abbandono da parte delle famiglie e non mi riferisco solo ai nuclei svantaggiati economicamente. La logica del dare connessa al benessere, paradossalmente, accentua questo tipo di povertà valoriale sottraendo tempo prezioso, attenzione e risposte alle richieste di aiuto che provengono dai nostri figli.


PER APPROFONDIRE: Dispersione scolastica a Reggio Calabria, Nucera: «Puntare sugli omnicomprensivi»


Tanti sono i campanelli d’allarme che cogliamo nelle scuole. Bulimia, anoressia, autolesionismo, stanno aumentando sempre più. Sintomi di un isolamento sociale che accomuna molti adolescenti nella fascia d’età compresa tra gli 11 e i 13 anni. È la cosiddetta sindrome “Hikikimori” che comporta la chiusura totale alle relazioni, nessun contatto con persone fisiche ma solo attraverso i social. Preziosa diventa pertanto l’istituzione definitiva degli psicologi nelle scuole. E in tal senso la politica si è mossa. Le famiglie e le scuole da sole non sempre hanno gli strumenti adeguati per intervenire, ma vanno supportate nella loro azione educativa.

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