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Quello del docente è un ruolo mutato molto nel corso degli anni. I prof, nella maggior parte dei casi, sono il termometro che misura i cambiamenti generazionali. Una professione evolutasi è sicuramente quella dell’insegnate di religione. Davvero una figura centrale, anche per quelle che saranno le scelte future dei ragazzi? Lo abbiamo chiesto a Paolo Benoci. Docente e diacono, Benoci guida l’Ufficio educazione, scuola e università della diocesi di Reggio Calabria ed è direttore del Servizio diocesano Irc.
L’insegnamento della religione cattolica ha ancora senso, in quanto rappresenta un arricchimento dell’offerta formativa.
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Il docente di religione non limita la sua azione alla catechesi. È un insegnante che propone ai ragazzi una testimonianza di vita, non un’ideologia, aiutandoli, allo stesso tempo, a riscoprire la propria cultura, a dare valore alla propria esistenza nel rapporto con gli altri nella nostra società.
Esattamente. Il contributo dei docenti di religione è fondamentale all’interno dell’azione formativa della scuola che deve accompagnare i ragazzi a fare delle scelte. A confrontarsi, ad essere ascoltati. Gli ultimi dati della Cei sulle iscrizioni a scuola confermano la centralità dell’insegnamento di religione cattolica. Oltre l’84% degli studenti in tutta Italia l’hanno scelta al momento della presentazione della domanda. Un dato che aumenta, in particolare, se da nord (78,5%), scendiamo al centro (84,3%), fino al sud dove raggiungiamo una percentuale, addirittura, del 96,5%.
Da catechista di “livello superiore” degli anni ‘70, si è passati al docente a tutti gli effetti di oggi, formato a 360 gradi, che partecipa ai programmi, capace di intercettare le dinamiche del mondo giovanile e confrontarsi con esso, attraverso il dialogo e l’ascolto.
Innanzitutto, come ho già detto, attraverso l’ascolto, la prima abilità relazionale necessaria per intercettare i bisogni dei giovani oggi abituati a comunicare con un linguaggio diverso che è quello dei social, per intenderci. Il nostro ufficio ha avviato dei corsi di formazione ad hoc. Uno, in particolare, organizzato insieme all’Istituto superiore di Scienze religiose ha per titolo proprio: “L’ascolto, la prima abilità relazionale”. Oggi come dice il Santo Padre siamo abituati più a chiacchierare che ad ascoltare. Ed è necessario rafforzare questo aspetto nel confronto con i ragazzi che frequentano le nostre scuole.
L’insegnante di religione ormai fa parte a pieno titolo del corpo docenti. Per formazione e preparazione non è un insegnante di serie B. Contribuisce a pieno titolo alla didattica nel rapporto con le diverse discipline. Guardando all’esperienza a noi più vicina, delle scuole reggine, in molti casi, i docenti di religione sono i promotori di molti progetti pluridisciplinari mirati alla crescita dell’alunno dal punto di vista culturale e valoriale. È, insomma, una figura di riferimento che si pone anche come supporto nel dialogo scuola- alunni.
Certamente. La loro testimonianza può essere considerata un esempio di sinodalità all’interno della Chiesa. In questo tempo di cammino sinodale, come insegnanti di religione cattolica della diocesi di Reggio Calabria - Bova abbiamo stilato un vero e proprio documento e anche a livello nazionale non è mancata una nostra riflessione sul Sinodo.
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Una testimonianza di fede al servizio del prossimo, dei giovani in particolare, che, inevitabilmente, diventa una ricchezza anche per la società.
Ci si confronta spesso con gli alunni su questo argomento, ma anche nei consigli di classe con gli altri docenti. Orientare alle scelte è importante in ambito scolastico. Tuttavia, ai ragazzi dico - e vale anche per i genitori - di decidere secondo le proprie attitudini, senza condizionamenti. È fondamentale se si vuole evitare che il futuro percorso formativo sia vissuto come un peso e non come una gioia.
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