Avvenire di Calabria

Don Demetrio Iaria, un sacerdote generoso e fedele

Il ricordo di monsignor Denisi: «Sempre puntuale e partecipe, ammirevole per la sua costante riservatezza, devota ubbidienza e silenzioso ascolto»

Antonino Denisi

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Don Demetrio Iaria, pur avendo trascorso gli ultimi anni su una sedia a rotelle per l’amputazione della gamba, ha lasciato in quanti lo hanno conosciuto – sacerdoti e laici – il ricordo grato di un sacerdozio speso nel servizio generoso, fedele e perseverante alla chiesa reggina. Come recita la pagina del vangelo letto il giorno delle sue esequie, don Demetrio ha considerato leggero il giogo del Signore, perché l’ha imparato da Gesù che è stato mite ed umile di cuore.

Don Mimmo apparteneva ad una famiglia nella quale la risposta pronta e generosa alla chiamata al sacerdozio era una consuetudine. Basta ricordare i cugini Matteo e Giuseppe Plutino, due fratelli indimenticabili del nostro presbiterio. Egli era originario della frazione di Puzzi, parrocchia di Maria Assunta in Armo di Reggio Calabria a sua volta della nobile città di Sant’Agata, Maria Assunta in Armo, che aveva avuto pastori zelanti e illuminati quali il “parroco santo” don Matteo Zema, sacerdoti saggi e battaglieri quali don Salvatore La Face ed il Can. Alberto Paladino.

La figura di don Iaria ritorna nitida alla mia memoria, per averlo conosciuto bene perché coetanei e condiscepoli in Seminario durante gli studi della media e del ginnasio liceo, per essere stato io sfollato durante la seconda guerra mondiale ad Armo e poi, durante gli anni del suo ministero prima ad Arasi ed Annà di Melito P.S. e quindi per decenni a San Giovanni di Pellaro quando l’arcivescovo Aurelio Sorrentino si recava in visita pastorale, per le cresime o per gli incontri zonali; sempre puntuale e partecipe, ammirevole per la sua costante riservatezza, devota ubbidienza e silenzioso ascolto, in atteggiamento di interiore attenzione al dialogo con le voci dello Spirito e l’esperienza pastorale dei confratelli. Per questo suo atteggiamento e queste caratteristiche della sua spiritualità e del suo ministero sacerdotale, era stimato e ben voluto da tutti i vescovi che si sono succeduti in diocesi, dai membri del presbiterio e dai parrocchiani che, tutti indistintamente, gli hanno voluto un gran bene, perché era sempre presente e disponibile ai loro bisogni spirituali ed alle loro esigenze anche umane e sociali.

La sua donazione a Dio, alla chiesa ed ai fedeli si può riassumere in poche cifre: 89 anni donati a lui da Dio, essendo nato il 13 gennaio 1930; 62 anni donati generosamente da lui alla Chiesa nel sacerdozio, essendo stato ordinato da mons. Giovanni Ferro il 27 luglio 1957.

Gli ultimi anni di sofferenza sono stati forse quelli più fecondi della sua vita, per la partecipazione al mistero della Croce, offrendo le sue sofferenze come sacrificio a Dio gradito, a compimento di ciò che ancora mancava a favore del Corpo di Cristo che è la Chiesa. Ad alleviare le sue sofferenze sono state le cure premurose ed amorevoli di tutti i suoi familiari specialmente delle sorelle Angelica e Magherita, dei confratelli.

Di conforto e solidarietà erano sempre le visite gradite dei vescovi, dei confratelli e dei fedeli della comunità cristiana.

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