Avvenire di Calabria

Ecco il biondo di Caulonia, sarà il frutto del riscatto?

Un’imprenditrice salva un’antica varietà di agrume, segno di rinascita agricola e culturale

di Mariarita Sciarrone

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Il ritorno del biondo tra microclima unico e resistenza sociale

La strada che collega Gioiosa Ionica a Caulonia è un susseguirsi di profumi antichi: zagare in fiore, terra arsa dal sole e brezze salmastre che arrivano dal mare. Il paesaggio, in apparenza brullo e quasi inospitale, custodisce però un giardino segreto dove cresce un frutto raro: il Biondo di Caulonia. Qui, a Focà di Caulonia, in provincia di Reggio Calabria, l’azienda agricola biologica Campisi ha deciso di ridare vita a questo agrume dal colore del sole e dal sapore della memoria. Merito dell’intuizione di un’imprenditrice visionaria, Ilaria Campisi, la quale, in un’epoca dominata dalla standardizzazione che minaccia la biodiversità, ha scelto di andare controcorrente. «Mi avevano suggerito di estirpare quelle piante», racconta. «Ma io sentivo che quella era la mia strada».



Da questo slancio ostinato e contrario è nato il progetto “Arance in Viaggio”, che ha trasformato un frutto un tempo relegato ai margini del mercato, in un simbolo di rinascita. Abbiamo raggiunta Ilaria Campisi per farci raccontare questa storia di visione, radici e ostinazione.

L’inizio della storia di Arance in Viaggio sembra un segno del destino, a partire da un taccuino ritrovato in una vecchia soffitta. Ci racconta meglio questa scoperta e come ha influenzato la sua decisione di salvaguardare antiche varietà di agrumi? È stata una scelta consapevole e appassionata. Dopo un po’ di anni che avevo intrapreso questo percorso e dopo che istintivamente nel ripiantare e ammodernare tutti gli agrumeti di famiglia avevo salvato gli alberi di Biondo di Caulonia, in soffitta ho ritrovato dei vecchi taccuini di uno zio di mio padre morto nel 1943. La cosa che subito mi è saltata agli occhi era il modo di appuntare tutti i lavori agricoli che era identico al mio, ho ritrovato così la data di messa a dimora proprio di quell’agrumeto salvato che risaliva ad un secolo prima, il giorno del mio compleanno. Tutto questo può essere inteso come un segno del destino.

Qual è stata la difficoltà più grande durante il percorso di recupero e valorizzazione del Biondo di Caulonia e, al contempo, quale la soddisfazione più grande? All’inizio era chiaro che l’agrumeto di Biondo di Caulonia sarebbe stata la parte passiva della mia azienda in quanto i frutti non venivano più recepiti dal mercato a causa dei noccioli presenti nella polpa, ma io sapevo che le qualità organolettiche straordinarie di questo frutto antico potevano essere nuovamente apprezzate. Erano in molti che mi consigliavano di estirpare quegli alberi e di piantare nuove cultivar di agrumi, ma per istinto non l’ho mai fatto; la soddisfazione più grande è vedere quanto questo frutto oggi venga apprezzato.

Nel suo progetto, la rete di collaborazioni gioca un ruolo centrale. In che modo ha costruito la “Comunità di salvaguardia” intorno a questo agrume e quale importanza rivestono ristoratori, musicisti e proprietari terrieri nel sostenerla? Fare rete è essenziale. Nel 2015 insieme ad un gruppo di proprietari e di estimatori abbiamo fondato la Comunità di Salvaguardia del Biondo di Caulonia e di altri Agrumi Antichi, ed ognuno per la propria parte si fa ambasciatore tutelando queste arance facendo si che vengano sempre più conosciute ed apprezzata.

Il recupero del Biondo di Caulonia non è solo la riscoperta di un frutto raro, ma anche un gesto di tutela della biodiversità del territorio. Come ritiene che l’esperienza di Caulonia possa essere replicata altrove e quali elementi reputa indispensabili per il successo di iniziative simili? Tutelare la biodiversità non vuol dire solo coltivare frutti antichi, coltivare la biodiversità è prendersi cura di un pezzetto di mondo nel rispetto della fauna della flora e delle comunità umane e questo rispetto si può attuare in ogni angolo della terra; noi siamo natura, la sostenibilità ambientale è l’unica via che può portare benessere, salute e vita. E prendendo spunto dalle parole di Vandana Shiva sono convinta che «l’intensificazione della fotosintesi, la tutela della biodiversità, la produzione biologica, sono le strade da seguire per contrastare i cambia menti climatici» e per attuare un «imperativo di sopravvivenza».

Ha ricevuto il Premio prestigioso “Economia del Futuro” per il suo impegno nell’agricoltura sostenibile. Cosa rappresenta per lei questo riconoscimento e quali prospettive apre per la promozione di eccellenze come il Biondo di Caulonia in Italia e in Europa? Quando sono stata chiamata dalla segreteria del Polo del Gusto pensavo di essere stata inserita nella rosa dei candidati al premio, invece con emozione ho scoperto di essere la premiata 2023; stentavo a credere di essere stata selezionata ed è stato incredibile che una realtà così lontana geograficamente si fosse accorta del mio operato; i valori che guidano chi mi ha premiata sono gli stessi di quelli che pratico ogni giorno, ho visto riconosciuto il mio impegno e il lavoro di tanti anni e da lì è stato un susseguirsi di riconoscimenti fino alla segnalazione nelle 100 Eccellenze Forbes di quest’anno. Questi riconoscimenti danno luce alle nostre produzioni di nicchia che sono sempre più richieste in Italia ed in Europa. Quale messaggio vorrebbe tramandare a chi desidera intraprendere un cammino simile, soprattutto alle nuove generazioni? Il lavoro a stretto contatto con la natura è sicuramente faticoso, ma se lo si fa con la giusta passione e molto impegno, dà molte soddisfazioni.

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Caulonia godeva fino alla metà degli anni ’70 di una fama internazionale legata ai propri agrumi tipici: dall’arancio biondo al chinotto, sino ad arrivare alla “Limoncella”, una particolare varietà di limetta. Sui mercati di Parigi, negli anni ’60 e ’70, si racconta che per invogliare all’acquisto si usasse lo slogan «Comprate i gustosi agrumi di Caulonia», a riprova dell’alta qualità organolettica e della forte identità territoriale di queste produzioni. Merito del microclima ideale, della specificità delle acque e della peculiare composizione dei terreni che, a tutt’oggi, consentono di ottenere frutti eccellenti.

Fu con l’introduzione, in alcuni casi imposizione, di nuove varietà provenienti soprattutto dalla Spagna, che gli agricoltori locali hanno iniziato ad abbandonare progressivamente le pregiate varietà autoctone, a favore di cultivar più facili da vendere. Il Biondo di Caulonia o Biondo della Spina, è il frutto che più ne ha risentito, rischiando di estinguersi completamente. Si tratta di un’arancia tardiva dalla buccia sottile color giallo-arancio chiaro, la polpa finissima e gusto dolce e succoso. Proprio la buccia sottile e la presenza di noccioli stavano per decretarne la fine della coltivazione. Basta però soffermarsi sulle qualità uniche di questo frutto per comprendere l’ostinazione di Ilaria Campisi.

La maturazione del Biondo di Caulonia è, infatti tardiva, tanto che lo si può gustare da metà marzo a fine maggio, periodo in cui la maggior parte delle altre arance ha già lasciato il mercato. Questa caratteristica lo rende ancor più prezioso per i consumatori, che possono assaporarlo fresco, in macedonie, insalate o come guarnizione per dolci. Altro punto di forza sono le sue dimensioni: un frutto può arrivare a pesare sino a 180 grammi, e che riporta prepotentemente all’attenzione la forza di un’agricoltura biologica e identitaria. Si tratta poi di un frutto molto succoso e prodotto in poche quantità. Si parla di 530.000 frutti prodotti, una quantità che non raggiunge grandi numeri in termini di quintali, ma che racchiude un valore autentico.

«Noi consideriamo l’arancia come arte – dice Ilaria – osservando la buccia ruvida o liscia, i profumi, le sfumature che la rendono un oggetto di ‘design’ naturale». Il Biondo di Caulonia, in fondo, è una lezione di bellezza e lentezza, un invito a rispettare i tempi della natura e a mettere in contatto le persone con la ricchezza del paesaggio. La vera novità sta nell’approccio di alcuni giovani imprenditori che, come Ilaria Campisi, hanno deciso di tornare alla terra di origine scommettendo su cultivar ritenute fuori mercato. Grazie al progetto “Arance in Viaggio” e all’impegno per un’agricoltura sostenibile, Ilaria Campisi, ha ad esempio trasformato i suoi agrumeti in veri e propri giardini botanici, mettendo al centro la biodiversità. Alberi centenari rappresentano un paesaggio simbolo di storia e identità che comprende la flora e la fauna delle comunità umane.

«Le mie arance viaggiano, in Italia e in Europa e attraverso questo viaggio cerchiamo di regalare dei viaggi sensoriali - racconta Ilaria Campisi - perchè gli agrumi non sono lo cibo, ma filosofia, saggezza contadina, bellezza e racchiudono una parte di umanità». Salvare il Biondo di Caulonia significa quindi molto di più che conservare una specie di agrume tardivo: vuol dire preservare il paesaggio, la cultura e la storia secolare di un’area geografica che fu culla della Magna Grecia.


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Recuperare la coltivazione biologica di questo “sole ovoidale” da 150-180 grammi significa anche sostenere un mercato di nicchia dal forte valore simbolico: è un invito a riscoprire la bellezza di un’agricoltura etica e a «gustare la legalità», come sottolineano i produttori di GOEL Bio. In questo cammino, la difesa e la promozione del Biondo di Caulonia si pongono come esempio concreto di come l’innovazione possa nascere dalla tutela delle radici, offrendo nuove prospettive economiche e sociali per tutto il territorio.

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