
Il segreto di Francesco. La riflessione dell’arcivescovo Morrone sul Papa venuto «dalla fine del mondo»
Un momento di intensa comunione ecclesiale ha riunito la comunità diocesana di Reggio Calabria –
«Questa esperienza nata un anno fa è un vero e proprio esercizio d’amore che permette alla comunità di cogliere pienamente il messaggio evangelico ed eucaristico», don Francesco Megale così definisce la “creatura” voluta e realizzata grazie al coinvolgimento dell’intera realtà parrocchiale di Campo Calabro da lui guidata: l’emporio diocesano Caritas “Sarèpta - in Campo per la Vita”.
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«Uniti possiamo davvero concretamente fare qualcosa di utile per il prossimo», è la testomianza di don Francesco Megale, parroco di Santa Maria Maddalena di Campo Calabro e vicario episcopale per laicato, famiglie e lavoro della diocesi di Reggio Calabria-Bova, nel raccontarci l'esperienza dell'Emporio solidale nato un anno fa, grazie anche alla collaborazione dell'intera comunità parrocchiale.
Qui si riesce a cogliere con mano, aggiunge don Francesco, quanto la domenica la gente riceve nell’ascolto della Parola o partecipando all’eucarestia: essere pane spezzato, dono per il prossimo. Si realizza, insomma, il più grande comandamento di Gesù: amare Dio e il prossimo con tutte le forze e con tutti noi stessi.
Dal punto di vista personale ho sempre avuto una particolare attenzione verso chi vive condizioni di povertà. La mia vocazione ha avuto inizio facendo tesoro della testimonianza di san Francesco d’Assisi per il quale i poveri non erano da considerare, come ci ricorda oggi anche il Santo Padre, degli “scarti”, delle persone inutili.
Ancora il Papa ci ricorda che i poveri sono “sacramento” di Cristo e quindi servire loro significa servire Cristo. Anche io, nel mio ministero pastorale, cerco di fare in modo che i più bisognosi occupino davvero un posto importante.
È diventato in poco tempo un punto di riferimento per i parroci di tutta la zona pastorale, soprattutto dopo l’arrivo di molte famiglie di profughi ucraini, fuggiti alla guerra, in alcune località del nostro comprensorio, da Fiumara a Villa San Giovanni. Ho colto, inoltre, con entusiasmo la volontà di alcuni confratelli di replicare l’esperienza dell’emporio solidale anche presso la propria parrocchia, seguendo il nostro modello.
Certamente, è importante, in quanto come comunità parrocchiali siamo chiamati a prestare attenzione verso i nostri fratelli che attraversano un particolare stato di bisogno. Chi si rivolge al nostro emporio, ad esempio, sa che troverà un’attenzione diversa rispetto alla semplice distribuzione della busta che si faceva in passato. Tra un bene di prima necessità e un pacco di pasta, infatti, troverà qualcuno pronto a donare un sorriso, una parola di conforto, ma anche un valido consiglio da parte di una persona amica.
Purtroppo stiamo assistendo, anche su questo territorio, ad un aumento delle povertà. Sempre più famiglie quotidianamente vengono a bussare alle nostre porte per chiedere aiuto. L’emporio è un segno di speranza, in cui trovi tanta gente che dedica tutta sé stessa agli altri, mettendo loro a disposizione il proprio tempo, nonostante ognuno abbia i suoi impegni familiari, di lavoro o di studio. In molti, inoltre, si autotassano per contribuire a mantenere in vita l’emporio. Un segno che ci fa sperare nonostante conflittualità e cattiverie sparse ovunque nel mondo. Significa che il bene ancora non è del tutto sconfitto e che alla fine prevarrà sempre sul male.
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