Avvenire di Calabria

L'artigianato tradizionale e innovativo, motore e sviluppo dell'economia locale: lo ha dimostrato una giovane imprenditrice reggina che ha ideato un brand e un'originale linea di gioielli ispirati alla sua città

“Fede Reggina”, ossia l’arte di raccontare e dare valore al territorio

Intervista a Ilaria Speranza che ha ideato una serie di gioielli artigianali. Un progetto che ha voluto ribaltare una vecchia narrazione secondo cui Reggio e le Calabria non offrirebbero nulla... e invece

di Mariarita Sciarrone

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Un'idea innovativa che guarda al territorio e alle sue bellezze. La volontà di una giovane imprenditrice che non si piega alla narrazione disfattista e arrendevole di una Calabria e della sua città, Reggio, in cui «non ci sarebbe niente». Qui, in realtà, «c'è tutto», spiega ad Avvenire di Calabria Ilaria Speranza. Così è nato prima l’anello, poi ciondoli, bracciali e di recente un progetto chiamato Tramonto... Ecco la sua testimonianza.

"Fede Reggina", il progetto che valorizza il territorio

Lo Stretto di Messina, la passeggiata sul lungomare di Reggio Calabria e una profonda connessione emotiva che rispecchia il senso di appartenenza e il legame con la propria città. Nasce così Fede Reggina, un progetto che si propone di raccontare e valorizzare il territorio attraverso una collezione di accessori, ambiziosi nel diventare il simbolo della bellezza di Reggio Calabria e del suo inestimabile patrimonio.


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Abbiamo incontrato Ilaria Speranza, fondatrice dell’omonimo brand di gioielli artigianali made in Italy, che ci ha raccontato la sua visione.

Come nasce Fede Reggina?

Nasce dal desiderio di colmare un sentimento di nostalgia per i tantissimi fuori sede. Mi sono ritrovata, dopo il lockdown e dopo essere diventata mamma, circondata da amici che vivevano fuori e ho immaginato anche mio figlio, un domani andare via da Reggio Calabria. Quindi, ho voluto creare un gioiello, caricandolo di un valore più grande, più simbolico, rispetto agli accessori della collezione Ilaria Speranza. E così è nato prima l’anello, poi ciondoli, bracciali e di recente un nuovo progetto che prende il nome di Tramonto.

Cosa rappresenta Fede Reggina e qual è la mission e vision del progetto?

Visivamente rappresenta il ricciolo che si trova riprodotto sulla ringhiera del lungomare Falcomatà, che è sempre stato cornice delle nostre passeggiate, delle nostre foto, senza mai renderci conto del suo valore. Visto che io volevo creare una lavorazione che non fosse appunto la classica fede sarda, ma che ricordasse Reggio Calabria, mi è venuta in mente quella di creare una connessione col territorio.


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La mission è quella di creare gioielli che rappresentino il senso di appartenenza e il legame con il territorio, la vision vede Fede Reggina come simbolo della città di Reggio Calabria e portavoce della sua bellezza.

Come viene veicolata la comunicazione di questo progetto sui social?

Abbiamo cercato di costruire una narrazione fatta di sentimenti condivisi: nostalgia, tradizioni, radici. Attorno al progetto si è creata una community con questi valori. Fede Reggina ha un suo canale dedicato e in cui in primo piano più che il prodotto, c’è tutto ciò che per noi rappresenta, fa parte della nostra filosofia. 


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Con gli accessori di Ilaria Speranza partiamo prima dal design del prodotto e poi costruiamo intorno il mondo; invece, con Fede Reggina partiamo dal sentimento che vogliamo racchiudere all’interno dell’oggetto. E se c’è chi questo ricciolo ha iniziato a tatuarselo, vuol dire che la comunicazione ha funzionato.

Un progetto dedicato solo ai reggini?

Assolutamente no, però il fatto di legare il luogo a una collezione, in questo caso di gioielli, è un modo per valorizzare quello che abbiamo nel nostro territorio. A volte non bisogna neanche andare troppo lontano per trovare ispirazione, basterebbe guardarsi intorno. Io mi sono sempre chiesta com’è che non ci ha pensato nessuno a fare un anello su Reggio, che non fosse legato necessariamente ai Bronzi. Volevo creare una cosa che non fosse vista, quindi c’è stato molto studio per capire come creare un anello che fosse non immediatamente riconducibile a Reggio, ma che avesse anche un design ricercato e potesse quindi essere indossato da tutti.

Resta comunque forte il messaggio ai cittadini reggini residenti e fuori sede?

Sì resta, ma c’è anche un sentimento di rivalsa da parte di chi ha scelto di restare qui. Mi è capitato più volte in passato di sentirmi in difetto, come se a rimanere qui fosse chi non ha avuto scelta. Invece, non è sempre così. Penso che ognuno ha il suo percorso.


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Con questo progetto però ho anche voluto non arrendermi alla classica frase che si sente dire di questa città, ovvero “non c’è niente”, dimostrando che c’è tutto.

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