Avvenire di Calabria

In occasione della Pentecoste si rianimerà la piazza di Sant'Agostino

«Festa dei popoli», la riflessione di padre Bruno Mioli

Redazione Web

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di padre Bruno Mioli - Abbiamo ancora la presunzione o l’incoscienza di parlare di “Festa dei popoli” a pochi da quando a Taormina i “Sette grandi” della terra hanno lanciato un angoscioso allarme di terrorismo, di devastazione e morte che incombe su popoli e continenti? Più di uno si domanderà: chi ci sta mettendo la benda agli occhi perché non vediamo uno spettro così pauroso che sta in agguato, chi ci sta mettendo la museruola alla bocca perché non si possa gridare: si salvi chi può?  
La festa la si farà. Non è né presunzione né incoscienza: è solo coerenza con quello che siamo e che vogliamo essere, è non darla vinta ai “profeti di sventura” o a quei professionisti del “tanto peggio tanto meglio” che ritengono loro grande successo seminare in noi e attorno a noi paure  e farci indossare l’abito di lutto anziché di festa. La festa si farà per le più elementari e nobili ragioni: per dire sì alla convivenza cordiale e pacifica, a quel rapporto di vicinanza, di comprensione e simpatia reciproca che crea ponti, abbatte muri e abolisce frontiere nel nostro modo di pensare, di sentire e di agire; un rapporto, che consente di identificare quel plurale popoli con un singolare schietto e convinto: Festa del Popolo.
Dirimpetto alla chiesa sarà un susseguirsi di canti, danze, scherzi, declamazioni; e tutto il più rapidamente possibile per lasciare spazio ai tredici gruppi, ossia alle tredici etnie di fare sfoggio di sé, ognuna nella propria lingua, col proprio estro e con i propri abiti sgargianti; al lato opposto della piazza bambini, giovani e meno giovani faranno sfoggio delle proprie abilità sportive, con l’ambizione di portarsi a casa la “Coppa 2017”.  Sui fianchi invece della piazza vengono allestiti tredici gazebo, dove ogni gruppo esporrà qualcosa di tipico e appetitoso del suo Paese.
Certo, anche la festa deve lasciare un messaggio, che verrà dato alla fine dello spettacolo con la distribuzione a tutti i presenti della “Carta dei diritti e dei doveri di migranti e profughi”, un elegante dépliant, che si articola in 12 punti, redatto con la consulenza tecnica di docenti della nostra Facoltà di Giurisprudenza, con l’obiettivo di tenere sempre collegato “utile dulci”.
Un ultimo appunto di non secondaria importanza: anche quest’anno si è scelto non a caso il giorno di Pentecoste per la Festa dei Popoli: Pentecoste infatti  è esaltazione della più profonda aspirazione di ogni cuore umano alla pace, alla concordia, alla fraternità universale, manifestazione del disegno di Dio di fare di tutti i popoli l’unico Popolo di Dio.

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