Avvenire di Calabria

Veglia di preghiera alla pineta Zerbi noto centro di meretricio cittadino

Fiaccole accese. La speranza illumina le vite sfruttate

Il vescovo, padre Giuseppe: «Qual è la qualità del nostro amare?»

Federico Minniti

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La serata inizia con l'attesa. Sorrisi e discrezione dei volontari dell'unità di strada del progetto "Delicati segni di speranza". C'è quell'emozione tipica di quando si aspetta un ospite gradito. Di tanto in tanto si intravedono delle ronde che controllano la "piazza"; ma quelle presenze vigliacche non intimoriscono i presenti e l'andirivieni di quanti hanno accolto l'appello per una preghiera "diversa".

Poi il cerchio si apre. Arriva una piccola statua mariana. È il segno dell'accoglienza. Con lei scendono dal pullmino due ragazze; poco più che diciottenni; alla spicciolata in fondo ne compare un'altra, è nigeriana, ma si tiene alla larga, seppur ha scelto di essere lì. Hanno deciso di fidarsi, ancora una volta, dei volontari della Caritas diocesana di Reggio Calabria - Bova, stasera a recitare insieme a loro il Rosario, ci sarà anche il Vescovo, padre Giuseppe Fiorini Morosini, che li attende sul ciglio della strada.

Un uomo buono, desideroso di incontrarle, senza pregiudizio e senza volere in cambio nulla da loro. Un incontro insolito, lì alla Pinetina Zerbi di Reggio Calabria, dove tutti sanno (ma nessuno vede) che sia il principale centro di meretricio della città. Stavolta si accendono luci di speranza, attorno a ragazze, costrette - sotto minaccia - a vendere il proprio corpo.

La penna del cronista, così come la macchina fotografica, le spaventa. Al nostro passaggio si ritraggono: alcune hanno gli occhi spenti, altre cercano coraggio. Nessuna di loro ancora è uscita "dal giro". E allargano le spalle, per sostenere il peso di quelle sofferenze smisurate, con le donne e gli uomini della Caritas reggina. Sopportano quanti passando in macchina e non trovano, col calar della sera, delle ombre nell'oscurità della notte. Invece incrociano dei bagliori, quelli della preghiera e della condivisione. Quelli dei pullmini della Caritas che spesso diventano casa e rifugio per quegli essere umani che dei criminali senza scrupoli hanno "piazzato sul mercato".

C'è don Nino Pangallo, il direttore della Caritas, e suor Loriana, minuta alcantarina, che - di questo servizio di strada - ha fatto la sua missione in riva allo Stretto. Un fenomeno, quello della prostituzione, che non raggiunge i "giri" delle grandi città del nord Italia, ma che - come ci spiegano gli operatori del coordinamento sbarchi - si interseca con la "tratta" delle tante vite umane sbarcate sul molo del porto reggino.

Padre Giuseppe è presenza discreta. Per una sera mette da parte il suo consueto buonumore. Accigliato vede sfilare davanti a sé corpi sfruttati, le cui anime sono ferite e gridano «Giustizia!» rispetto all'indifferenza e all'ilarità di quanti scorazzando in automobile credono che quel presule e quei cristiani in preghiera siano un branco di pazzi.

«Dobbiamo dare un senso a questa preghiera - dice l'arcivescovo di Reggio Calabria - Bova - dobbiamo quindi entrare insieme nel mistero della Compassione; farsi carico di quelle sofferenze nascoste, inespresse, vere».

Parole che si scolpiscono nel cuore di chi ha scelto di stare accanto, forse anche per la prima volta, questa sera a quelle donne-ombra, che spesso appaiono e scompaiono, nelle notte ordinarie di una Città che spesso occulta la propria coscienza collettiva. Da quì un impegno: «Dobbiamo arrivare laddove c'è la disperazione del cuore umano; - ammonisce padre Giuseppe - avere il coraggio di insegnare agli uomini che non hanno alcun diritto ad essere violenti con le donne e quando veniamo a conoscenza di questi episodi, invitare le donne a denunciare».

La pineta lentamente si svuota. «Abbiamo santificato questo posto e le donne che tra poco lo visiteranno», conclude suor Loriana.

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