Avvenire di Calabria

Tra piattaforme online e azioni innovative, i gruppi parrocchiali di preghiera, di Acr e scout, si preparano ad un Natale "diverso"

Forza e vissuto dell’esperienza associativa alla Candelora

Tatiana Muraca

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La chiesa di Santa Maria della Candelora a Reggio Calabria accoglie una realtà parrocchiale formata anche da bambini e ragazzi. Alessandra Monaca, educatrice Acr della Candelora, ci offre uno spaccato di vita che li coinvolge in tempi di pandemia. «Quest’anno riprendiamo il periodo dell’Avvento con i nostri bambini tramite le piattaforme online – ci dice – Cerchiamo sempre di coinvolgere i ragazzi nelle attività inerenti al nostro percorso Acr, proposto anche dalla diocesi». Cambiano le modalità, ma non il vissuto dell’esperienza associativa: «Il grande anticorpo sperimentato in questi mesi in comunità parrocchiale è stato sicuramente quello della solidarietà – continua Alessandra – ed è proprio da lì che abbiamo cercato di ridare fiducia a quello che è stato il nostro percorso educativo, partendo dall’essere caritatevoli verso gli ultimi». E dall’Acr si passa anche attraverso l’esperienza degli scout della Candelora, illustrata da uno dei capogruppo, Antonella Pietrafesa, che insieme agli altri suoi colleghi sta cercando di tracciare nuove strade, mettere in campo azioni nuove, con la consapevolezza che quello che tre mesi fa aveva una valenza per i ragazzi, adesso non ce l’ha più. Si sta facendo di tutto, ad esempio, per coinvolgere i giovani attraverso il web, anche se si stanno incontrando non poche difficoltà: «I ragazzi sono stanchi – ci dice Antonella – la scuola li appesantisce, le famiglie ci dicono che non è un sistema coinvolgente, quindi tutto questo ci richiede una capacità nuova di reinventarci quotidianamente. Oggi noi siamo in questa fase: trovare strade nuove senza abbandonare quelli che sono i nostri principi, la condivisione, la relazione, la crescita e la cura del singolo». Questa è la lettura che il gruppo scout della Candelora sta dando al periodo, cercando di coinvolgere sopratutto i lupetti nel progetto di un presepe dove i pastori prendano la forma di tutto ciò che i bambini sentono ora come vicino: un parente, un compagno, un amico a quattro zampe, realizzati con più materiali. «Il Vangelo ci dice che non è importante quanto, ma come», conclude Antonella.

E sulla scia di questo monito, anche il Gruppo di preghiera della Candelora sta cercando di affrontare, rimanendo unito, la situazione in cui versa tutto il mondo. Michele Franco è un referente del gruppo, che si ispira all’insegnamento di Natuzza Evolo. Insieme alla moglie si occupa di tante iniziative parrocchiali e conosce bene gli ostacoli del momento dovuti alla pandemia. «È stato difficile, soprattutto nel primo lockdown, non poter frequentare i luoghi dove ci sentiamo un corpo solo che prega il Signore. Ci è mancato il sostegno, anche se pur da casa cercavamo di seguire le varie celebrazioni. Speriamo che passi presto». E dal dolore, è nato alla Candelora un altro gruppo, quello dei Figli della Luce, i cui legami non sono mai venuti scalfiti dal virus. Il gruppo si pone come primo obiettivo quello di aiutare a metabolizzare il lutto per la perdita di un figlio. Nasce quasi 15 anni fa in seguito alla morte dell’amato figlio del presidente, Aurora D’Ermenergildo, che ha sentito il bisogno di vivere insieme ad altre mamme un «nuovo modo di essere», supportato sia da una parte spirituale che da una prettamente terapeutica. «Siamo circa una trentina di mamme – ci dice Aurora – Ci riuniamo in due incontri mensili e durante la messa in onore dei nostri figli». L’abitudine consolidata di supportarsi a vicenda anche con gesti di fratellanza umana, come un abbraccio o una stretta di mano, è stata però stravolta dall’avvento del Covid–19. Ma l’amore va oltre il Coronavirus: tramite i nuovi mezzi di comunicazione, il gruppo organizza anche vere e proprie video–conferenze. «Nonostante questo – aggiunge Aurora – la messa è sempre per noi un punto di incontro e di partenza perché è attraverso l’eucarestia che troviamo la forza di vivere tutti i nostri giorni di vita».

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