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di Amos Martino * - «Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure, anche se il filo del loro discorso è segreto, le loro regole assurde, le prospettive ingannevoli e ogni cosa ne nasconde un’altra. D’una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda». La citazione è tratta da uno dei dialoghi tra Marco Polo e Kublai Kan che fanno da cornice – e chiave di lettura – alle descrizioni delle città da parte del mercante veneziano ne Le città invisibili di Italo Calvino. Troviamo che questo passaggio possa rappresentare un ideale punto di partenza – e forse anche di sintesi – per condividere qualche riflessione circa l’orientamento in uscita degli studenti al termine del percorso scolastico. Una lettura superficiale è già sufficiente, infatti, per affinare l’analisi di una scelta – quella universitaria – che nasce dalla combinazione di attese, di scoperte e di bilanci frequenti e provvisori. Quali sono le domande che i giovani rivolgono a una città, per eleggerla come loro? Attraverso quali criteri sviluppo la loro idea di esperienza universitaria e di vita?
Pur partendo da uno stimolo di natura statistica – e cioè gli ultimi dati sul fenomeno dell’emigrazione interna dei giovani per motivi di studio – è inevitabile che tale lettura nasca piuttosto dagli incontri da docente e animatore di Azione Cattolica.
Sotto questa prospettiva, la scelta universitaria rappresenta l’esito di un discernimento attento cui si arriva attraverso un setaccio costruito con pazienza attraverso lo studio, l’educazione e la vicinanza di adulti attenti e credibili. In ragione proprio di quest’ultimo punto, la scuola deve riconoscere fino in fondo e ogni giorno il suo ruolo di educatrice; viceversa, non solo continuerebbe a perdere in autorevolezza e utilità ma soprattutto priverebbe i giovani di quella formazione armoniosa della personalità che è elemento essenziale per la preparazione alla vita adulta. Quali sono pertanto le iniziative specifiche che la scuola intraprende per favorire questo processo? È superfluo ricordare come l’ampia autonomia di cui godono le singole scuole consenta di individuare strategie diverse che rispondano alle esigenze specifiche del territorio e della popolazione scolastica.
Generalmente, ogni istituto propone dei progetti extracurricolari e favorisce la partecipazione degli studenti degli ultimi anni alle giornate di orientamento organizzate dalle università; insieme a tali iniziative, anche le ore di alternanza scuola lavoro possono rappresentare occasioni per entrare in contatto con un’immagine di futuro, attraverso iniziali forme di interazioni lavorative.
Parallelamente a queste attività è naturale che la qualità delle relazioni possa creare lo spazio anche per un confronto personale; e, nella chiarezza dei ruoli, il dialogo educativo informale può essere determinante per la crescita dei ragazzi. Nell’ascolto delle loro aspirazioni è spesso capitato di percepire un desiderio di evasione da una realtà che non corrisponde alle loro attese. Se ciò è in parte dovuto a un’esperienza limitata a Licei di provincia, è altrettanto vero che capita di cogliere le medesime istanze anche tra i giovani di città. Quante volte ho sentito l’espressione: «Voglio andare a studiare fuori» come premessa per i piani futuri. Non troviamo che tale desiderio debba necessariamente essere interpretato come l’ennesimo capitolo di un’irrisolta questione meridionale; lo sguardo da porre è più laico. A diciotto anni è legittimo – se non auspicabile – cercare l’indipendenza e l’altrove; a patto che questa prova sia coerente con un progetto di vita ponderato e coraggioso sì, ma non temerario.
Forse la domanda da porsi – e siamo certo che i ragazzi già la conoscono – è: «Quale università può dare concretezza al mio desiderio di felicità?». A tale riflessione è bene disporsi con la massima libertà, consapevoli che «l’ideale dell’ostrica» è solo una stanca immagine letteraria.
Questa idea, tuttavia, non può certo rappresentare un alibi per le classi dirigenti del passato e del presente; le quali sono responsabili della libertà di scelta delle giovani generazioni e non solo. Ciascuno scelga pure di partire; ma sia una scelta e non una costrizione. Il nido si abbandona solo per spiccare il volo.
* docente di Lettere
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