Avvenire di Calabria

Dal naufragio di Lampedusa del 2013 alle altre stragi del Mediterraneo, l'occasione per riflettere e intervenire su un dramma ancora attuale

Giornata della memoria e dell’accoglienza, ecco cosa si ricorda

Il problema dell'immigrazione è un tema rispetto al quale c'è ancora tanto da fare, per l'Unhcr necessari percorsi concreti per creare vere condizioni di accoglienza per chi fugge da guerre e povertà

di Redazione

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

L'Italia celebra oggi, 3 ottobre la Giornata della memoria e dell'accoglienza. Una data non casuale: il 3 ottobre ricorda, infatti, un evento drammatico, ma non certo isolato che ha sconvolto la coscienza di molti e che induce, ancora, a fare tanto per evitare che tragedie del genere si possano ripetere.

Il 3 ottobre 2013 è una data di quelle che difficilmente si possono cancellare. In un naufragio al largo dell'isola di Lampedusa perdono la vita 368 persone: bambini, donne e uomini. La loro colpa? Cercare di raggiungere l'Europa nel disperato tentativo di trovare sicurezza.


Non perdere i nostri aggiornamenti, segui il nostro canale Telegram: VAI AL CANALE


Dal 2016 la data del 3 ottobre è diventata la Giornata della memoria e dell'accoglienza, in virtù della legge 45/2016. La ricorrenza è stata istituita per ricordare e commemorare tutte le vittime dell'immigrazione e promuovere iniziative di sensibilizzazione e solidarietà.

Giornata della memoria e dell'accoglienza, ancora troppe vite spezzate

la data del 3 ottobre ricorda un evento drammatico, ma non isolato. Da quel drammatico 3 ottobre del 2013 ad oggi - denuncia l'Unhcr, Agenzia Onu per i rifugiati, «oltre 22.000 rifugiati e migranti sono morti o risultano dispersi nel mar Mediterraneo».

La Giornata della memoria e dell'accoglienza vuole essere occasione per riflettere su un tema spesso estremizzato, guardando al dibattito politico, sia dall'una che dall'altra parte. Allo stesso tempo per impegnarsi affinché le persone in fuga da guerre, violenze e persecuzioni, possano arrivare in luogo sicuro senza dover rischiare la vita in viaggi pericolosi.

Cosa si può fare?

Le persone in fuga da guerre e persecuzioni molto spesso non dispongono di alternative sicure e regolari per raggiungere l’Europa. Solo quando avranno queste soluzioni le persone in fuga non saranno costrette a ricorrere ai trafficanti rischiando la loro vita. I percorsi concreti possono essere molti.

Ecco cosa propone l'Agenzia Onu per i rifugiati: «Aumentare le quote di reinsediamento, dare accesso ai visti per ragioni umanitarie e concedere visti per motivi di studio e di lavoro alle persone in fuga da guerre e persecuzioni. Facilitare i ricongiungimenti familiari. Promuovere sistemi di sponsorizzazioni private».

L'esortazione e l'invito alla preghiera della Santa Sede

La Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per lo Sviluppo umano integrale esorta, in occasione della Giornata del ricordo e dell'accoglienza, a nove anni di distanza da quel tragico evento , «ad alzare unanimi una preghiera affinché nessuno perisca a causa della migrazione, affinché nessuno sia più costretto a lasciare la propria terra, affinché ogni persona possa guardare con speranza al proprio futuro, e affinché i fratelli e delle sorelle più vulnerabili siano accolti e protetti».

«Il naufragio avvenne a pochi mesi dalla visita del Santo Padre a Lampedusa, l’8 luglio 2013», ricorda il Dicastero vaticano esortando a recitare oggi la preghiera che Papa Francesco elevò al Signore il 16 aprile 2016, durante la sua visita a Lesbo. «Fu il primo viaggio fuori Roma, fortemente desiderato da Papa Francesco, per pregare per tutti i migranti che erano morti in mare e per ringraziare i lampedusani, che sin dall’inizio si erano generosamente impegnati nell’accoglienza dei profughi». 


PER APPROFONDIRE: Consegnato il cimitero dei migranti di Armo, Morrone: «Opera di carità, opera politica»


Risuonano forte ancor oggi le parole di Papa Francesco: «in questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!».  «Sono parole che si rinnovano ogni qualvolta una vita umana si spegne allo stesso modo», il commento del Dicastero della Santa Sede.

Articoli Correlati