Avvenire di Calabria

Quella di oggi è un’opportunità per promuovere la consapevolezza sulla ricchezza della cultura rom e sinti e per combattere stereotipi e discriminazioni ancora oggi diffuse

Giornata internazionale rom, sinti e caminanti: l’integrazione è ancora lontana

A che punto è il processo di integrazione, ma anche quali sono stereotipi e pregiudizi in Calabria e in riva allo Stretto? Facciamo il punto attraverso testimonianze ed esperienze diverse

di Redazione Web

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L’8 aprile ricorre la 54esima Giornata internazionale dei rom, sinti e caminanti, istituita in ricordo dell’8 aprile del 1971, quando a Londra si riunì il primo Congresso Inter-nazionale delle popolazioni rom.

Una Giornata contro stereotipi e discriminazioni

La Giornata internazionale dei rom, sinti e caminanti che ricorre oggi offre un’opportunità per promuovere la consapevolezza sulla ricchezza della cultura rom e sinti e per combattere stereotipi e discriminazioni che subiscono ancora oggi queste popolazioni.


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Infatti, nonostante abbiano contribuito in modo significativo alla cultura e alla storia dei paesi in cui vivono, sono ancora oggi oggetto di pregiudizi e discriminazioni. In tutto il mondo ci sono circa 37 milioni di rom, sinti e caminanti.

Paolo VI, primo Papa a incontrare il popolo rom

L’85-90% dei rom e sinti presenti in Europa sono da tempo sedentari. Il primo Papa ad incontrare il popolo rom fu San Paolo VI, il 26 settembre del 1965. In quell’occasione Papa Montini si rivolse ai rom con queste parole: «Voi siete nel cuore della Chiesa perché siete soli: nessuno è solo nella Chiesa; siete nel cuore della Chiesa, perché siete poveri e bisognosi di assistenza, di istruzione, di aiuto; la Chiesa ama i poveri, i sofferenti, i piccoli, i diseredati, gli abbandonati».

Un focus sulla realtà in Calabria e nella città di Reggio

In questa pagina, vi offriamo un ampio focus sulla realtà calabrese e reggina in particolare. A che punto è il processo di integrazione, ma anche quali sono ancora stereotipi e pregiudizi nei confronti delle comunità da quasi un secolo ormai parte integrante del tessuto sociale locale.


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Lo facciamo attraverso testimonianze, racconti e anche esperienze nate nel contesto del welfare e per iniziativa della Chiesa. Mariella Quattrone, presidente della cooperativa “Collina del Sole”, racconta la sua esperienza con rom e sinti. Il direttore del Centro diocesano Migrantes, padre Gabriele Bentoglio, ripercorre i momenti più incisivi riguardo la presenza dei rom in Europa e nello specifico in Calabria.

Nella stessa pagina un ricordo di Giacomo Marino sulla figura di don Lillo Altomonte che, negli anni ’50, fu impegnato in prima linea per difendere i diritti dei rom, respinti dalle Istituzioni e dai cittadini della città di Reggio Calabria.

La sfida è progettare. L'esperienza di "Collina del Sole" ad Arghillà

intervista a cura di Davide Imeneo

In occasione della Giornata Internazionale dei rom, sinti e camminanti, Mariella Quattrone, presidente della cooperativa “Collina del sole”, racconta l’esperienza di chi vive le frontiere educative ad Arghillà.

Quali sono i servizi educativi offerti alle comunità rom?

La Cooperativa garantisce attività socioeducative a tutti i minori. La mission del Centro diurno “La Bellezza in cammino” coincide con la cura, l’accompagnamento verso l’autonomia del minore e il suo orientamento per procedere verso ingresso nel mondo del lavoro, attraverso servizi garantiti quali: supporto e potenziamento scolastico, supporto per i minori con disturbi specifici dell’apprendimento, mensa, servizio bus, laboratori di teatro, musica, laboratori esperienziali e attività di orientamento lavorativo. La vera sfida sta nel programmare e lavorate senza fare distinzioni, molti sono i ragazzi che appartengono alla comunità rom, ma questo non determina differenti servizi, al centro di ogni progetto personalizzato c’è il ragazzo e la sua storia.

Può descrivere un progetto educativo di cui è particolarmente orgogliosa?

Quello riguardante l’attivazione di un processo sistemico integrato educativo, formativo, di orientamento lavorativo finalizzato all’autonomia e alla piena attuazione delle funzioni di tutela dei minori anche destinatari di provvedimenti giudiziari civili e penali, ivi inclusi i minori vittime di condotte pregiudizievoli, abusive e maltrattamenti.


PER APPROFONDIRE: Arghillà, dalle associazioni una proposta per superare l’attuale “ghetto”


Tale progetto sistemico integrato prevede percorsi personalizzati che armonizzano dimensione psicologica, umana e spirituale, è in piena sinergia con il protocollo sottoscritto tra l’arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova, Il Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria e la Cooperativa Collina del Sole. I risultati sono le famiglie raggiunte, i minori coinvolti e la sinergia crescente con scuole del territorio, servizi territoriali e parrocchie.

Quali sono le sfide principali che incontrate nell’implementare i servizi educativi per la comunità rom?

La vera sfida non è implementare servizi specifici ma agire secondo progetti educativi personalizzati pienamente condivisi con le agenzie educative e i servizi territoriali ponendo sempre al centro le storie dei ragazzi e le fragilità che spesso vivono i nuclei familiari di appartenenza.

Come si combattono i pregiudizi e la discriminazione verso questa comunità?

Pregiudizio e discriminazione emergono quando si agisce attribuendo etichette, escludendo l’incontro, non dando spazio all’ascolto. Oggi, la comunità educante deve necessariamente essere più coesa e agire per un nuovo Welfare di comunità finalizzato allo sviluppo della “comunità” in un’ottica multidisciplinare: una sperimentazione educativa e civica per cambiamento culturale e sociale del territorio.

Centro Migrantes, l’azione incisiva della Chiesa reggina - bovese

intervista a cura di Gabriele Bentoglio - Direttore Centro diocesano Migrante Reggio - Bova

In Italia la presenza delle minoranze Rom, Sinti e Camminanti ha origini ben radicate e, in Europa, la loro storia è segnata da tentativi di rispetto e di valorizzazione della loro cultura, ma anche da esperienze di esclusione e di repressione.

Il Consiglio d’Europa stima che nel Vecchio Continente vivano tra i 10 e i 12 milioni di Rom, di cui circa 6 milioni nella sola Unione Europea. In base alle stime ufficiali, in Italia i Rom residenti sarebbero circa 150.000, di cui metà cittadini italiani e metà cittadini dell’area europea. Abitano per lo più le periferie delle città, dedicandosi all’artigianato, allo spettacolo viaggiante e al piccolo commercio, ma tentando anche qualche forma di integrazione. In Calabria la presenza dei Rom è attestata a partire dalla fine del 1300.

Rom a Reggio Calabria, una presenza stabile dagli anni '50 del secolo scorso

All’epoca erano seminomadi e si spostavano sul territorio offrendo servizi itineranti ai contadini. Nella nostra città, Reggio Calabria, gruppi consistenti di Rom sono arrivati intorno alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso. Oggi sono tutti cittadini italiani che, a causa della crisi del mondo rurale e dello sviluppo dell’urbanizzazione, sono stati costretti a sedentarizzarsi, con programmi abitativi sia di equa dislocazione sul territorio e nei condomini insieme ai non-Rom, sia di concentramento.

L’azione della Chiesa reggina, in particolare attraverso il Centro “Migrantes”, la Caritas, alcuni Istituti religiosi e movimenti ecclesiali, ha cercato sempre di muoversi nella direzione della promozione dei diritti fondamentali della persona e della costruzione di percorsi condivisi con le istituzioni (comune, scuole, ospedali...) per una sinergia di orientamenti e di prassi. Motivo ispiratore è il Vangelo, che in epoca moderna i Papi hanno richiamato e attualizzato con particolare sollecitudine pastorale. 

Rom, sinti e caminanti nel magistero dei Papi

Ad esempio, il 26 settembre 1965, Paolo VI si recò a visitare il campo di Pomezia, accompagnato da alcuni Padri Conciliari, e disse: «Voi nella Chiesa non siete ai margini, ma, sotto certi aspetti, voi siete al centro, voi siete nel cuore. Voi siete nel cuore della Chiesa, [che] ama i poveri, i sofferenti, i piccoli, i diseredati, gli abbandonati». E così segnò una tappa importante nella pastorale della Chiesa per le minoranze zigane e rese loro manifesta la sollecitudine della Chiesa, nel cui seno non ci devono essere ineguaglianze riguardo all’etnia, alla nazione o alla condizione sociale.

Poi, Papa Giovanni Paolo II, il 12 marzo 2000, con un gesto intensamente evangelico di coraggio e di umiltà, chiese perdono per le colpe commesse in passato dalla Chiesa nei confronti di tutte le minoranze gitane. Tre anni prima, il 7 maggio 1997, aveva elevato alla gloria degli altari un martire gitano, lo spagnolo Ceferino Giménez Malla.

L’undici giugno 2011, Benedetto XVI ricevette i rappresentanti di diverse etnie Rom e disse: «La vostra storia è complessa e, in alcuni periodi, dolorosa. (…) Mai più il vostro popolo sia oggetto di vessazioni, di rifiuto e di disprezzo! Da parte vostra, ricercate sempre la giustizia, la legalità, la riconciliazione e sforzatevi di non essere mai causa della sofferenza altrui!».

Infine, il 26 ottobre 2015, ricevendo in Udienza oltre cinquemila rappresentanti Rom, Sinti e Camminanti, Papa Francesco ha ribadito la prospettiva pastorale della Chiesa con queste parole: «Vorrei che anche per il vostro popolo si desse inizio a una nuova storia. Che si volti pagina! È arrivato il tempo di sradicare pregiudizi secolari, preconcetti e reciproche diffidenze che spesso sono alla base della discriminazione, del razzismo e della xenofobia».

La Giornata internazionale come occasione per riflettere sulla dimensione integrale della persona

L’annuale Giornata internazionale di Rom, Sinti e Camminanti dovrebbe provocare una riflessione, indirizzare nuove iniziative, mettere a fuoco la dimensione integrale della persona. Quindi, non solo l’attenzione alla questione sociale, sanitaria, occupazionale e abitativa, ma anche alla dimensione spirituale e al patrimonio di fede e di cultura di queste minoranze.

Il testimone, l’impronta di don Altomonte: «Arginò le discriminazioni»

contributo a cura di Giacomo Marino

Don Lillo Altomonte è stato un sacerdote ed un uomo molto importante della nostra Città. La sua azione profetica di autentica accoglienza dei rom ebbe inizio alla fine degli anni Cinquanta, nel momento storico di epocale mutamento della società calabrese da agricola a urbana. Il mondo rurale calabrese considerato a torto obsoleto veniva cancellato attraverso una politica di urbanizzazione che prevedeva la marginalizzazione dei contadini.

In questo contesto i rom, che per secoli avevano contribuito attivamente e da protagonisti allo sviluppo della civiltà contadina calabrese offrendo in mobilità (non da nomadi che non sono mai stati) ai contadini diverse attività fondamentali, si trovarono anche loro costretti a trasferirsi nelle città.

Un ministero "in mezzo" alle famiglie rom

Ma nelle città, se i contadini vennero messi ai margini, le famiglie rom che arrivarono per stabilirsi alla fine degli anni Cinquanta, vennero respinte dalle Istituzioni e dai cittadini, tanto da essere costrette ad insediarsi lungo i letti delle fiumare, dentro baracche di legno e cartone con il serio pericolo di essere travolti dalle acque dei torrenti in piena.

L’unica persona che si oppose energicamente contro questa grave azione razzista della Città fu il giovane prete don Lillo Altomonte, parroco della parrocchia San Pio X.

Fu lui che ebbe il coraggio di aiutare le famiglie rom, che abitavano nelle misere baracche costruite sul letto del torrente Sant’Agata, ad entrare nel territorio della città. Dopo questa prima azione don Lillo continuò a sostenere le famiglie rom perché potessero vivere nella Città. Lo fece coinvolgendo anche la comunità parrocchiale e fondando la Sezione locale dell’Opera Nomadi; lo fece lottando energicamente contro il razzismo e lo fece anche avvalendosi di persone preziose come Lina Tripodi.

L'eredità di don Lillo portata avanti da don Ercole Lacava, Lina Tripodi e Opera nomadi

Per questa sua azione umana e autenticamente cristiana contro il moderno sistema razzista don Lillo pagò un prezzo molto alto. Ne fu pienamente consapevole e lo accettò senza fare mai un passo indietro. La sua azione di vera e piena accoglienza dei Rom contro ogni forma di razzismo, durata 30 anni, ha lasciato un segno indelebile di tale intensità che è proseguita anche dopo la sua morte, sopraggiunta prematuramente nel 1989.


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Difatti, don Ercole Lacava, succeduto alla guida della parrocchia San Pio X dopo la sua morte, pur avendo una vocazione diversa, si è prodigato per continuare il suo operato insieme a Lina Tripodi. Sull’esempio di don Lillo, don Ercole, negli anni novanta insieme a un gruppo di volontari dell’Associazione Opera Nomadi, ha avviato la proposta di equa dislocazione abitativa richiesta dagli stessi rom, in opposizione al concentramento/ ghettizzazione delle famiglie rom seguita fino ad allora da tutte le istituzioni.

Oggi circa il 40% delle famiglie rom vive in dislocazione in alloggi popolari fuori dai ghetti ed in condizione di inclusione, grazie anche all’operato di don Lillo, di don Ercole e di Lina Tripodi.

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