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La Giornata mondiale dell’Africa che si celebra oggi ci offre lo spunto per approfondire la conoscenza del continente nero, attraverso lo sguardo di chi vive in Europa ormai da tanti anni. Per questo abbiamo incontrato don Pascal Nyemb, direttore dell’Ufficio missionario della diocesi di Reggio Calabria - Bova, originario del Camerun.
La premessa che è d’obbligo in ogni relazione è la fiducia. Occorre andare al di là degli stereotipi. In secondo luogo, è opportuno sottolineare che l’Africa non è un paese, ma un continente molto grande, costituito da 54 paesi e diviso in 5 Parti: Centro Africa, Africa dell’Ovest (occidentale), Sud Africa, Africa orientale, Nord Africa. Diverse sono le lingue e tantissimi i dialetti. Il clima africano, poi, è molto variabile.
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È un territorio eterogeneo, ricco di miniere di oro, argento, alluminio, stagno, metalli preziosi, nel continente africano troviamo nondimeno il diamante, l’uranio, il coltan, il petrolio, etc. Alla difficoltà delle popolazioni autoctone di sfruttare le loro stesse risorse e quindi alla conseguente povertà materiale, culturale e sanitaria, si contrappone l’immagine di un continente giovane, creativo e vivace, senza dubbio emergente. Il miglior racconto che si possa fare dell’Africa a un Europeo è invitarlo ad andare a vederla e a toccare la realtà con le sue mani, per poi assaporare quel “mal d’Africa”, quella nostalgia di chi l’ha visitata e desidera tornarci.
Sino dall’era della cosiddetta “Filosofia delle Luci”, tante sono le correnti di pensiero sorte in Europa, che hanno considerato i popoli africani come “Animali” o dei “Meno che Uomo” o “Esseri senza cuori e Anima”.
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Gli africani erano visti come “Bestie”, da sfruttare soltanto, o come “Merce” da vendere. Senza azzardo, ritengo, che i forti del mondo con il loro imperialismo fagocitante hanno tolto loro la dignità ontologica, determinando le ragioni principali del sottosviluppo con tutte le sue sfumature, dalla schiavitù alla mancanza di una moneta africana, alle guerre organizzate a orologeria al neo colonialismo che è in atto tutt’ ora.
È la terra dove tutti i potenti vogliono sfruttare e raccogliere i frutti senza i proprietari. Basti ricordare come dopo le guerre mondiali i paesi forti si sono divisi l’Africa, disegnando confini a tavolino. Le guerre vengono provocate quando gli interessi sono in pericolo, con la conseguenza che le multinazionali vendono le armi e cercano sempre di imporre il loro dominio.
Mi ha colpito vedere un paese sviluppato con le strutture, case ben costruite, le strade con l’asfalto, tante chiese belle e ben pulite. Invece, mi ha fatto male vedere una ragazza rispondere troppo male a suoi genitori davanti a me. La mancanza di rispetto verso i genitori è un aspetto che mi colpisce sempre. L’educazione rigorosa in Africa non consente un atteggiamento simile.
Ha un ruolo importante, perché impegnata ad evangelizzare: annunciare Cristo Morto e Risorto, tenendo conto dei segni dei tempi e dei criteri socio culturali del contesto africano. La Chiesa denuncia le guerre, la corruzione, lo sfruttamento e la concentrazione delle ricchezze nelle mani dei pochi dirigenti del paese.
Sostenendo tutti i movimenti “Panafricanisti veri”, che lottano e combattono non con mani armate, ma con le idee, i pensieri, per guadagnarsi la loro sovranità. Combattendo il razzismo su tutte le sue forme e diventando veri attori di sviluppo e cooperazione fra le nazioni, con una politica giusta che tiene conto anche dei più poveri.
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Concedendo all’Africa una libertà politica ed economica con una moneta propria, lasciare i popoli scegliere liberamente il loro Presidente. Infine, formando gli africani alla tecnologia, insegnandogli a sfruttare loro stessi le loro risorse naturali. Un proverbio africano dice: «Invece di offrire il pesce a qualcuno, dagli la canna da pesca e insegnagli a pescare, cosi non avrà più fame».
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