Avvenire di Calabria

Convertire l'area dismessa dell'ex Liquichimica di Saline Joniche in una centrale a idrogeno verde: i perché di una scelta fattibile

Idrogeno verde all’ex Liquichimica di Saline, l’esperta: «Idea sostenibile»

Ampio reportage su territorio e sviluppo con le voci autorevoli di Mariachiara Benedetto, Mario Mega, Maria Foti e Carmelo Versace

di Davide Imeneo e Federico Minniti

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

Si può convertire l’area dismessa dell’ex Liquichimica di Saline Joniche in una centrale a idrogeno verde? La risposta è sì e arriva da una multinazionale leader nel settore. A fornirla è la Sales Engeneer di Ohmium, Mariachiara Benedetto, che spiega la sostenibilità del progetto.

Da area dismessa a centrale a idrogeno verde: il futuro possibile dell’ex Liquichimica di Saline Joniche

Pensare uno sviluppo sostenibile che sappia coniugare le caratteristiche del territorio con le nuove frontiere delle produzioni energetiche. Parte da questo assunto la nostra idea di una conversione dell’ex Liquichimica di Saline Joniche in un’industria di produzione di idrogeno verde, una visione che è scaturita a partire da maggio del 2022, quando la Chiesa reggina è stata coinvolta nella realizzazione della Giornata nazionale per la custodia del Creato, svolta poi in riva allo Stretto a settembre dello scorso anno (l'illustrazione in foto è di Domenico Rodà).

Ne abbiamo parlato con Mariachiara Benedetto, laureata in Chimica e specializzata in Elettrochimica all’Università Statale degli Studi di Milano. Dopo aver studiato e sviluppato processi elettrochimici dedicati alla tutela dell’Ambiente per 10 anni come consulente indipendente per diversi ambiti industriali come la produzione del cemento dell’acciaio e di prodotti farmaceutici ha ricoperto diversi ruoli nell’azienda Italiana Industrie De Nora, leader mondiale in ambito elettrochimico, per la quale ha inventato 10 brevetti.

Attualmente ricopre il ruolo di Sales Engineer del mercato Europeo per l’azienda Americana Ohmium International, multinazionale che produce e propone al mercato mondiale impianti completi per la produzione di Idrogeno Verde con tecnologia elettrochimica PEM (Proton Exchange Membrane).

🎧 Ascolta il podcast 👇

Ci può esprimere le sue considerazioni sull’idrogeno come fonte di energia? È davvero “il futuro” come molti sostengono?

L'Idrogeno non è esattamente una fonte di energia, ma si può considerare un vettore energetico, cioè un mezzo che consente di immagazzinare l'energia che può venire erogata poi in altre forme. È piuttosto raro sul pianeta, quindi va estratto dall'acqua con processi elettrochimici, attraverso diverse tecnologie già pronte sul mercato. 

L'Idrogeno rappresenta una soluzione energetica sostenibile: ad un impianto elettrochimico di produzione dell'Idrogeno va sempre associato - perché sia definito Idrogeno verde - una fonte di produzione di energia elettrica rinnovabile per alimentare l'impianto elettrochimico. Quindi questa fonte di energia può essere rappresentata da pale eoliche o da impianti che producono energia elettrica dal moto ondoso - questi ancora in sviluppo, oppure dai più tradizionali e ben conosciuti impianti di produzione di energia elettrica con pannelli solari. 

La peculiarità dell'Idrogeno prodotto per via elettrochimica è quella di non produrre alcun gas serra nocivo per l'ambiente. Peraltro la riduzione dei gas-serra è esattamente l'obiettivo principale che sta muovendo tutto il mondo ad impegnarsi nella produzione di Idrogeno verde.

Gli ambiti più interessanti in questo momento sono quelli industriali: l’Idrogeno viene utilizzato per produrre ammoniaca, prodotti idrogenati, acciaio. Nell’ambito dei trasporti l’Idrogeno è piuttosto vantaggioso per quanto riguarda i mezzi pesanti, come navi, treni, autotreni, mezzi per i quali ci sono già diversi progetti pilota, mentre esistono già autobus alimentati ad Idrogeno

Se si pensa che l'Idrogeno possa essere la soluzione totale per quanto riguarda il futuro energetico dobbiamo subito dire che non lo è, come non lo è mai stata nessuna soluzione tecnologica, ma è sicuramente una opportunità per poter sostituire in diversi ambiti combustibili di tipo fossile e quindi andare a sostituire tutta una gran parte di produzioni che hanno un grande impatto ambientale negativo, come la produzione gas-serra e inquinamento.


I NOSTRI APPROFONDIMENTI: Stai leggendo un contenuto premium creato grazie al sostegno dei nostri abbonati. Scopri anche tu come sostenerci.


Conviene, quindi, investire oggi sulla produzione di idrogeno?

Più che conviene…dire che oggi è un obbligo percorrere questa via, è un impegno che tutta l'umanità si deve assumere nei confronti del pianeta. Dobbiamo essere assolutamente disposti ad investire grandi capitali e questo lo stanno già facendo i governi di tutto il mondo. Dobbiamo investire grandi capitali nello sviluppo di questa tecnologia per sostenere il suo continuo sviluppo e miglioramento al fine di raggiungere volumi di Idrogeno prodotto sufficienti a soddisfare e coprire grandi porzioni di produzioni chimiche ed energetiche. Così si potranno sostituire gli attuali processi che impattano gravemente sulla salute e sull'ambiente, sia delle persone sia del nostro pianeta. 

Non solo i governi di tutti gli Stati del mondo si stanno impegnando economicamente nel sostenere il lancio di queste nuove tecnologie per la produzione di Idrogeno, ma addirittura ci sono privati che stanno investendo e credono in questa nuova tecnologia. Sempre più persone credono nell’impatto positivo che avrà una produzione massiccia di Idrogeno, permettendo la sostituzione di processi ad alto impatto ambientale negativo.

Secondo lei è possibile ipotizzare il riuso dell’area della Liquichimica di Saline Joniche per produrre idrogeno verde?

L'idea di ridare una chance all'ex area industriale della Liquichimica è bellissima; l'opportunità di installare in quest'area un impianto di produzione di Idrogeno verde è ancora più bella. Ovviamente tutto dipende dalla superficie del terreno disponibile poiché all'impianto di produzione dell'Idrogeno verde va affiancato un impianto di produzione di elettricità da fonte rinnovabile. Nel caso di Saline, ovviamente, sarebbe auspicabile l'installazione di pannelli solari. In base alla portata energetica dei pannelli andrà poi dimensionato l'impianto elettrochimico di produzione dello Idrogeno stesso.

Ci può spiegare quali sarebbero i vantaggi e le criticità che potrebbero presentarsi qualora si realizzasse un impianto di produzione di Idrogeno verde a Saline?

A Saline c’è un problema persistente: la mancanza di acqua. Bisognerà quindi pensare ad alimentare l'impianto stesso di produzione dell'Idrogeno con acqua desalinata cioè acqua prelevata dal mare e trattata in un impianto di osmosi inversa ottenendo così il grado di salinazione necessario per alimentare l'impianto elettrochimico di produzione dell'Idrogeno. 

Bisogna considerare un altro vantaggio, oltre quelli descritti finora. Bisogna considerare che insieme all'Idrogeno si produce anche ossigeno, altro gas da non sottovalutare. Per l’ossigeno esistono già da tempo ampie possibilità di utilizzo sia in ambito di trattamenti sanitari che di produzione di prodotti chimici. Se per l’Ossigeno non si trovasse un’applicazione, questo sarebbe liberato nell’aria e sarebbe quindi come avere un bosco che continua a liberare Ossigeno.

Quali sarebbero i costi da sostenere? Sono previsti dei finanziamenti pubblici?

Esistono finanziamenti pubblici perché – come ho già detto – tutti i governi di tutto il mondo sono impegnati nel sostenere questa nuova tecnologia. Ci troviamo in un momento storico molto importante, è un periodo di svolta dell'energia e del panorama energetico nel mondo: stiamo tentando di diminuire l'impatto nocivo che causiamo col nostro modello di vita sul pianeta.

I costi da sostenere sono elevati, ma sono assolutamente in linea con dei normali costi industriali per l'installazione di nuovi impianti di produzione di tipo chimico, di tipo estrattivo, di produzione di combustibili. Si parla di spese che si allineano con i costi industriali normalmente conosciuti e quindi sono affrontabili, anche grazie ai contributi statali.

Quali sarebbero le ricadute sul territorio?

Le ricadute sul territorio di Saline sarebbero sicuramente positive sia dal punto di vista dell'impatto ambientale ed anche dal punto di vista dell’impatto sociale: riqualificare una struttura industriale abbandonata con un impianto che appartiene al futuro sarebbe sicuramente un elemento distintivo.

Per quanto riguarda l’economia locale sicuramente si avrebbe una spinta economica per il territorio che ne ha assolutamente bisogno. Ci sarebbe un impatto generale anche per quanto riguarda l'aumento del livello di professionalità di tutta la zona, si creerebbe sicuramente un mercato indotto per tutto quanto risulterà necessario alla gestione dell'impianto. Ci sarebbe una consistente necessità di addetti per la gestione e la conduzione dei tre impianti (desalinizzazione dell’acqua, fotovoltaico, produzione di Idrogeno). Quindi in generale mi sento di azzardare una previsione per il futuro e di dire che sicuramente un'attività industriale di questo tipo potrà portare grande benessere alla zona di Saline. 


Non perdere i nostri aggiornamenti, segui il nostro canale Telegram: VAI AL CANALE


Il sindaco Foti: «Ma i terreni attigui sono finiti in mano ai privati»

L’agenda di Maria Foti, sindaco di Montebello Jonico (comune su cui ricade l’area costiera di Saline Joniche), è ricca di appuntamenti. L’idea di dare un rilancio all’area industriale figlia del famigerato “Pacchetto Colombo” è di quelle da togliere il sonno: nella sua attività volitiva da prima cittadina ce la sta mettendo tutta. Lo capiamo dall’esordio della nostra intervista: «La comunità è stanca delle promesse disattese; oggi parlare di Saline Joniche e del suo futuro è un esercizio tutt’altro che semplice».

Negli ultimi 53 anni, infatti, di ingiustizie ce ne sono state tantissime: «Quell’area aveva una vocazione diversa - puntualizza il sindaco - ricordo quando i nostri anziani si alzavano alle quattro del mattino per la raccolta del gelsomino o per curare i bergamotti».

Agricoltura e turismo: assi di sviluppo tagliati di netto da una malsana intuizione romana svanita nel nulla. Cosa resta adesso? «Un mare di confusione» chiosa Maria Foti che spiega il perché: «L’area industriale è stata smembrata: il Consorzio che ne aveva la titolarità ha messo all’asta diversi terreni adiacenti alla centrale che, adesso, sono di proprietà di privati cittadini».

Così la Liquichimica è un coacervo di interessi: l’infrastruttura è di proprietà del colosso industriale elvetico, Repower, alcune parti sono di pertinenza del Corap, altre - come scritto - sono finite in mano ai privati e i laghetti sono al centro di un harakiri burocratico: «Il Comune li ha acquistati all’asta, salvo poi subire l’intervento del Demanio che ne rivendicava la proprietà».

Insomma mettere insieme gli interessi su quell’area per un progetto comune è tutt’altro che semplice. «Repower ha in cantiere la realizzazione di una distesa di pannelli solari» afferma Foti, «ma i pannelli solari, si sa, non portano lavoro».

La ferita degli annunci è profonda nella coscienza dei cittadini dell’Area grecanica: i paesi si spopolano, i giovani fuori per ragioni di studio non torneranno più. Eppure, estendendo il ragionamento anche alle Fabbriche OGR vicinissime all’ex Liquichimica, torna l’agenda del sindaco: «Ancora mi chiedo perché sia naufragato il progetto Agapi che prevedeva oltre mille posti di lavoro».

Un vero e proprio hub tecnologico che voleva attrarre a Saline Joniche le maggiori industrie dell’hi-tech italiano. Una buona notizia, invece, riguarda il Porto: «Speriamo entro un anno di aprirne una parte destinandola alle imbarcazioni da diporto», dice in conclusione il primo cittadino di Montebello Jonico, «c’è l’impegno dell’Autorità di sistema e del presidente Mega: i primi frutti si iniziano a vedere». Un barlume di luce.

La sostenibilità: il bando della Regione appena scaduto e i territori virtuosi

L’idea di una centrale a idrogeno verde nell’ex Liquichimica di Saline Joniche, promossa dalla nostra redazione, ha trovato già un campo di applicazione pratico: si è trattato dell’avviso pubblicato a inizio anno (2023) dalla Regione Calabria «per la realizzazione di siti di produzione di idrogeno rinnovabile in aree industriali dismesse».

Per la realizzazione delle proposte, con decreto del 21 ottobre 2022, il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, aveva assegnato alla Regione Calabria risorse pari a 24,5 milioni di euro. In Calabria sono stati due i progetti che si sono aggiudicati 21 milioni: si tratta di “Rossano Green Hydrogen” di Enel Produzione (14,76 milioni) e “Teca Green Hydrogen Production” di Teca Gas per Lamezia (6,85 milioni).

Un’opportunità sfumata per Saline Joniche che, però, potrebbe ottenere altri finanziamenti grazie ai fondi straordinari del Pnrr. Ad esempio, si potrebbe attingere ai 100 milioni di euro per l’acquisto di treni ad idrogeno messi a bando da Ferrovie della Calabria e prorogati più volte: purtroppo la gara è andata deserta.


PER APPROFONDIRE: Comunità energetiche e autoconsumo, disco verde dalla Regione Calabria


Le risorse, quindi, ci sono: basta solo la volontà politica di riproporle. L’area dell’ex Liquichimica è di proprietà della Repower, un gruppo industriale svizzero, che proprio con l’idrogeno verde potrebbe rilanciare il progetto di Saline Joniche.

Di esempi di siti abbandonati che grazie all’idrogeno verde hanno trovato una seconda vita ce ne sono tanti e rappresentano delle vere e proprie “buone prassi”. Un esempio calzante è quello del progetto congiunto Hera e Snam per la realizzazione di un polo per la produzione di idrogeno verde nel comune di Modena: ha ottenuto 19,5 milioni di euro di finanziamento da parte della Giunta regionale dell’Emilia-Romagna, stanziato nell’ambito del Pnrr. La realizzazione di questo polo – come prescritto dal bando – avverrà in un’area industriale dismessa, la discarica esaurita di via Caruso a Modena, senza alcun consumo di suolo utile.

Nello specifico, l’area ospiterà un parco fotovoltaico di 6 MW di potenza collegato ad un elettrolizzatore – un dispositivo progettato per estrarre idrogeno dall’acqua attraverso il processo dell’elettrolisi – che, grazie all’utilizzo dell’energia elettrica fornita dal campo fotovoltaico, arriverà a produrre fino a 400 tonnellate di idrogeno l’anno. Per poter alimentare anche nelle ore notturne l’elettrolizzatore, il polo sarà completato da una batteria per lo stoccaggio dell’energia elettrica. Complessivamente, l’investimento previsto per queste attività ammonta a 20,8 milioni di euro.

L’opera “collaterale”: così rinascerà il Porto di Saline Joniche, parola di Mario Mega

Mario Mega è il presidente dell’Autorità di Sistema Portuale dello Stretto che comprende i porti di Messina, Milazzo, Tremestieri, Villa San Giovanni, Reggio Calabria e Saline. Un asset di sviluppo fondamentale. Con lui abbiamo parlato di presente e futuri dei porti che amministra.

🎧 Ascolta il podcast 👇

Porto di Saline, causa persa o opportunità di rilancio?

Il Porto di Saline è una delle tante occasioni mancate di industrializzazione del passato che si trovano ancora sparse nelle regioni del sud Italia. La non corretta gestione dei sedimenti che si accumulavano presso l’imboccatura ha provocato un progressivo insabbiamento del porto con riduzione della capacità di difesa della diga di sottoflutto che alla fine ha ceduto consentendo al moto ondoso di propagarsi all’interno danneggiando seriamente la banchina di riva.

Oggi il porto non solo è inutilizzabile per la chiusura dell’imboccatura ma ha anche la maggior parte delle infrastrutture danneggiate. L’area che doveva consentire l’insediamento dell’industria è stata abbandonata e nel complesso tutto l’agglomerato artigianale/industriale è sottoutilizzato. L’obiettivo che ci siamo posti con la Regione Calabria ed il Comune di Montebello Jonico con l’inserimento dl porto nella AdSP dello Stretto è quello di invertire questa tendenza ripristinando le infrastrutture e creando le condizioni, con l’inserimento delle aree retroportuali nella Zes Calabria, di un utilizzo produttivo delle aree retrostanti.

Una prospettiva, quindi, di rilancio della infrastruttura che però deve necessariamente partire dalla sua totale riqualificazione .

Network dei porti dello Stretto, cosa aspettarsi dai prossimi mesi?

Dopo una fase iniziale di startup - necessaria considerato che i porti calabresi del sistema portuale non erano abituati ad un tipo di gestione come quella operata da una Autorità Portuale, che purtroppo ha coinciso anche con il disastro della pandemia da COVID-19 che ha rallentato tutte le attività - si è passati ad una fase di programmazione degli interventi, di ricerca dei finanziamenti e poi di progettazione dei lavori.

Ora stiamo entrando nella fase della realizzazione delle opere con appalti che si susseguono e cantieri che presto saranno avviati in tutti i porti. Parliamo della elettrificazione delle banchine dei Porti di Messina, Reggio Calabria e Milazzo, per una spesa di oltre 23 milioni di euro; del completamento della banchina XX luglio nel Porto di Milazzo, per una spesa di circa 26 milioni di euro; della rimozione delle fonti di inquinamento primario nella Zona Falcata del Porto di Milazzo, per una spesa di oltre 20 milioni di euro; della riqualificazione del pontile per il Vigili nel Fuoco nel Porto di Messina, per una spesa di oltre 1,5 milioni di euro.

Ma anche l’avvio del project financing per l’individuazione di un gestore unico dei terminal crociere nei Porti di Messina e di Reggio Calabria he dovranno essere anche realizzati sulla scorta di progettazioni già disponibili; l’approvazione del Documento di programmazione strategica del sistema portuale che è propedeutico all’avvio della redazione dei nuovi Piani Regolatori pere tutti i porti; l’affidamento dello sviluppo del nuovo sistema informativo portuale ASTRA per la digitalizzazione di tutte le procedure amministrative dell’Ente, per una spesa di circa 3,5 milioni di euro.

Sin qui ho comunque citato solo gli interventi ormai prossimi alla cantierizzazione perché sono almeno una ventina le altre progettazioni in corso per realizzare da una nuova stazione marittima passeggeri nel porto di Villa San Giovanni, alla nuova sede della AdSP a Messina, alla parziale apertura dell’imboccatura del Porto di Saline per una prima riattivazione dello specchio acqueo adiacente alla diga foranea a servizio del diportismo e della piccola pesca, al dragaggio dei fondali in tutti i porti e così via.

Ripascimento costiero: c’è qualche progettualità in arrivo?

Il ripascimento delle coste, per definizione, è una attività che interessa le aree esterne a quelle portuali e come tali non rientranti nella nostra competenza. Tuttavia siamo impegnati a sostenere gli interventi programmati dalla Città Metropolitana di Reggio Calabria sulle coste reggine con l’utilizzo delle sabbie presenti in grande quantità presso l’imboccatura del Porto di Saline e dal Comune di Messina, per la parte siciliana, per l’utilizzo delle sabbie provenienti dai periodici interventi di manutenzione dell’approdo di Tremestieri.

L’autostrada del mare può diventare la via dello sviluppo per l’Area dello Stretto?

Spostare i mezzi pesanti dalla strada al trasporto via mare con i traghetti, collegando porti nazionali con quelli gestiti dalla AdSP dello Stretto, seguendo gli indirizzi dell’Unione Europea è una delle prime soluzioni per ridurre le emissioni di Co2 del trasporto merci oltre che per alleggerire il traffico stradale.

La posizione dei Porti dello Stretto, al centro del Mediterraneo e cerniera tra la Sicilia e la parte continentale dell’Italia, è certamente un vantaggio che intendiamo sfruttare potenziando i servizi già esistenti. Oggi abbiamo solo un collegamento giornaliero tra Messina e Salerno e un bisettimanale tra Milazzo e Napoli.

Con la realizzazione delle nuove banchine a Milazzo e la rifunzionalizzazione del Porto di Saline sarà possibile disporre di nuovi hub da mettere a disposizione di questa efficiente modalità di trasporto green delle merci sia per i collegamenti con il centro e nord Italia che con gli altri Paesi che si affacciano sulla sponda sud del Mediterraneo.

La scelta della MetroCity: puntare sulla rete dei porti

Di porti, con riferimento specifico a Saline Joniche, e ripascimento costiero ne abbiamo parlato anche con Carmelo Versace, sindaco facente funzioni della Città metropolitana di Reggio Calabria.

Sull’infrastruttura portuale nel cuore dell’area grecanica, Versace ha spiegato come «il Porto di Saline è certamente uno degli emblemi della nostra terra. Il frutto di scelte politiche del passato sbagliate, negli anni ha rappresentato un pugno nello stomaco per qualsiasi ipotesi di sviluppo che riguardasse quell’area. Adesso, grazie alla ferma volontà del Presidente Mega e alla virtuosa sinergia attivata con gli altri Enti territoriali, a partire dalla Città Metropolitana che ha offerto la sua piena disponibilità, ci troviamo davvero ad un passo dal traguardo, con il progetto studiato dalla Mediterranea e dal Professor Felice Arena che punta alla rifunzionalizzazione del porto sia in chiave diportistica o per la pesca di piccola dimensione, con un molo di attracco in grado di ospitare un centinaio di imbarcazioni».

Saline, ma non solo nell’agenda della MetroCity: «D’altronde - spiega ai nostri taccuini Versace - la Città Metropolitana, come Ente di programmazione di secondo livello, nasce proprio con questo obiettivo. E credo che insieme all’Autorità di Sistema Portuale possiamo fare un ottimo lavoro. Il Presidente Mega è persona capace e lungimirante, è già riuscito a mettere in piedi una serie di importanti progettualità che stanno dando i suoi frutti. Da parte nostra stiamo lavorando alla realizzazione di una serie di collegamenti intermodali che coinvolgono proprio le aree portuali dello Stretto, connettendole all’Aeroporto. Personalmente credo molto a quest’idea del network dei porti, che ha un senso anche nell’ottica della conurbazione tra le due sponde dello Stretto, da Milazzo a Villa San Giovanni, da Messina e Reggio Calabria, attraverso le infrastrutture portuali più piccole, ma non meno importanti, che caratterizzano il nostro territorio».

Obbligatorio, poi, parlare di ripascimento costiero: «Il lavoro fatto in questi anni è stato proiettato alla difesa costiera per salvaguardare le infrastrutture e le abitazioni esistenti, ma anche l’ambiente e gli splendidi paesaggi che caratterizzano il nostro territorio. C’è già un pacchetto di interventi finanziati, pari a 3 milioni di euro, divisi lungo i tratti di litorale che vanno da Pentimele, Bocale e Pellaro a Reggio Calabria, fino a Melito Porto Salvo e Riace di Motta San Giovanni, in prossimità del torrente Oliveto. In questo schema rientra il programma più importante che prevede il completamento delle opere di difesa costiera tra la foce della fiumara Sant’Anna e Favazzina, a Scilla, per un importo complessivo di 1,8 milioni di euro. Ma c’è davvero tantissimo suolo da recuperare e mettere in sicurezza. Le somme, infatti, sembrano non poter mai bastare e, per questo, diventa fondamentale una strategia che possa delineare i passaggi futuri. Programmare, dunque, è fondamentale e, nell’attività portata avanti dai nostri esperti di settore» ha chiosato il sindaco f.f. della Città metropolitana di Reggio Calabria.

Articoli Correlati