
Per la giornata del Jazz Francesco Cafiso e la Rhegium Orchestra
Ritorna a Ecojazz dopo 10 anni dalla sua ultima esibizione nel 2015 coinvolgendo gli spettatori
di Agostino Siviglia * - Ancona una volta, quest’anno, ci tocca ripetere: «Dal sociale al penale, il penitenziario continua ad essere sempre più luogo di discarica sociale».
Tre leggi in particolare, meritano di essere menzionate in tal senso: la legge Bossi–Fini, la legge Fini–Giovanardi e la legge ex Cirielli, che rispettivamente si occupano di immigrati clandestini, tossicodipendenti e recidivi. Queste tre leggi, nonostante gli interventi della Corte Costituzionale, ancora oggi, a distanza di lustri, continuano a dispiegare i loro nefasti effetti criminogeni e carcerogeni. Da qui si spiega, in gran parte, la pletora di quelle “vite di scarto”, per usare la tragica ma eloquente definizione di Bauman, che ancora oggi sovraffollano i penitenziari italiani e reggini (con proporzioni per la verità più contenute alle nostre latitudini), per lo più tossicodipendenti (35,3%) e stranieri (34% circa).
La condizione delle carceri reggine, in specie, si configura differente fra i due istituti di “San Pietro” e “Arghillà”: il primo, storico carcere cittadino, è ospitato da una popolazione carceraria che continua ad essere costituita in gran parte da detenuti in attesa di giudizio e per lo più incriminati di associazione a delinquere di stampo mafioso. Ciò rileva sia ordine al trattamento rieducativo, evidentemente, neutralizzato nei confronti di chi ancora deve essere giudicato definitivamente, sia in ordine alla inesplorata funzione rieducativa della pena in contesto di criminalità organizzata, almeno nel contesto penale adulti. Quando, al contrario, questa tema, a queste latitudini, è di cruciale rilevanza; il secondo, di recente costruzione, proprio, nel problematico e complesso quartiere di Arghillà, continua a contenere un’umanità reclusa sempre uguale a se stessa: detenuti provenienti da altre regioni, con fine pena lunghissimi e finanche condannati all’ergastolo e, poi, la solita frammistione di popolazione detenuta: extracomunitari, rom, sinti, tossicodipendenti, sex–offender; autori di reati comuni e detenuti di alta sicurezza; qualche colletto bianco.
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