
Reggio Calabria, il 27 aprile concerto in onore di San Giorgio e Papa Francesco
Presso San Giorgio Extra, il secondo evento della rassegna “Musica al Centro” 2025: un intreccio tra spiritualità, polifonia sacra e cultura calabrese.
Un breve viaggio nella storia dell'Anno della Misericordia dalla sua istituzione ad oggi
“Come i Roman, per l’essercito molto, /l’anno del Giubileo, su per lo ponte/hanno a passar la gente modo colto;/Che da l’un lato tutti hanno la fronte/verso il castello, e vanno a Santo Pietro, /Dall’altra sponda vanno verso il monte…” (If XVIII, 28-33). Nell’VIII cerchio dell’Inferno, in cui vengono puniti i ruffiani e i seduttori, Dante descrive la scena di una calca organizzata con un accurato espediente in due file contrapposte, nella modalità che egli vide a Roma durante il Giubileo, sì che un gruppo si muoveva attraversando il ponte S. Angelo verso il castello e la basilica di S. Pietro, l’altro andava in direzione opposta verso il monte Giordano, collinetta di fronte a Castel S. Angelo, al di qua del Tevere, molto nota nel Medioevo per essere dimora della nobile famiglia degli Orsini.
Siamo nell’Anno del Signore 1300 e per la prima volta nella storia la Chiesa asseconda platealmente l’anelito del popolo che, durante un cambiamento d’epoca, vuole avere certezza della misericordia di Dio, sentire la sua tenerezza. Papa Bonifacio VIII (1230-1303) trasforma in un provvedimento canonico la risposta della Chiesa di Cristo al suddetto bisogno. L’ansia di perdono e di misericordia si era manifestata in altre occasioni cruciali lungo la storia della Chiesa: nel 1033 (non nell’anno 1000, che passò inosservato, dato che il computo del tempo non era univoco) balzò all’attenzione di alcuni e fu sottolineata la ricorrenza dell’anniversario della Redenzione. Il monaco cronista Rodolfo il Glabro (+1047) racconta che da tutta Europa un gran numero di pellegrini si mossero verso la Terra Santa per ottenere indulgenza e perdono delle colpe.
Francesco d’Assisi il 2 agosto del 1216, in occasione della consacrazione della piccola chiesa di S. Maria della Porziuncola in Assisi dichiarò di aver ottenuto per ispirazione divina e concessione del sommo pontefice Onorio III (1216-1227) l’indulgenza per quanti avrebbero visitato quella chiesa in spirito di penitenza e ai suoi fratelli disse che al papa, che chiedeva per quanti anni si dovesse concedere quel “privilegio”, egli aveva risposto: “Non chiedo anni, ma anime!”. Il bisogno della misericordia di Dio fu riacceso con forza nel popolo cristiano nell’anno 1233, ad opera del cosiddetto Movimento dell’Alleluja, animato dagli ordini mendicanti, francescani e domenicani. Nel corso del ‘200 si fece strada altre volte il bisogno del cambiamento della vita e del perdono, su ispirazione di coloro che seguirono le suggestioni dell’abate calabrese Gioacchino da Fiore (1130-1202) “di spirito profetico dotato” (Pd XII 140): egli aveva interpretato la storia umana come divisibile in tre periodi o ère e guidata per ognuno dei tre da una delle Persone della SS. Trinità. Calcolando dalla metà del secolo XIII l’inizio dell’era dello Spirito Santo, era carismatica, in cui si sarebbe affermato un nuovo stile di vita, più evangelico, ispirato e guidato dai monaci in sostituzione della gerarchia e capace di indurre la Chiesa a vivere un profondo rinnovamento al passo di Gesù.
Lo scontro che si ebbe in quel secolo tra il Papato e l’imperatore Federico II (definito l’anticristo dalla propaganda clericale), suggestionò attese apocalittiche: l’immaginario collettivo vide in quello scontro la fine dei tempi e in Francesco e Domenico i due testimoni che Dio aveva mandato per l’ultima conversione del mondo. Francesco fu immaginato come l’angelo del sesto sigillo (Ap 6,12): “L’un [Francesco] fu tutto serafico in ardore/ l’altro [Domenico]per sapïenza in terra fue/ di cherubica luce uno splendore” (Pd XI,39). Il francescano Pier di Giovanni Olivi aveva individuato nell’anno 1300 l’avvento della nuova era dello Spirito Santo, così anche altri spirituali in altre parti d’Europa. Espressione tragica di questo sentire fu, suo malgrado, l’eremita Pietro Angelerio che viveva nell’eremo del Morone (o Morrone) nei pressi di Sulmona (AQ) (1215-1296), eletto papa proprio nella speranza che riuscisse a rispondere con la vita cristiana e la testimonianza della fede al periodo confuso e convulso che la gerarchia stava vivendo (siamo nel periodo che fa da preludio all’esilio avignonese). Prenderà il nome di Celestino V e regnerà per pochi mesi, da agosto a dicembre 1294. Dimessosi, fu costretto a ritirarsi nella rocca del Fumone (nei pressi di Frosinone).
Come primo atto del suo pontificato istituì la famosa perdonanza celestiniana, che concedeva l’indulgenza plenaria a chi si fosse recato nella basilica di S. Maria di Collemaggio a L’Aquila tra i vespri del 28 agosto e i vespri del 29. Si era così pian piano fatta strada nel popolo cristiano l’idea che nel fluire del tempo determinati anni costituissero l’”occasione favorevole” per rendere più prossima la possibilità del cambiamento e della salvezza. Di quanto avvenne nel primo scorcio del 1300 è testimone oculare un nobile e ricco canonico di S. Pietro, poi divenuto cardinale di S. Giorgio al Velabro, Jacopo Caietani degli Stefaneschi, che ci lasciò un diario: De centesimo seu iubileo anno liber.: “S’era andata diffondendo una voce che riguardava l’anno santo, di cui allora si attendeva l’inizio ormai imminente con il numero 1300. Tale voce divulgava una promessa: chi si fosse recato a Roma, nella basilica di S. Pietro, principe degli Apostoli, avrebbe ottenuto la pienissima remissione di tutti i peccati. Con questi inizi cominciò ad accrescersi di giorno in giorno la fede e la frequenza di cittadini e forestieri: alcuni di loro asserivano che nel primo dell’anno secolare si cancellasse la macchia di ogni colpa, mentre negli altri si pensava si lucrasse l’indulgenza per cento anni. E così per la durata di circa due mesi conservavano l’una e l’altra speranza insieme col dubbio”.
Il primo Giubileo, come si evince dalle cronache, non nasce dunque per un riferimento al Giubileo ebraico, né fu una proposta del papato, ma fu espressione del bisogno di redenzione che anima ogni uomo e che nella congiuntura storica specifica emerse con forza nel sentire del popolo. È curiosa la reazione di Bonifacio VIII che, davanti al fenomeno, per prima cosa interrogò la tradizione, chiedendo che fosse fatta una ricerca di archivio, ma, non trovandone alcuna, fece anche interrogare la gente del popolo: gli fu presentato un vecchio centenario, che giurò che suo padre gli avesse raccontato che cento anni prima la Chiesa aveva offerto la remissione di tutti i peccati in memoria dell’Incarnazione del Signore. Di fatto, se ci fosse stato un giubileo nel 1200, sarebbe stato impossibile non trovarne traccia, dato che papa Innocenzo III (1198-1216) aveva introdotto la regolare registrazione di tutti i documenti emanati dalla cancelleria papale, uso che poi fu imitato dalle cancellerie regie europee. Bonifacio, dunque, emise una bolla (Habet antiquorum fida relatio) con cui indiceva il primo Giubileo della storia e la promulgò con una celebrazione in S. Pietro.
Il cardinale Stefaneschi così riporta: “Il dono da offrire al principe degli apostoli è pubblicato nel suo tempio in forma più solenne che altrove: velato l’ambone di drappi ricamati d’oro, ove era salito il presule romano con i padri, e tenuto un discorso alla folla, viene infine recitata la lettera: le sue bolle erano appese a un filo di seta: si trattava di un magnifico dono di delizia”. Si era intanto alla fine di febbraio 1300, il giorno 22, ricorrenza della Cattedra di S. Pietro, data nella quale in S. Pietro veniva esposta alla vista dei fedeli la reliquia del velo della Veronica. Ci fu un grande e inaspettato concorso di popolo, così venne data notizia dell’inizio del Giubileo che, però, veniva fissato retroattivamente al 25 dicembre 1299. Una seconda bolla (Nuper per alias), promulgata sempre il 22 febbraio, definiva i doni del Giubileo e le condizioni per riceverli: è possibile ricevere l’indulgenza plenaria, ma non per un meccanismo. Infatti, occorre essere ben disposti interiormente, pentìti e confessati sacramentalmente e realizzare delle opere buone.
Fu subito collegata al Giubileo l’idea del pellegrinaggio: pellegrinaggio fisico, che descriveva la costanza del pellegrinaggio interiore. Infatti, era prescritta per un mese a chi abitava a Roma la visita alle basiliche di S. Pietro e di S. Paolo. Per coloro che invece venivano da fuori Roma, sarebbero bastate 15 visite. Si stabiliva così che questa speciale guarigione del cuore in cui consisteva l’indulgenza plenaria venisse concessa ogni cento anni. Tali disposizioni furono scolpite su una lapide, che ancora oggi si trova nell’atrio della basilica vaticana, accanto alla Porta Santa, ad imperitura memoria, e fu sintetizzata dalla propaganda in un distico: “Annus centenus Romae semper iubilenus/ crimina laxantur cui paenitet ista donantur/ haec declaravit Bonifatius et roboravit” cioè: “Il centesimo anno a Roma è sempre giubilare/ sono rimessi e condonati i peccati a chi si pente/ questo dichiarò e confermò Bonifacio”.
Nel 1342 - il papato era stato trasferito ad Avignone per le note ragioni storico-politiche fin dal 1305 – una delegazione romana si presentò a papa Clemente VI con la preghiera che il papa presto tornasse a Roma e che indicesse un anno giubilare per il 1350, dato che la vita umana era troppo breve per aspettare il centenario. Il papa si lasciò persuadere e indisse il Giubileo per il 1350, facendo riferimento stavolta alla tradizione biblica: dato che Mosè aveva disposto che ogni cinquant’anni il popolo celebrasse un anno della gioia e della remissione (Lv 25,8-10), occorreva estirpare ogni forma di schiavitù, restaurare la giustizia, anche quella sociale e vivere nella grazia di Dio, in amicizia con Dio e i fratelli. La prassi doveva ripetere il giubileo del 1300, con aggiungendo le celebrazioni giubilare anche nella basilica di S. Giovanni in Laterano, chiesa cattedrale di Roma. Successivamente papa Urbano VI fissò la periodicità del Giubileo ogni 33 anni, in riferimento alla morte di Cristo (1423).
In quell’anno il Giubileo fu aperto da papa Martino V, dopo la ricomposizione del terribile scisma all’interno della Chiesa, che passò alla storia come “scisma d’Occidente”. Questo Giubileo fu importante perché per la prima volta fu aperta la Porta Santa. Essa fu aperta solo nella basilica di S. Giovanni in Laterano. Nel diario di un pellegrino fiorentino, Giovanni Rucellai, si dice che a S. Giovanni ci sono cinque porte e che una resta sempre murata, “eccetto che per l’anno del Giubileo” anno in cui essa viene “smurata” a Natale, inizio dell’anno giubilare. Nel 1470 papa Paolo II stabilì che la ricorrenza si celebrasse ogni 25 anni, a partire dal 1475, ma fu il suo successore, papa Sisto IV, a mettere in atto la sua determinazione. Da allora in poi i Giubilei si celebrarono nella Chiesa ogni 25 anni.
Ad Alessandro VI, il famigerato papa Borgia, si deve la decisione di costruire ed aprire le Porte Sante anche nelle altre basiliche papali, ossia S. Pietro, S. Paolo fuori le mura, S. Maria Maggiore, nel Giubileo del 1500. Si era diffusa infatti nel popolo l’idea che la Porta Santa della basilica di S. Giovanni fosse la porta del pretorio di Pilato, che Gesù attraversò per subire il giudizio. In un secondo momento si credette che il pretorio avesse quattro porte, collocate nelle quattro “basiliche papali”. L’interpretazione ecclesiastica, invece, mantenne fermo il simbolo biblico di Gesù – Porta delle pecore (Gv 10, 1-18), attraverso cui il Popolo di Dio entra ed esce e trova pascolo. Il rito dell’apertura della Porta Santa era molto complesso: veniva aperta all’ora nona, quando fu aperto il fianco di Gesù, e si riteneva che i cristiani dovessero essere altrettante porte di misericordia segnate dal sangue dell’agnello pasquale (Es 12,1-14).
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I Giubilei “straordinari” indetti nell’ultimo secolo però furono i seguenti: nel 1933 Pio XI volle celebrare i 1900 anni dalla morte e risurrezione di Cristo (Anno Santo della Redenzione); nel 1983 l’Anno Santo della Redenzione fu indetto da Giovanni Paolo II; nel 2015 papa Francesco volle celebrare l’Anno Santo della Misericordia. L’Anno Santo del 2025, dunque, è l’occasione favorevole data a questo tempo perché la misericordia di Dio sani le ferite interiori e muova all’impegno perché vengano sanate le ferite dei cuori spezzati dal male e la Chiesa di Cristo accompagni come fiaccola nella notte della storia a prendere coscienza del fatto che “come insegna la Sacra Scrittura, la terra appartiene a Dio e noi tutti vi abitiamo come «forestieri e ospiti» ( Lv 25,23). Se veramente vogliamo preparare nel mondo la via della pace, impegniamoci a rimediare alle cause remote delle ingiustizie, ripianiamo i debiti iniqui e insolvibili, saziamo gli affamati” (Francesco, bolla Spes non confundit).
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