
Teologia e dialogo interreligioso, nuova pubblicazione di Luigi Territo: all’ombra dell’Unico si rigenera il dialogo
Nel cuore del dialogo tra Cristianesimo e Islam, il professor Territo della Pontificia Facoltà di
In campo, troviamo un insospettabile sostenitore della campagna democristiana: padre Pio da Pietralcina
Le elezioni del 18 aprile 1948, le prime politiche dall’entrata in vigore della Costituzione, rappresentano un momento cruciale per la storia italiana. Furono un importante banco di prova per gli equilibri istituzionali post-bellici, dopo i disastri lasciati dal ventennio fascista e la tragedia della guerra. La posta in gioco per l’Italia, che guardava al suo futuro, era molto importante. In ballo non c’era solo il Governo del Paese ma anche la sua appartenenza a uno dei due schieramenti politici internazionali: l’Unione Sovietica o l’America.
Quella campagna, perciò, assunse toni sempre più accesi, polarizzando lo scontro tra comunismo e anticomunismo. Alla Democrazia Cristiana di De Gasperi il compito di battere alle urne il Fronte democratico popolare, che riuniva socialisti e comunisti. La competizione elettorale registrò la partecipazione molto attiva delle gerarchie ecclesiastiche, che da una parte ricorrevano immaginari ideologici, agitando lo spettro dell’ateismo comunista, e dall’altra trovarono l’occasione per dare un forte impulso a una stagione di attivismo religioso nell’Italia libera e democratica. La mobilitazione investi capillarmente tutto il territorio.
Dall’opuscolo della parrocchia, all’Osservatore Romano, dall’omelia domenicale agli articoli più elaborati di Civiltà Cattolica, fu così, con tutti i mezzi possibili di comunicazione, che si costruì la più potente macchina propagandistica mai vista fino a quel momento. L’azione dei cattolici - intensissima - consenti alla DC di De Gasperi di trionfare col il 48,7% dei voti, mentre i frontisti si attestano al 30,7%. A quella vittoria “bianca”, contribuirono molti attori del cattolicesimo organizzato e degli ordini religiosi, ma la storia ne ha trascurato una parte che ebbe un ruolo determinante: i poveri e umili frati cappuccini, strappati alla quiete dei conventi e arruolati nella crociata del 18 aprile.
Un libro: “I frati del popolo”, autore lo storico dell’Università di Genova Graziano Mamone (Le Monnier, pagine 151, euro 14) colma questo oscuramento dei frati cappuccini protagonisti di quelle elezioni. Attraverso lo studio di una corposa documentazione inedita dell’Ordine, nel libro si ricostruisce l’azione, studiata in ogni particolare, dei cappuccini in quelle elezioni. La loro fu una partecipazione silenziosa ma capace di influenzare l’esito della consultazione. Colpisce, la capacità con cui i cappuccini hanno saputo sanno organizzarsi, su base nazionale, regionale o locale.
Sorprende, il loro tentativo di utilizzare il 18 aprile non soltanto come occasione per rispondere a una chiamata alla mobilitazione dei cattolici, ma principalmente l’aver colto l’opportunità per riflettere sul proprio ruolo nel mondo, cercando soluzioni teologiche e pratiche per partecipare al rinnovamento della società. Dai campi alle fabbriche, dalle città alle più piccole frazioni, gli umili frati cappuccini cercarono un contatto con le masse popolari diseredate e indirizzarle al voto a favore della Dc.
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In campo, troviamo un insospettabile sostenitore della campagna democristiana: padre Pio da Pietralcina, che la mattina del 18 aprile, con difficoltà e tra gli insulti di avversari del partito scudocrociato, riuscirà, sofferente, con la mano stigmatizzata, a deporre la scheda nell’urna.
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