Avvenire di Calabria

Il presule, guida pastorale della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, ha inviato il proprio messaggio ai fedeli

Il messaggio di Natale del vescovo Renzo

Luigi Renzo

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Mi piace introdurre il mio messaggio di auguri natalizi a tutti voi con questa espressione molto significativa e compendiosa di S. Gregorio di Nissa: “Dio si mescola alla natura umana per elevare l’uomo all’altezza di Dio” (cf Omelia sul Natale, n. 10). Il “mescolarsi di Dio” dentro la nostra storia anche personale aiuta con molta semplicità a cogliere il senso vero e profondo del mistero della Incarnazione del Figlio di Dio che celebriamo col Natale. La grotta di Betlemme, dove siamo convocati insieme con i pastori, si trasforma, pur nella sua pochezza e povertà, in una “casa di comunione”, in cui tutti ci ritroviamo per contemplare un evento che supera ogni attesa umana e, di fatto, viene a porsi come modello di uno stile di vita e di rapporti umani che non può che essere quello tipico ed identificativo della Chiesa: essere “casa e scuola di comunione”, così come prospettava S. Giovanni Paolo II.

Da poco ci siamo immessi nel secondo anno del nostro Sinodo Diocesano ed abbiamo iniziato ad interrogarci proprio sulla prerogativa irrinunciabile della nostra comunità ecclesiale di essere “casa e scuola di comunione”. Nostro compito sarà di cercare l’uomo per amarlo nella concretezza della sua situazione seguendo l’esempio del nostro Divino Maestro. Gesù, infatti, “mescolandosi” con gli uomini e scegliendo la grotta di Betlemme come “casa del pane” e quindi di “condivisione”, viene a coinvolgersi ed a coinvolgerci in questo disegno grande di essere e di sentirci tutti una sola famiglia in grado di vivere e testimoniare con la nostra carne la stessa “comunione” che esiste nella SS.ma Trinità. È un compito abbastanza serio e gravoso, ma proprio per questo appassionante. “Cosa sta a significare per il Signore il ricovero in una grotta, il giacere in una mangiatoia, il suo mescolarsi alla vita degli uomini se non che trasferendo su di sé le nostre debolezze noi ne fossimo guariti?”, continua a chiedersi il santo di Nissa (ivi, n. 13). La grotta “buia e sotterranea” dove viene a risplendere la luce di Dio, richiama in realtà “la vita buia e sotterranea degli uomini”, su cui il Bambino è venuto ad irrorare la luce del suo amore e della sua misericordia senza limiti.
 
Lui viene ad illuminare e trasformare la pochezza dell’uomo in ricchezza di Dio. Dove arriva quella luce arriva la pace e la gioia, il buio delle tenebre si dissolve ed il “mondo nuovo” sorge all’orizzonte. A questo “mondo nuovo” ed alla forza vitale che sgorga dal Bambino della grotta di Betlemme, dobbiamo guardare ed attingere con fiducia, se davvero vogliamo celebrare il Natale e cambiare in qualche modo il registro del nostro mondo e delle nostre relazioni interpersonali, accompagnandoci al cammino dei pastori, che, se inizialmente si accostano alla mangiatoia piuttosto curiosi e distaccati, dopo se ne ritornano ai loro greggi trasfigurati, caricati e rinnovati nello spirito. Se il nostro accostarci alla grotta è un entrare in una “casa e scuola di comunione”, possiamo venirne fuori solo con lo spirito nuovo dei pastori, che glorificano “Dio nell’alto dei cieli” nel loro cuore e, con buona volontà, si fanno portatori “agli uomini amati dal Signore” della stessa pace esperimentata.
 
Entrare nella grotta, in poche parole, significa metterci alla scuola del Divino Bambino, uniti affabilmente in un comune sentire “cum Ecclesia”, per raccontare a tutti la gioia di aver incontrato Gesù e di essere rimasti “in comunione” visibile e costruttiva con Lui. Il cammino ecclesiale così espresso e motivato, durante il nostro anno sinodale, ci vedrà particolarmente impegnati insieme ai giovani ed alle famiglie, senza escludere gli altri ambiti e percorsi pastorali, soprattutto quelli delle fragilità e debolezze umane di ogni tipo, così come ci è prospettato dall’Instrumentum laboris quale pista per la nostra riflessione comune. “La Chiesa cresce nella semplicità, nel silenzio, nella lode, nel sacrificio eucaristico, nella comunità fraterna, dove tutti si amano e non si spellano”, lontano da “eventi spettacolo” e dalla “mondanità”: questo ci ha raccomandato Papa Francesco qualche settimana fa parlando a S. Marta (cf Omelia del 15 novembre 2018). Ed è proprio lo sforzo di rilanciare “lo stile ecclesiale della testimonianza, della pratica delle buone opere e della preghiera”, che ci rende capaci di cambiare il volto della Chiesa. “Come cresce la Chiesa? Come va avanti la Chiesa che rappresenta il regno di Dio?”, si chiedeva ancora il Papa. La risposta è Gesù stesso ad indicarla nella parabola del seminatore: “il seminatore semina e il seme cresce di giorno, di notte - Dio dà la crescita - e poi si vedono i frutti”. Per raggiungere lo scopo, quindi, “è importante questo, è sempre il Papa a dircelo: primo, la Chiesa cresce in silenzio, di nascosto perchè questo è lo stile ecclesiale”; poi “si manifesta per mezzo dei frutti delle buone opere, perché la gente veda e glorifichi il Padre che è nei cieli, ed infine nella celebrazione dell’Eucarestia”.
 
È proprio qui che “si manifesta, allora, la Chiesa: nell’Eucarestia e nelle buone opere”. Nell’esternare a voi questi sentimenti, auspico e mi auguro che alla fine del Sinodo il sogno si trasformi in realtà, come, credo, sia nelle attese del Signore e nel desiderio e nel cuore di ciascuno. Ciò, comunque, si realizza solo con l’impegno corale di tutti. Sinodo è camminare insieme! Occorre, cioè, convertirci tutti e fare in modo che “la Chiesa che stiamo sognando”, sia quella che fin d’ora abbiamo iniziato a costruire, lasciandoci guidare dallo Spirito del Signore e superando tutte le resistenze che potremo incontrare dentro ed intorno a noi. Come i pastori profondamente rinnovati dall’incontro con Gesù nella grotta, anche noi, penetrati da quella stessa luce e dalla forza della grazia, continuiamo a puntare su una Chiesa “casa e scuola di comunione”, mettendoci alle spalle “le cose di prima” che “ormai sono passate” e non ci devono appartenere più. Auguri veramente di cuore a tutti voi, alle famiglie, ai giovani, ai sofferenti, di un santo e beatificante Natale e di un Anno nuovo ricco di opere buone. Buon Natale e buon inizio di Anno nuovo.

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