Siamo andati a Scilla, perla della Costa Viola per tastare il polso del turismo religioso nell’area dello Stretto. Il parroco, don Francesco Cuzzocrea, ci ha risposto spiegando come stanno andando le cose.
Turismo e turismo religioso. Che anno è stato per Scilla?
Scilla, come tutti sappiamo, per le sue bellezze naturali è da sempre meta turistica e da sempre attira singoli e gruppi, soprattutto nel periodo estivo ma anche in primavera e in autunno. Purtroppo questo, a causa del Covid, è stato un anno particolare. In estate abbiamo registrato la presenza di moltissimi turisti e vacanzieri perlopiù locali ma da ottobre, con l’innalzamento della curva dei contagi, che non hanno risparmiato neppure la nostra cittadina, le visite si sono notevolmente ridotte. Anche il turismo religioso ne ha risentito, e oltretutto, in via cautelativa, abbiamo anche dovuto ridurre le ore di apertura delle chiese, amareggiati soprattutto per la sospensione dell’adorazione notturna disposta dalla Questura di Reggio Calabria a causa del coprifuoco.
Con la riapertura degli spostamenti su scala regionale, si possono avviare delle iniziative? Ci sono le condizioni?
Certamente c’è molta attesa di una ripresa e anche tanto bisogno da parte del comparto economico, in una zona, come la nostra, che vive soprattutto di turismo e di terzo settore. Ma non siamo attualmente pronti per via dell’incertezza normativa e per le attuali condizioni di ordine e decoro urbano. Non dimentichiamo che le attività di ricezione hanno necessità di prepararsi per tempo: disbrigo di pratiche amministrative, manutenzioni, allestimento dei luoghi, reclutamento del personale, pubblicizzazione delle iniziative. E tutto questo necessita di una programmazione di ampio respiro.
C’è stato un sostegno da parte dello Stato per gli operatori nell’ambito del turismo religioso?
Assolutamente nulla. Da tempo aspettiamo una proposta organica da parte delle articolazioni ministeriali per lavorare in sinergia nel comune interesse artistico-culturale e religioso. In questi anni abbiamo dovuto invece registrare richieste o progetti privi di sostegno che, per esclusivo interesse economico, neanche troppo velatamente pretendevano di sfruttare i beni ecclesiastici e il volontariato locale. Crediamo sia necessario maggiore rispetto della peculiare natura dei beni ecclesiastici e maggiore disponibilità da parte dello Stato per arrestarne il degrado e per la loro valorizzazione e fruizione.