Avvenire di Calabria

Trafugata negli anni '60 del secolo scorso e oggi restaurata, l'incredibile storia della settecentesca tela

Il ritorno a casa della Visitazione di Pentidattilo

Completato il restauro, il 14 marzo la storica "restituzione" al patrimonio culturale dell'arcidiocesi di Reggio Calabria - Bova

di Francesco Creazzo

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Trafugata negli anni ’60, ritrovata nel 2021 e oggi restaurata: è l’incredibile storia della settecentesca tela della Visitazione di Pentidattilo. Finalmente "torna a casa" nella sua rinnovata veste.

Una giornata di festa, quella vissuta martedì 14 marzo, per il patrimonio storico dell’arcidiocesi di Reggio-Bova. Un dipinto di altissimo valore storico e artistico è stato restaurato: la Visitazione di Pentidattilo. A darne l’annuncio e a spiegare ogni fase dell’intervento è stata la restauratrice Anna Arcudi che, assieme al collega Francesco Lia ha curato il recupero di un’opera che racchiude in sé un significato simbolico anche per via del luogo a cui appartiene: la chiesa di Pentidattilo.

Alla conferenza di presentazione, che si è tenuta simbolicamente nella “giornata del paesaggio”, presenti anche il direttore dell’ufficio diocesano per i beni culturali don Domenico Rodà, il vicario episcopale per la pastorale della Cultura monsignor Pietro Sergi e l’amministratore parrocchiale di Pentidattilo don Domenico Foti. Dopo i saluti istituzionali, tra cui quello di don Rodà che ha raccomandato ai sacerdoti di «non vivere l’ufficio beni culturali come esclusivamente prescrittivo, ma come un servizio che può aiutare a portare risultati come quello che presentiamo oggi», la presentazione dell’opera è entrata nel vivo.


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Il dipinto ha una storia peculiare. Esposto nella chiesa matrice del pittoresco borgo jonico, era stato trafugato negli anni ’60 e se ne erano perse le tracce. È stato rinvenuto nel 2021, misteriosamente ricomparso nel sottotetto della chiesa, piegato all’interno di un sacco di iuta, quasi completamente devastato. Tramite l’interazione tra la comunità - decisiva al fine della buona riuscita dell’operazione - la parrocchia, gli uffici diocesani e, infine, i restauratori, è iniziato il processo di recupero di un pezzo straordinario. Il valore aggiunto è che il dipinto è stato restaurato in situ, all’interno della stessa chiesa all’ombra del Monte Calvario, e rimarrà esposto all’interno della sua sede originale, così come era stata originariamente concepita dall’ignoto maestro che la realizzò circa 300 anni fa.

L'autore "ignoto" della Visitazione di Pentidattilo

L’autore di questa Visitazione, infatti, resta ignoto e non risultano attualmente visibili scritte dirette che ne possano indicare paternità o contesto di riferimento. Da una prima analisi visiva di tipo tecnico-stilistico, l’opera potrebbe essere ricondotta al periodo tra la seconda metà del diciottesimo e il diciannovesimo secolo. «Infatti – ha spiegato Arcudi - le scelte formali appaiono prossime a modelli del periodo, secondo soluzioni figurative tradizionali e stesure pittoriche tonali su sfondo scuro. In ambito reggino l’unico confronto con un dipinto di medesimo soggetto e periodo può essere fatto con la Visitazione di Antonio Cilea del Museo San Paolo, in cui si possono rintracciare correlazioni con le solo figure in secondo piano.

La conferenza stampa, al centro la restauratrice Anna Arcudi

Dello stesso autore, inoltre, è il dipinto della Madonna di Porto Salvo della vicina Melito che annualmente, il 25 marzo, festa dell’Annunciazione, viene portato in processione proprio nella chiesa di Pentidattilo. Tuttavia il dipinto appare più tardo, soprattutto nel modesto tentativo di rinnovare l’iconografia della Visitazione, sperimentando composizioni forse non del tutto riuscite rispetto invece alla migliore resa dei volumi». Il restauro sicuramente ha migliorato notevolmente la lettura dell’opera fornendo maggiori informazioni agli esperti anche in merito alla definizione di una sua attribuzione.

«Dal punto di vista esecutivo - spiegano - la presenza di una sottile preparazione e di un supporto costituito da un tessuto di produzione ancora artigianale, con filato disomogeneo tessuto a trama tela di media riduzione sembra confermare tale ipotesi cronologica. Anche l’applicazione di un supporto ausiliario, relativo ad un restauro precedente non recente, lascia intendere che la tela originale abbia sofferto un processo di invecchiamento considerevole, col trascorrere di non meno di un secolo dall’intervento di foderatura. 

L'unica testimonianza documentale sul dipinto

L’unico documento scritto in cui compare il dipinto è costituito dalla Relazione della prima visita fatta nella Ditterale Chiesa di Pentedattilo il 18 luglio 1918, (documento custodito presso l’Archivio storico diocesano) durante l’amministrazione del Santo parroco Gaetano Catanoso, da parte dell’arciprete di Melito Porto Salvo don Francesco Malavenda.

In essa, in corrispondenza dell’elenco dei beni presenti nella chiesa, nella sezione “VI - Quadri e Quadretti”, al punto 13 si nomina il quadro della Visitazione». Secondo quan-to riportato dagli abitanti del paese, il quadro, molto scuro tanto da renderne difficile la lettura, dovrebbe essere stato esposto in sagrestia, e precisamente sopra l’architrave della porta che collega i due ambienti. L’opera è stata al centro di una recente storia oscura che sicuramente ha costituito una concausa delle pessime condizioni conservative attuali.

Il quadro racconta l'episodio del Vangelo di Luca

L’episodio della Visitazione viene ampiamente descritto nel primo capitolo del Vangelo di Luca, in cui si racconta del gioioso incontro di due donne, parenti, che si rallegrano entrambe per la miracolosa gravidanza con cui Dio le ha volute benedire. Infatti durante l’Annunciazione, l’Arcangelo Gabriele aveva rivelato a Maria che anche l’anziana parente, Elisabetta, era a sua volta in attesa di un figlio.

La giovane allora si dirige in fretta verso la collina fuori Nazareth per raggiungere la casa di Zaccaria. La scena dipinta rappresenta l’arrivo di Maria che saluta affettuosamente la cugina porgendole la mano. L’anziana parente, posta sulla sopraelevata soglia di casa, ispirata dall’Alto si ritira in un devoto saluto esplicitato dalle mani incrociate al petto e dal capo chino, riconoscendo in Maria la Madre di Dio.


PER APPROFONDIRE: Reggio Calabria, la campana trafugata restituita alla diocesi


In quello stesso momento il bambino le sussulta nel suo grembo e Elisabetta esclama: «Benedetta sei tu tra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno. Maria allora risponde con la preghiera del Magnificat, fermandosi da Elisabetta per circa tre mesi, prestandole aiuto fino alla nascita di Giovanni Battista. All’incontro tra le due donne fa da eco quello interiore tra i due bambini concepiti, che sussultano di gioia nel grembo delle loro madri.

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