Avvenire di Calabria

Dalle ultime indagini emerge la volontà a collaborare della cittadinanza

In Calabria si inizia a denunciare i boss

Davide Imeneo

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Ancora un maxisequestro di stupefacenti a Gioia Tauro: la banchina del Porto è stata presa d'assalto dall'unità cinofila della Guardia di Finanza che, unitamente all'Ufficio Antifrode su input della Direzione distrettuale antimafia, ha svelato come dentro un container proveniente dal Brasile e destinato in Ucraina si celavano 354 panetti di cocaina purissima.
Un business potenziale da 80 milioni di euro che è stato sottratto alla criminalità organizzata calabrese. Un colpo alla 'ndrangheta che segue quello dell'altro ieri quando nell'operazione "Stammer 2" la Procura di Catanzaro aveva individuato gli affari tra il clan Mancuso e i cartelli colombiani della "polvere bianca".
Sede logistica dei summit era la casa di Oksana Verman, quartantenne ucraina, compagna del boss Pittello. Una donna che, dallo scorso gennaio, sta collaborando proprio con il procuratore Nicola Gratteri e il suo pool; dichiarazioni preziosissime che hanno consentino di sequestrare in Colombia ben otto quintali di cocaina pronti ad essere immesse nel mercato europeo attraverso i Mancuso.
Oksana è solo l'ultima delle nuove "fonti" a disposizione dell'Antimafia calabrese. L'intesificarsi dell'attività inquirente, soprattutto nei confronti dei cosiddetti "invisibili", sta squarciando il velo di omertà intorno alle cosche. Poche settimane fa una donna di Cosenza aveva addirittura denunciato il proprio figlio-pusher facendo così smantellare una rete di spacciatori, con 80 soggetti fermati, nella città bruzia. Non più casi isolati, ma una crescente consapevolezza su come Stato stia conducendo una battaglia senza precedenti contro il malaffare gestisto dal Crimine.
Certamente di rilievo è la collaborazione di Andrea Mantella, figlio di una famiglia di 'ndrangheta del vibonese, che ha deciso di raccontare ai pubblici ministeri i rivoli dell'oppressione mafiosa sulla Calabria. Dalle sue deposizioni è scaturita l'operazione "Robin Hood" che ha visto trarre in arresto l'ex assessore al Lavoro della Regione Calabria, Nazareno Salerno che per conto dei Mancuso distraeva i fondi comunitari per i poveri per destinarli alle casse della 'ndrangheta.
In quella operazione vi è stato anche un altro supporto, quello di Bruno Civetta. Civetta non è un mafioso, non lo è mai stato. Avvocato, è stato direttore generale di un settore regionale: quello su cui insistevano gli interessi illeciti del comitato di potere di Nazareno Salerno che – secondo gi inquirenti – non perderà occasione di minacciare lo stesso Civetta. Sarà lui un "colletto bianco" a denunciare la 'ndrina.
Insomma l'imprescrutabile ombra della 'ndrangheta sta iniziando a dilatarsi: il maxiprocesso "Gotha", che porterà alla sbarra l'apice della 'ndrangheta, la componente riservata della Santa, si sta avvalendo di preziosissimi collaboratori, sia interni alle cosche – come Moio, Fiume, Gennaro e De Rose – ma anche tra la politica, come Alberto Sarra, ex sottosegretario del governatore Scopelliti.
La 'ndrangheta fa paura, forse solo un po' di meno. Grazie ad eroi silenziosi, che non cercano i benefit da testimoni di giustizia, come l'operario macedone che per primo ha avuto il coraggio di denunciare i De Stefano, i capi della 'ndrangheta, per un tentativo di pizzo.
Chi denuncia, spesso, non ha alcun ruolo nelle attività criminali, ne è solo un anello debole. Come accade ai familiari, alle donne, che vedono i propri figli o mariti perpetuare azioni delittuose. Certo di strada da percorrere ce ne è molta: nell'operazione "Provvidenza" che ha messo in ginocchio la cosca dei Piromalli si legge - dagli atti dell'inchiesta – come le donne fungano da cintura esterna nella comunicazione fra gli affiliati. Ma episodi come quelli di Oksana non sono sporadici: dagli ambienti delle direzioni distrettuali antimafia si registra un risveglio dal torpore della responsabilità civica. Ci sono sempre più amministratori, come l'assessore ai lavori pubblici di Reggio Calabria, Angela Marcianò, che decidono di denunciare lo stato dell'arte in termini di corruzione e illeciti.

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