di Saveria Maria Gigliotti - Ci sarebbero le dichiarazioni di Andrea Mantella, al vertice della cosca Lo Bianco e ora collaboratore di giustizia, dietro l’operazione che, coordinata dalla Dda di Catanzaro e condotta ieri dai carabinieri tra Vibo Valentia e Roma, ha permesso di decapitare la potente famiglia Bonavota, che, attiva nei comuni del Vibonese di Sant’Onofrio e Maierato, aveva anche ramificazioni nella Capitale.
A finire in manette sei “esponenti apicali”, come li hanno definiti gli inquirenti, dei Bonavota (Domenico, Pasquale e Nicola Bonavota, Onofrio Barbieri, Giuseppe Lopreiato e Domenico Febbraro) accusati, a vario titolo, di omicidio, detenzione e porto di armi comuni e da guerra, danneggiamento, estorsione continuata ed aggravata dal metodo mafioso. L’operazione, nome in codice “Conquista”, ha fatto luce sulle varie dinamiche criminali coincidenti con l’ascesa dei Bonavota, assicurando alla giustizia esecutori e mandanti di due omicidi compiuti nel vibonese nel 2004 e dell'esplosione di colpi di arma da fuoco avvenuti a Maierato nello stesso anno contro l'azienda di conserve alimentari di Filippo Callipo, allora presidente di Confindustria Calabria, e, nel, 2016 al complesso residenziale "Popilia Country Resort".
Un’operazione “importante” l’ha definita Nicola Gratteri, procuratore capo di Catanzaro, nel corso di una conferenza stampa tenuta con il procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri ed i comandanti regionale dell'Arma, generale Andrea Rispoli, e provinciale dei carabinieri di Vibo, colonnello Gianfilippo Magro, insieme al capitano Valerio Palmieri. Importante perché, per il magistrato, ha rappresentato il “banco di prova per le prime dichiarazioni del collaboratore di giustizia Mantella, un pentito fondamentale" che, tra le altre cose, ha collocato i due omicidi "nella guerra tra cosche per imporre la propria autorità sull'area di Maierato in forte espansione industriale e commerciale". Dichiarazioni di Mantella che, come rimarcato da Bombardieri, avrebbero provocato “preoccupazione” tra gli affiliati al punto che due degli indagati da alcuni mesi erano ospitati da conoscenti e non facevano rientro a casa. Coinvolto nell’inchiesta anche un avvocato del Foro di Vibo Valentia, indagato per favoreggiamento aggravato dall'avere agevolato una cosca di 'ndrangheta. Secondo gli inquirenti, il legale avrebbe portato fuori dal carcere un “pizzino” di Mantella ad un imprenditore proprietario del mattatoio nelle cui vicinanze era stato ucciso, il quattro maggio 2004, Raffaele Cracolici: sarebbe stata la testimonianza di quell’imprenditore a fargli evitare il carcere.