
Il segreto di Francesco. La riflessione dell’arcivescovo Morrone sul Papa venuto «dalla fine del mondo»
Un momento di intensa comunione ecclesiale ha riunito la comunità diocesana di Reggio Calabria –
«Gesù ci ha insegnato che all’insensatezza diabolica della violenza si risponde con le armi di Dio, con la preghiera e il digiuno, non smettiamo di pregare, anzi supplichiamo Dio più intensamente». Questo l’invito accorato e continuo di papa Bergoglio per chiedere la pace in Ucraina e nel mondo.
La parrocchia del Santissimo Salvatore ha risposto all’appello del Santo Padre, offrendo, il 10 marzo scorso, alla comunità una veglia per invocare il dono della pace. Il momento di preghiera, animato dal gruppo Scout Asci “Tabor” Rc 3, è stato presieduto dal parroco, don Antonio Bacciarelli.
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I temi del perdono, della conversione dei cuori e della solidarietà sono stati al centro dell’intervento del sacerdote. Il gesto dell’accensione di una candela ha voluto, invece, simboleggiare il desiderio di pace: la luce che sconfigge le tenebre della guerra.
La chiesa, gremita di fedeli, è stata, invece, il segno tangibile di una comunità aperta, accogliente e ospitale nei confronti dei fratelli che vivono la sofferenza del conflitto. Una preghiera condivisa con i rappresentanti della comunità ucraina che, senza esitazione, hanno accettato l’invito a unirsi in preghiera.
C’è stato anche spazio per la testimonianza. Toccante è stata quella di una giovanissima madre e dei suoi due figli, di 16 e 12 anni. Dall’oggi al domani sono stati catapultati fuori casa, costretti a trovare rifugio a migliaia di chilometri dal loro Paese. Tanta emozione nelle parole della donna. Tanta paura e smarrimento nei suoi occhi e in quelli dei suoi ragazzi. Ha raccontato di strade improvvisamente distrutte, edifici residenziali colpiti dai razzi letali lanciati dagli «invasori».
Quanta sofferenza, quando ha rivolto il suo pensiero a colui dal quale si è dovuta separare: il marito, obbligato a rimanere in Ucraina per rispondere alla chiamata alle armi e i suoi genitori chiusi in un bunker in attesa di un auspicato cessate le armi.
La preghiera ha, poi, raggiunto il momento di maggiore intensità quando, nel religioso silenzio, i fratelli ucraini presenti hanno recitato il Padre nostro. È stato un momento che ha richiamato tutti alla responsabilità di sentirsi comunità e Chiesa. Non a caso, Alfonso Canale, segretario della Caritas diocesana, ha parlato di «artigiani di pace», richiamando al ruolo e alla posizione che ciascuno, nel proprio piccolo, deve assumere nei confronti di guerre e atrocità: «la pace è responsabilità di tutti» ha detto.
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Gli Scout, dal canto loro, hanno voluto lasciare la loro traccia richiamando agli ideali di pace, giustizia, non violenza e universalità propri del Vangelo. Lo hanno fatto, condividendo il pensiero del loro fondatore, Robert Baden Powell, nella speranza si possano creare sempre più «connessioni di solidarietà» tra popoli e stabilire alleanze tra comunità bisognose di cura e speranza.
Gli Scout del gruppo Asci "Tabor" Rc3
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