Incendiato un altro asilo Reggio Calabria non ci sta
Federico Minniti
4 Novembre 2016
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A chi danno fastidio gli asili comunali di Reggio Calabria? Sono due gli inquietanti atti intimidatori che hanno distrutto mesi di lavoro per riportare la normalità nelle famiglie di quartieri per antonomasia difficili, come Archi, quartier generale della ’ndrangheta, o periferici, come Santa Venere, rione aspromontano della Città dei Bronzi. Quest’ultimo avvenuto nella notte tra mercoledì e ieri. «Io non so cosa vogliano dire questi gesti, ma sappiamo che il mostro non dorme sotto il letto, riposa accanto a noi»: parole forti quelle usate all’indomani dei fatti di Archi dal sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, ma raggomitolate nel dubbio che si fosse trattato di un episodio isolato, una pagina da archiviare in fretta. Così non è stato: due asili, presidi di educazione e legalità, vandalizzati e incendiati, nelle notti, a pochi giorni dall’inaugurazione. La reazione di Falcomatà questa volta è veemente e non nasconde sentimenti di sgomento, quando osservando i danneggiamenti della notte di fuoco a Santa Venere spiega come si tratti di «atti spregevoli, compiuti da individui che agiscono al buio, di notte, da vigliacchi. A questi soggetti diciamo che potranno continuare a bruciare, noi continueremo a ricostruire. Reggio Calabria non si arrende».L’amarezza resta anche tra quanti si sono impegnati affinché quei locali fossero recuperati grazie ad un uso certosino dei fondi del Piano di azione e coesione del ministero dell’Interno da parte delle Politiche sociali del Comune di Reggio Calabria. Un’attività che coinvolge quasi centosessanta bimbi, dai tre ai sei anni, spazzata via da una tanica di benzina o dalla forza bruta del vandalismo. Ad Archi, ad esempio, hanno distrutto gli infissi esterni ed interni della struttura, riservando alle pareti un’indegna fine da murales di cattivo gusto. A Santa Venere, dove i bambini ogni mattina sono costretti a farsi 25 chilometri per andare all’asilo, è stata la subdola arma del fuoco a distruggere il refettorio, i bagni e le aule. Ma la domanda, assordante, è la stessa: perché? Un interrogativo che unisce le ultime azioni devastatrici agli asili comunali con un tentativo, per fortuna, scampato di appiccare un incendio al nuovo parco giochi, intitolata a Federica Cacozza, una bimba reggina scomparsa a soli quattro anni per un caso di malasanità agli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria. Un parco inaugurato pochi giorni fa, in un altro rione borderline della città, Gebbione. Anche l’arcivescovo di Reggio Calabria, Giuseppe Morosini, ha ribadito con forza la sua condanna per questi gesti criminosi: «Facciamo appello alla coscienza religiosa e civile di tutta la città perché reagisca dinanzi a gesti di violenza. Il ripetersi a breve scadenza di questi episodi ci fa temere che dietro ci sia una regia di morte e non di vita, che non vuole il decollo della nostra città». Diritti dell’infanzia negati, un giogo insostenibile. Cosa arma le intenzioni dei balordi che di notte agiscono sulle spalle dei cittadini più piccoli? Interessi economici, canoni d’affitto e gestione dei servizi, sussurra qualcuno. Gli inquirenti, però, non sciolgono le riserve sui casi che vanno a sommarsi ad un’attività intensa del territorio che però, proprio su quei posti sensibili, li ha trovati sprovvisti di contromisure immediate. Muri imbrattati, porte distrutte, aule incenerite: Archi e Santa Venere, così come tutta la città di Reggio Calabria, si ritrovano ferite nell’animo più candido, quello dei propri piccoli orfani del loro asili.
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