Avvenire di Calabria

L'autore de "I nuovi terroni" traccia ad Avvenire di Calabria un bilancio dei "primi" 162 anni di unità d'Italia

Italia, Pino Aprile: «Tutt’altro che unita, è un Paese ingiusto»

Il giornalista e scrittore: «Il Paese è ancora oggi condizionato da vecchie logiche colonialiste che rischiano di accentuare le già tante diseguaglianze»

di Francesco Chindemi

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Oggi, 17 marzo, è l'anniversario dell'Unità d'Italia. Oltre un secolo e mezzo dopo, cosa effettivamente è cambiato? È stata davvero una conquista? Ne abbiamo parlato con il giornalista e scrittore, Pino Aprile, secondo il quale il processo unitario dell'Italia non si è realizzato per come avrebbe dovuto. «Il nostro Paese - afferma - è ancora condizionato dalle stesse logiche che hanno provocato la nascita della questione meridionale e il sud a diventare colonia del nord».

Italia Unita? L'intervista a Pino Aprile

Centosessantadue anni dopo l’Unità «l’Italia è ancora una costruzione artificiale. Il Sud continua ad essere colonia e con l’autonomia differenziata c’è il serio rischio che il Paese si spezzi». È quanto afferma ad Avvenire di Calabria il giornalista e scrittore Pino Aprile che nelle sue opere, ultima in ordine cronologico “I nuovi terroni”, ha riproposto una rilettura non fiabesca dell’Unità d’Italia e della questione meridionale, contribuendo a riaprire il dibattito politico a livello nazionale.

Insomma, oggi si può parlare di una nuova questione meridionale?

Nei fatti non è cambiato nulla. L’Italia si ritrova nelle stesse condizioni del periodo dell’unificazione, quando il Piemonte, stato ormai fallito e in mano agli strozzini, beneficiò dei soldi degli altri stati annessi, due terzi dei quali, come certificò Francesco Saverio Nitti, capo del Governo e ministro delle finanze, appartenevano ai meridionali.


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Quei soldi sono stati spesi tutti al Nord. Un esempio, riportato dallo stesso Nitti, gli interventi per le bonifiche. Dei 458 milioni di lire dell’epoca una cifra enorme, equivalente a più del Pil del periodo - 455 furono destinati al Nord e 3 milioni al Sud.

Questo cosa c’entra con il presente?

È un esempio per comprendere come quell’Italia, in cui una parte è stata ridotta a colonia interna e un’altra ha tratto tutti i vantaggi dall’unificazione delle economie preesistenti, produca ancora disuguaglianze e disparità di diritti. Basti pensare che per le famiglie e gli anziani che vivono in difficoltà, le fasce deboli della popolazione e i bambini, lo Stato italiano spende pro capite 503 euro al Nord (è il caso di Bolzano) e 6 euro al Sud (come nel caso di Vibo Valentia). Un’ingiustizia. È la conferma che l’Italia non è mai esistita.

L’autonomia differenziata può rappresentare un’opportunità?

No, lo è per i ladri e gli arraffoni. Così come per i razzisti. Con l’autonomia differenziata, le disuguaglianze, già clamorose e paradossali, esploderanno. Scorrerà il sangue. E non è un modo per spaventare la gente. È un dato economico e storico.

Insomma, si avrebbe un’Italia ancora più disunita?

In realtà l’Italia, tra i Paesi del mondo sviluppato, è primo per quantità, estensione, dimensione e numero delle disuguaglianze. Si contende la medaglia d’oro - fra virgolette - con Stati Uniti e Gran Bretagna. È un paese ingiusto, ad esempio, con i suoi giovani e le donne. Nessuno, nel mondo sviluppato, viene trattato peggio di una donna “terrona”, single e madre, disoccupata. Questo è il nostro Paese: l’inferno delle disuguaglianze.

Sembra quasi banale chiederglielo. Cosa bisogna fare, allora, per risolvere definitivamente la questione meridionale?

Avere un’Italia unita. Ma per realizzare ciò è necessario che chi la abita desideri ciò e, soprattutto, agisca per questo. Lo spiegò lo stesso Salvemini - definito un genio da Gobetti - al suo ritorno dall’esilio negli Stati Uniti, dove si rifugiò per sfuggire alla condanna a morte che il regime fascista gli decretò. Volere un Paese unito significa, ad esempio, che un veneto si senta orgoglioso del fatto che realizzare il ponte sullo Stretto sia un vantaggio non solo per i “terroni”, ma anche suo. Salvemini vedeva già lungo quando proponeva di eliminare tutte le leggi a favore del Sud, perché per ogni legge fatta apparentemente per dare uno al Sud, al Nord se ne piglieranno mille. E basta vedere cosa hanno fatto con le Zes. Quando si fanno le leggi bisogna farle pensandole per tutti gli italiani.

In buona sostanza sta parlando dell’inefficacia delle leggi speciali. Anzi, sarebbero dannose?

Sì, proprio perché ogni volta che si fa qualcosa per i meridionali, il Nord ottiene la stessa cosa, la moltiplica per mille e non conviene anche ad altre zone dello Stivale, come le aree interne che coprono il 70% del territorio nazionale quindi ben più del 41% dell’intero Mezzogiorno - che vivono gli stessi problemi del Sud. Le leggi speciali sono ingiuste. Gli interventi, in linea con i principi costituzionali, vanno pensati senza fare discriminazioni a favore di uno o dell’altro territorio.

Così si supererebbe anche quanto prospettato dal regionalismo differenziato?

L’autonomia differenziata accresce le differenze tra i cittadini di uno stesso Stato. I diritti vengono commisurati alla ricchezza territoriale e non alla cittadinanza. L’equità territoriale, invece, ha un’altra funzione mettere tutti nella stessa condizione di poter fare le stesse cose. Ovunque ci sia un mio simile che viene diminuito nei suoi diritti, nella sua qualità umana, anche la mia libertà è in pericolo, perché passa un principio che qualcuno può essere meno uguale degli altri.


PER APPROFONDIRE: Autonomia differenziata, la posizione di Occhiuto spacca la Calabria


Un paradosso pensando che l’Italia sulla carta nasce come Stato centralista, ma che in realtà, già con l’attuale regionalismo, è tra i paesi europei a delegare più poteri più risorse, più spesa e più decisioni alla periferia. Al contrario della Germania che sulla carta è, invece, federalista, ma delega ai Lander che dovrebbero essere come dei mini stati una quantità di competenze, poteri e risorse infinitamente inferiore a quelli delle regioni italiane.

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