Avvenire di Calabria

Anteprima dell'intervista esclusiva al procuratore capo, Cafiero De Raho

La Calabria delle supercar è cosa della ‘ndrangheta

Federico Minniti

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Supercar e cosche. L'ombra della 'ndrangheta su quei numeri “che non tornano”. La Calabria, infatti, è la regione con il più alto tasso di disoccupazione e allo stesso tempo quella con più macchine di lusso su strada.
I dati sono inequivocabili: secondo l'Istat, nel 2015 , il 22,9% dei calabresi non lavora. Cifre confermate anche rispetto ad un ulteriore ricerca statistica operata dalla Cgia di Mestre che certifica come la Calabria sia la regione più “a rischio fiscale”, ossia con meno probabilità di pagamento delle tasse, con il 73,8% di evasori; dato sintomatico rispetto al lavoro nero o “anomalo”.
Numeri impietosi che però non collimano con i beni di lusso presenti in Calabria, con particolare riferimento alle supercar da centomila euro in su, come Ferrari, Aston Martin, Lamborghini e Porsche.
Una scuderia straordinaria, come confermano i dati emessi dall'Automobile Club Italia. Sarebbero oltre sei mila le macchine per i “milionari”, invisibili al fisco, presenti in Calabria; peccato che – secondo l'Agenzia delle Entrate – verificando le dichiarazioni Irpef del 2015 sono poco più di duemila, i calabresi con un reddito superiore ai 120mila euro, che potrebbero “permettersele”.
Un tasso di incidenza altissimo: basti pensare che la Calabria è al primo posto per il rapporto tra ricchi e macchine di lusso, mentre fanalino di coda – secondo una ricerca dell'economista Montanari – sono Lombardia e Piemonte. Una passione per la velocità che ha destato, da subito, forti perplessità alla direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, coordinata dal procuratore capo, Federico Cafiero De Raho che in esclusiva ad Avvenire spiega il lavoro dei magistrati reggini in questa direzione.
«Quante volte notiamo una persona che gira con auto di lusso o vive in ville sfarzose, ma non ha un lavoro? Quei soldi devono provenire per forza da fonti illecite». Una verità dei fatti, che secondo Cafiero De Raho, trova finalmente riscontro grazie all'applicazione delle misure preventive: «la ricerca meticolosa della Guardia di Finanza e delle altre polizie giudiziarie ha portato a scovare ingenti fiumi di denaro così “nascosti”» . Sul tema dei tesori celati, Cafiero De Raho ha le idee chiare.
Un ragionamento investigativo alla base delle ultime indagini sul livello della “borghesia mafiosa”. «La cosa interessante è tradurre la quantità degli stupefacenti nella capacità economica della 'ndrangheta ed è semplice capire quanto la criminalità può essere utile alla borghesia. Quel rapporto resta “pulito” grazie alle relazioni massoniche: alle cosche è sufficiente nascondere le proprie ricchezze». Eppure annualmente sono miliardarie le confische che colpiscono i clan.
Ma non è abbastanza: per questo la Procura di Reggio Calabria ha inasprito l'utilizzo delle misure di prevenzione: «Rappresentano lo strumento che ha prodotto i maggiori risultati dal punto di vista della sottrazione delle ricchezze mafiose; - dice il procuratore capo di Reggio - circa il 90% dei beni sequestrati deriva proprio da questo lavoro straordinario per individuare patrimoni di 'ndrangheta che non riuscirebbero ad essere sottratti con le forme ordinarie del processo penale». «Credo sia realmente una conquista di civiltà», dice De Raho spiegando come a livello internazionale quella delle misure di prevenzione stia diventando una prassi stimata.
«Operiamo con un organico costantemente sottodimensionato – conclude il procuratore capo di Reggio Calabria – ma il risultato, quasi un miliardo di euro sequestrato, ci fa ben sperare per limitare quei flussi di denaro criminale».

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