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Reggio Calabria, il Serra Club incontra don Simone Gatto
Nel salone parrocchiale del Santuario di San Paolo, il direttivo del Club Serra di Reggio
Quando c’è di mezzo l’Istituto distatistica non c’è spazio per fantasie o immaginazioni.
I numeri parlano più di ogni altra cosa e non si prestano ad interpretazioni. Esercizio quest’ultimo, invece, alquanto diffuso tra chi è deputato ad amministrare la cosa pubblica, segnatamente le politiche attive del lavoro e quelle sociali. Ma tant’è.
L’ultimissima “infornata” di dati a proposito della povertà è sin troppo eloquente. «Nel 2015 si stima che il 28,7% delle persone residenti in Italia sia a rischio di povertà o esclusione sociale ovvero, secondo la definizione adottata nell'ambito della Strategia Europa 2020, si trovano almeno in una delle seguenti condizioni: rischio di povertà, grave deprivazione materiale, bassa intensità di lavoro».
Prosegue l’Istat: «La quota è sostanzialmente stabile rispetto al 2014 (era al 28,3%) a sintesi di un aumento degli individui a rischio di povertà (dal 19,4% a 19,9%) e del calo di quelli che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (da 12,1% a 11,7%); resta invece invariata la stima di chi vive in famiglie gravemente deprivate (11,5%)».
Non solo: «la metà delle famiglie residenti in Italia percepisce un reddito netto non superiore a 24.190 euro l’anno (circa 2.016 euro al mese), sostanzialmente stabile rispetto al 2013; nel Mezzogiorno scende a 20.000 euro (circa 1.667 euro mensili)». La povertà non muta longitudini e latitudini.
«Il Mezzogiorno è ancora l'area più esposta: nel 2015 la stima delle persone coinvolte sale al 46,4%, dal 45,6% dell'anno precedente. La quota è in aumento anche al Centro (da 22,1% a 24%) ma riguarda meno di un quarto delle persone, mentre al Nord si registra un calo dal 17,9% al 17,4%».
La “geografia politica” del “rischio di povertà o esclusione sociale” vede “svettare” la Sicilia (55,4%), seguita da Puglia (47,8%), Campania (46,1%), e Calabria (44,2%). Il dato calabrese è in crescita rispetto al 2014, altrettanto dicasi per gli altri indicatori, cioè «il rischio di povertà e la grave deprivazione».
Il quadro è estremamente grave, ma non sorprende più di tanto chi, quotidianamente vive a stretto contatto con chi fatica ad apparecchiare la tavola.
E tra costoro, non solo in riva allo Stretto, ci sono in modo particolare le parrocchie, i centri di ascolto, primo ed autentico baluardo contro una deriva senza precedenti. I “pacchi” per le famiglie con generi di consumo a lunga conservazione sono in crescita esponenziale.
Complice l’avversa congiuntura economica anche il ceto medio ha visto erodere gravemente il potere di acquisto, scivolando tra coloro i quali si barcamenano alla meno peggio per arrivare alla terza settimana del mese.
Tuttavia qualcosa non sembra tornare. A fronte dei dati, quasi uno su due è a rischio povertà, la protesta non monta.
Nei danari facili, in quelli illeciti, nei proventi in nero, c’è verosimilmente la risposta?
Nel salone parrocchiale del Santuario di San Paolo, il direttivo del Club Serra di Reggio
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