Avvenire di Calabria

Chiuse le indagini su quella che - secondo la Dda di Reggio Calabria - sarebbe l'ala imprenditoriale dei Piromalli

La «Cumbertazione» dei Bagalà sui lavori pubblici

Federico Minniti

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«Cumbertazione», il cerchio si chiude: alle 25 persone sottoposte a fermo lo scorso 19 gennaio sono state comminate altrettanto ordinanze di misura cautelare. Si tratta del presunto "cartello imprenditoriale" della supercosca di 'ndrangheta dei Piromalli, destinataria di due imponenti operazioni nell'ultimo mese.
Quella che si è conclusa oggi mira a evidenziare le pesanti ingerenze della cosca nel merito degli appalti pubblici dei quali svariati, per un valore di 90 milioni di euro, sono finiti nelle mani di quelli che sono considerati soggetti intranei all'organizzazione malavitosa.
Non più e non solo "prestanome", ma veri e propri businessman per conto della 'ndrina: su tutti la famiglia Bagalà considerata dalla Dda di Reggio Calabria, che ha coordinato le indagini portate avanti dagli uomini del Gico della poliza tributaria delle fiamme gialle, un'articolazione della stessa cosca Piromalli.
Le indagini, in particolare, hanno accertato il diretto coinvolgimento del gruppo imprenditoriale Bagalà, che ha costituito e consolidato negli anni una posizione di assoluto predominio nel settore degli appalti pubblici in Calabria, riuscendo sistematicamente a turbare almeno 27 gare indette da plurime stazioni appaltanti.
Questo grazie anche alla connivenza con funzionari pubblici, tra cui Angela Nicoletta e Giovanni Fiordaliso. La prima era la propaggine, secondo gli inquirenti, del gruppo all'interno del comune-feudo di Gioia Tauro; diversa la posizione di Fiordaliso, ingegnere romano dell'Anas, amante dei rolex e dei viaggi, soprattutto a Taorimina, location "omaggiata" dal gruppo chiuso della «Cumbertazione».
Una strategia che i Piromalli, nelle persone dei "loro" Bagalà, avevano condiviso con il potente clan Muto di Cosenza, nell'eminenza imprenditoriale dell'appaltatore Barbieri. Con lui e con Cittadini, di fatti, i Bagalà hanno fatto per diversi anni "all-in" nelle forniture pubbliche catalizzando quasi un centinaio di milioni di euro di soldi dei contribuenti.
L'indagine ha portato al sequestro di 60 aziende per un valore di oltre 200 milioni di euro. Sempre nell'ambito di questo procedimento, oggi, è stato arrestato anche uno degli uomini di punta del clan Muto di Cosenza latitante da un mese. Si tratta di Giuseppe Antonuccio, detto "Garibaldi", che è stato fermato a Cetraro (Cosenza).

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