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La mensa di San Francesco “resiste” al Covid-19: «Una porta sempre aperta». La mensa gestita dai francescani ogni giorno serve cinquanta poveri. A causa del Covid la distribuzione è solo da asporto.
La mascherina non riesce a trattenere il sorriso sincero che frati e volontari ci rivolgono al nostro arrivo presso il convento di San Francesco d’Assisi nel quartiere Sbarre, periferia sud di Reggio Calabria. Dopo i saluti, ognuno torna al proprio “posto di combattimento”. Un ossimoro, sia chiaro, visto che stiamo visitando un’oasi di pace dove si respira, ad ogni passo, lo spirito francescano che anima il servizio-mensa dedicato agli indigenti della città.
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Ad accoglierci ci sono i responsabili, padre Giovanni Aitollo e Matilde Spadaro. In cucina, un gruppo di volontari - ad appannaggio femminile - alle prese coi fornelli e l’imbustamento del cibo da asporto. Come nelle altre mense coordinate dalla Caritas diocesana di Reggio Calabria Bova, infatti, il coronavirus ha imposto un brusco stop - da quasi due anni - alla distribuzione dei pasti caldi in refettorio.
Così i cinquanta indigenti che tutti i giorni, dal lunedì al sabato, bussano alla porta del convento trovano sì aperto, ma con una busta contenente solitamente un primo, un secondo, un dolce e la frutta. «Quando sappiamo che fanno il compleanno proviamo a fare anche un pezzo di torta per tutti» ci dice Matilde Spadaro.
La responsabile evidenzia questa curiosità per sottolineare la forza propulsiva della mensa di San Francesco: «Questa è una famiglia; se non vediamo per due giorni consecutivi qualcuno dei nostri ospiti, telefoniamo immediatamente. E lo stesso fanno loro se non trovano qualcuno di noi».
Un prendersi cura vicendevole. Da una parte, la risposta ai beni di prima necessità degli indigenti, dall’altra un affetto genuino. «Se si vuole vedere la Chiesa in uscita di cui parla papa Francesco - afferma padre Giovanni Aitollo - si può benissimo venire qui».
Ciò che entusiasma il francescano, poi, è il grande gioco di squadra: «Questa mensa vive soprattutto grazie alle donazioni dei fedeli e attraverso un protocollo d’intesa col Banco Alimentare. Posso garantire che qui, la Provvidenza non è mai mancata». Chiaramente i momenti di difficoltà non mancano, così come le spese da sostenere «l’asporto ha raddoppiato i costi» spiega Spadaro. Ma a supportare i frati e i volontari è il carisma del Poverello d’Assisi.
PER APPROFONDIRE: La mensa dei poveri della parrocchia reggina del Soccorso
Una perfetta osmosi tra la comunità parrocchiale (di cui parleremo in un’altra parte del giornale, ndr) e l’attività solidale “regge” anche di fronte agli impatti più duri, come la pandemia che sta ancora imperversando.
«Tantissimi dei nostri amici sono extracomunitari, ma negli ultimi due anni si sono moltiplicati gli italiani che chiedono aiuto» rimarca padre Aitollo. C’è, poi, una “categoria” del tutto particolare che in tanti dimenticano. «Tanti pensionati soli sono sostenuti da noi - dice Matilde Spadaro - al loro assegno sociale va aggiunta la solitudine, un mix che li porta ai margini della società». Loro, gli anziani, i più colpiti dall’emergenza coronavirus.
Quando ci accostiamo assieme ai volontari all’atto della distribuzione che avviene sul cancello che separa la strada dal convento, carpiamo una profonda intesa. Una bella lezione d’amore circolare che nessun virus potrà arrestare.
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