Avvenire di Calabria

Nel nuovo libro di Gianni Marcianò, 'L’Amore che serve ', viene ripercorsa la storia recente delle opere-segno

La pedagogia di don Italo Calabrò

Redazione Web

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«I poveri non sono “altri”, ma parte privilegiata della comunità ecclesiale». Parte da queste parole di don Italo Calabrò, il libro di Gianni Marcianò dal titolo L’Amore che serve sulle Case di Accoglienza diocesane tra profezia, pedagogia e servizio.

Un’opera–testimonianza dell’azione di don Italo partendo proprio dal servizio agli ultimi, arricchita da tantissimi ricordi personali e comunitari, sostenuti dalla memoria storia dell’archivio fotografico della Caritas diocesana di Reggio Calabria – Bova. «Ci sono i frutti della sua vita a parlare – scrive monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, arcivescovo reggino – sono tutti segno della carità con la quale don Italo ha amato i più poveri, i più emarginati, i più esclusi dalla collettività». Nelle oltre duecento pagine del libro, infatti, ognuna di queste storie di impegno prende forma, assume sembianze antiche, ma al contempo sempre nuove. È l’aderenza al messaggio evangelico a rinnovare lo spirito innovatore di don Italo che amava dire: «Io mi sentirei veramente fallito come uomo, come cristiano, come prete, se dovessi arrivare a questa conclusione: io non lotto con gli altri». Uno spirito comunitario che si è trasferito nel “gioco di squadra” che oggi la Caritas diocesana ha ereditato prima da don Calabrò, poi da don Iachino fino all’attuale direttore don Pangallo. A tracciare un profilo biografico di don Italo ci pensa proprio don Nino Iachino: «Ha collaborato instancabilmente – si legge nella prefezione del libro – per l’accoglienza in Diocesi di tutti gli insegnamenti conciliari». Un’attenzione pastorale che ha trovato eco anche – e soprattutto – nelle opere di carità che «devono essere abitati dalla comunità cristiana, da essa sostenuti e valorizzati come esemplari, capaci di suggerire nuove risposte, piccole e significative, ai bisogni disattesi, emergenti sul territorio». Questa era la modernità dell’azione e del pensiero di don Italo.

Un’accelerazione emotiva, una tensione morale che ha “trascinato” centinaia di uomini e donne reggine nel servizio e nella gratuità. A rendere onore alla verità le fotografie che immortalano quanti hanno riconosciuto lo sguardo di Cristo negli occhi dei poveri.

Così parlando di don Italo è naturale finire di raccontare la storia delle Case di Accoglienza diocesane. «Comunità – scrivono don Nino Pangallo e Roberto Petrolino – e che accolgono i poveri, ma li accolgono perché sono comunità cristiane».

Non manca, infine, un capitolo – il dodicesimo – dedicato proprio al Soggiorno Sociale a cui come settimanale stiamo dedicando un ampio reportage.

Nella foto (dell'archivio Caritas diocesana di Reggio Calabria-Bova) don Italo ad uno dei primi soggiorni sociali.

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