Avvenire di Calabria

La Gife Srl dal 2001 al 2012 unì formalmente l'attuale presidente della commissione antimafia con il reggente di un clan

La società in comune tra il boss Catarisano e Arturo Bova

Federico Minniti

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Per alcuni «un atto di dignità», per altri una semplice «presa di posizione necessaria». Sta di fatto che Arturo Bova, da oggi, non è più il presidente della commissione antimafia della Regione Calabria. L'autosospensione dall'incarico, per stessa ammissione di Bova, arriva dopo il suo coinvolgimento (seppure senza risultare mai indagato) nell'operazione “Jonny” condotta dalla Dda di Catanzaro. Nell'inchiesta sugli intrecci di potere e 'ndrangheta gestiti dalla potente cosca degli Arena di Isola Capo Rizzuto è emersa anche la posizione del clan Catarisano di Roccelletta di Borgia (Catanzaro) che in modo subalterno ne rappresentavano una propaggine sul territorio. Un clan, quello guidato – secondo gli inquirenti – da Leonardo, detto Nando, Catarisano che non mancava di intraprendenza, come riporta l'annuale relazione della Dia per il 2017. Una crescita criminale che li proiettava anche al nord del Paese, in Lombardia, con interessi (già passati in giudicato) sulla sanità e sugli appalti milionari. Ma cosa c'entra Arturo Bova con i Catarisano? I legami sarebbero da rintracciare in una visura camerale e in particolar modo sui cambiamenti alla guida amministrativa della Gife Srl, un'azienda edile. Dal settembre 2001 all'aprile 2008, Arturo Bova sarebbe stato l'amministratore degli affari di Nando Catarisano. Una vicenda sui cui Bova ha voluto abbozzare una prima arringa difensiva definendosi «disinteressato» all'azienda pur facendone parte. Non si tratta, altresì, di un incarico conferito ad un legale affermato, ma una compartecipazione societaria perché – da quanto si evince da documenti camerali – lo stesso Bova fino al 2012 fu titolare del 30% delle quote sociali della Gife Srl. Socio dei Catarisano e primo cittadino di Amaroni, paesino a pochi chilometri di distanza dal feudo di Roccelletta di Borgia.
È in quegli anni che la carriera politica di Arturo Bova, da sempre fedelissimo all'area democrat del Pd, ha un'impennata: nel 2009 diventa per la prima volta sindaco del paese nel catanzarese, carica confermata per il secondo mandato con un plebiscitario 94,6%. Nello stesso anno, il 2014, raggiunge Palazzo Campanella ottenendo quasi tremila preferenze. Un tipo focoso con una ridondante ricerca della “trasparenza” nei palazzi istituzionali. Nell'estate del 2016 , Arturo Bova – a tal proposito - si rese protagonista di una clamorosa azione contro il suo capostruttura, Carlo Piroso, una volta conosciuta la sua aderenza ad una loggia massonica del Grande Oriente di Italia. «Prendiamo atto della decisione di Bova di autosospendersi dalla carica di presidente della commissione regionale antimafia – ha detto Ernesto Magorno, segretario regionale del Pd -, ribadendo la necessità di garantire la giusta serenità alle istituzioni calabresi e di preservarle da ogni forma di strumentalizzazione». Questo il commento ufficiale dal Partito Democratico calabrese; dal governatore Mario Oliverio, invece, un serrato silenzio stampa.

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