Avvenire di Calabria

Dai migranti all'ambiente, passando per la fraternità, l'inclusione e la misericordia: la consegna di Bergoglio alla storia

La spiritualità relazionale, un’eredità viva che papa Francesco ha consegnato alla Chiesa

I dieci temi fondanti del Pontificato riletti alla luce del suo ultimo documento consegnato alla Chiesa: le meditazioni della Via Crucis di venerdì scorso

di Davide Imeneo

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Nell’ultima Settimana Santa del suo pontificato, Papa Francesco ha consegnato alla Chiesa una Via Crucis che oggi possiamo leggere come una eredità spirituale. È l’ultimo documento pubblico di un Papa che, fino all’ultimo respiro, ha desiderato parlare al cuore del mondo. Non con proclami, ma con il linguaggio della preghiera, della contemplazione, del cammino condiviso. Una Via Crucis che si fa via di popolo, di conversione e di speranza.

Dieci sono i temi-chiave che emergono da queste meditazioni, vere e proprie pietre miliari lasciate sul sentiero della Chiesa del futuro.

1. Conversione come cambiamento di direzione

“La via del Calvario passa in mezzo alle nostre strade di tutti i giorni” – così si apre la Via Crucis di Papa Francesco, con parole che suonano come una chiamata personale. Il Papa non parla di una religiosità astratta, ma di una fede che interrompe la routine, che ci sorprende mentre “andiamo nella direzione opposta”. La conversione, per Francesco, non è moralismo né perfezionismo, ma uno spostamento del cuore…si tratta di un tema caro al Magistero di Francesco. È riconoscere uno sguardo – quello di Cristo – che ci legge dentro e ci invita a seguire le sue tracce. È avere il coraggio di fermarsi, di cambiare rotta, di affidarsi. Non basta “essere buoni”: bisogna lasciarsi attrarre dallo sguardo di un Dio che ci ama e ci chiama a un’esistenza nuova: «Possiamo voltarci, guardarti, seguirti. Possiamo immedesimarci nel tuo cammino e intuire che è meglio cambiare direzione». Nel mondo della fretta e del calcolo, questo invito suona rivoluzionario…un invito che ha ripetuto tante volte nei suoi discorsi. È il primo passo di ogni cammino di fede, ed è anche il primo lascito del Papa che ci ha insegnato che Dio, prima ancora di chiedere, si mette in cammino verso di noi.

2. Libertà e responsabilità

Il Papa sottolinea la dignità della libertà umana, persino quella di sbagliare, ma ne mostra anche la fragilità. La via della croce è la via delle scelte vere, non dei compromessi. È la via di chi non si lava le mani, ma si coinvolge.

Papa Francesco ci accompagna davanti a un dramma silenzioso e attualissimo: la responsabilità delle scelte. Pilato sa che Gesù è innocente, ma non lo libera. Erode è attratto da lui, ma non lo ascolta. La folla ha in mano la possibilità di cambiare la storia, ma preferisce l’abitudine. Francesco chiama tutto questo con il suo nome: «libertà mal usata», un tema che spesso è emerso, soprattutto nei suoi dialoghi con i giovani. E ci mostra che Dio, nella sua tenerezza, continua a fidarsi anche quando noi sbagliamo. Gesù si mette “irrevocabilmente” nelle mani dell’uomo, anche quando quelle mani tremano o colpiscono.

Il Papa ci lascia una provocazione profonda: non basta sapere cosa è bene, bisogna sceglierlo. Anche quando costa. Anche quando ci mette controcorrente. La vera libertà non è fare ciò che si vuole, ma volere ciò che salva.

3. Il volto di Cristo nei volti degli altri

Nella Veronica, nelle madri, nei peccatori, Francesco ci insegna a cercare il volto di Cristo…questo è probabilmente il messaggio più efficace del Pontificato di Papa Francesco. Un volto che chiede compassione, ascolto, presenza. Il cristianesimo è incarnato o non è. Il Papa ci invita a cercare il volto del Risorto negli altri, a riconoscere il cuore di Dio che ama fino alla fine. Ma questo volto non è solo un’immagine spirituale: è incarnato, è presente nei volti degli altri, soprattutto dei più piccoli, dei più sofferenti, dei dimenticati. “Ogni volta che ci volgiamo al più piccolo, infatti, diamo attenzione alle tue membra e tu resti con noi.”

La spiritualità di Papa Francesco è profondamente relazionale: non si dà esperienza di Dio che non passi per il volto dell’altro. È qui che si gioca la verità della fede, nella carne viva della compassione e dell’ascolto. Chi guarda Cristo davvero, cambia volto: diventa più umano, più luminoso, più capace di accoglienza.

4. La fragilità come luogo di grazia

Nella sua Via Crucis, Francesco ci libera da una visione perfezionista della fede…e lo ha fatto tante, ma tante volte durante i suoi discorsi pubblici. La vita cristiana non è una marcia trionfale, ma un cammino artigianale, fatto di inciampi, di ritorni, di pazienza. Gesù, cadendo, abbraccia tutte le nostre cadute: quelle che ci umiliano, quelle che ci spaventano, quelle che nascondiamo. “Gli umani non vengono alla luce meccanicamente, ma artigianalmente: siamo pezzi unici, intreccio di grazia e di responsabilità.” In un mondo che esige prestazioni e punisce i fallimenti, il Papa ci annuncia un’altra logica: quella della misericordia, tema fondativo del suo pontificato, tanto da rientrare anche nel suo motto. La fragilità non è da nascondere, ma da accogliere. È il terreno in cui Dio semina la speranza. Chi cade può essere rialzato. E chi è rialzato può rialzare altri.

5. Una Chiesa dal cuore materno

Tra le figure che hanno accompagnato il pontificato di Francesco c’è sicuramente la Beata Vergine Maria…come poter dimenticare le reiterate visite alla Sacra Effigie della Salus Populi Romani, la Madonna venerata nella città di Roma? Papa Francesco, nelle sue meditazioni della Via Crucis, dedica a Maria una stazione intensa, riconoscendo in lei la prima discepola, la Madre che “non concede nulla alla morte”. In lei il Papa vede la forma della Chiesa che ha sognato: una Chiesa che ascolta e custodisce, che accompagna con intelligenza del cuore, che genera vita anche nei luoghi della morte. Maria non fugge, non interviene, non grida: sta. E questo “stare” è atto di fede, è gesto profetico, è maternità che sostiene e consola. “Lo sa ogni madre: un figlio sorprende. Seguirti è lasciarti andare, averti è fare spazio alla tua novità.” Papa Francesco ci consegna così un volto materno della Chiesa: capace di accogliere, proteggere, orientare. Una Chiesa che non domina, ma accompagna. Che non impone, ma ascolta. Che non giudica, ma consola. È il cuore della Chiesa che salva: quello che ama come una madre, e per questo non si arrende mai.

6. La fraternità da ricucire

Nella stazione dello spogliamento, Papa Francesco contempla Gesù privato delle sue vesti, esposto alla vergogna e alla violenza. In questa immagine, il Papa intravede la condizione della Chiesa: un corpo ferito, lacerato da divisioni interne, scandali, indifferenza e disuguaglianze. Tuttavia, è proprio in questa nudità che risiede la possibilità di una rinascita, di una Chiesa che si spoglia del superfluo per rivestirsi di misericordia e compassione.​ “Se la Chiesa ti appare oggi come una veste lacerata, insegnaci a ritessere la nostra fraternità.”​ Questo invito alla "ricucitura" è stato al centro dell'assemblea diocesana di Roma del 25 ottobre 2024, intitolata "Ricucire lo strappo: oltre le disuguaglianze". In quell'occasione, Papa Francesco ha esortato la comunità ecclesiale a riconoscere le ferite del tessuto sociale e a impegnarsi attivamente per sanarle, promuovendo alleanze che mettano al centro la dignità della persona umana e superino le contrapposizioni. Questa visione si riflette anche nell'enciclica Fratelli tutti, dove il Papa sottolinea l'importanza di una fraternità universale che abbatta i muri dell'indifferenza e costruisca ponti di solidarietà. La Chiesa, pur riconoscendo le proprie fragilità, è chiamata a essere "ospedale da campo", luogo di accoglienza e cura per tutti, senza esclusioni.​ E poi…quante volte il Papa ha ribadito il tema dell’accoglienza davanti al dramma degli sbarchi e dei naufragi? Il suo magistero diventa un appello a ogni credente: riconoscere le ferite della Chiesa non per scoraggiarsi, ma per diventare artigiani di fraternità, tessitori di unità, costruttori di una comunità che, pur nelle sue imperfezioni, riflette l'amore misericordioso di Cristo.

7. Il perdono come potenza che cambia il mondo

Nella stazione della crocifissione, Papa Francesco contempla Gesù che, inchiodato sulla croce, non si chiude nel dolore ma intercede e perdona. Questo gesto supremo diventa per il Papa il paradigma di una Chiesa chiamata a essere strumento di misericordia e riconciliazione.​ “Tu, inchiodato, intercedi.”​ Questo tema è stato centrale nel pontificato di Francesco, che ha costantemente sottolineato l'importanza del perdono come via per la pace e la guarigione, basti pensare al Giubileo straordinario della Misericordia celebrato nel 2016. Durante l'Angelus del 17 settembre 2023, ha affermato:​ “Quando si perdona non si calcola, è bene perdonare tutto e sempre! Proprio come fa Dio con noi.” Nel 2016, con la Lettera Apostolica Misericordia et misera, ha ribadito che la misericordia non può essere una parentesi nella vita della Chiesa, ma ne costituisce l'essenza stessa. ​Inoltre, ha istituito i "Missionari della Misericordia", sottolineando l'urgenza di una Chiesa che perdona senza indugi. ​Papa Francesco ci ha sempre invitati a vivere il perdono non come un'eccezione, ma come la norma della vita cristiana, seguendo l'esempio di Cristo che, anche nel momento del massimo dolore, ha scelto di amare e perdonare.​

8. Il tempo del sabato, del riposo, dell’attesa

Nella stazione della sepoltura, Papa Francesco ci invita a contemplare il Sabato Santo come tempo di silenzio e attesa. È il giorno in cui Gesù giace nel sepolcro, e la Chiesa, in silenzio, attende la Risurrezione. Il Papa lo definisce “il giorno del silenzio di Dio”, un silenzio che parla ed esprime l’amore come solidarietà con gli abbandonati da sempre.​ Questo silenzio non è vuoto, ma è un tempo fecondo. È il tempo del seme che, caduto in terra, muore per portare frutto. È il tempo della speranza che germoglia nel cuore della notte. Papa Francesco ci ricorda che, come Maria, la Madre del Signore, anche noi siamo chiamati a vivere questo silenzio con fede e speranza, attendendo la luce della Risurrezione.​ Nel suo pontificato, Francesco ha più volte sottolineato l’importanza del silenzio e dell’attesa. In un mondo frenetico, il Sabato Santo ci insegna a fermarci, a contemplare, a sperare. È un invito a riscoprire il valore del silenzio come spazio in cui Dio parla al cuore dell’uomo.​ Così, il Sabato Santo diventa un tempo prezioso, un tempo in cui l’amore silenzioso di Dio si fa attesa della vita nella Risurrezione. È un tempo che ci prepara ad accogliere la luce pasquale, rinnovati nella fede e nella speranza.

9. L’amore che salva tutti, tutti, tutti

È forse il lascito più potente. Nessuno è escluso. Nemmeno chi ha sbagliato, nemmeno chi è lontano. Il Signore ha lasciato vesti, parole, sguardi a tutti. “Ci conosci uno a uno, per salvare tutti.” Nella Via Crucis 2025, Papa Francesco ci ricorda che l’amore di Dio è universale e incondizionato. Nessuno è escluso dalla sua misericordia. Questo messaggio – che attraversa tutto il suo pontificato – si condensa nella preghiera finale della stazione in cui Gesù viene spogliato delle vesti: “Ci conosci uno a uno, per salvare tutti, tutti, tutti.” Quelle parole – todos, todos, todos – le aveva pronunciate con forza e tenerezza davanti a più di un milione di giovani, nella GMG di Lisbona (agosto 2023). Lì, Papa Francesco gridava al mondo che nella Chiesa c’è posto per tutti: “Nella Chiesa c’è spazio per tutti. Per tutti, per tutti, per tutti. E questo il Signore lo dice chiaramente.”

“Dio ci ama così come siamo, non come vorremmo essere o come gli altri si aspettano che siamo.” Con quel grido – e con la Via Crucis – Francesco affida alla Chiesa un’eredità inequivocabile: nessuno va lasciato fuori, soprattutto chi ha sbagliato, chi è ferito, chi si sente lontano. La logica del Vangelo non è quella della selezione, ma dell’inclusione. Cristo ha lasciato le sue vesti in mano a tutti, perché il suo amore è per tutti. Todos. Todos. Todos.

10. La terra, la casa comune, la fraternità universale

La conclusione della Via Crucis è un trittico: Laudato si’, Fratelli Tutti, Dilexit nos. Sono i pilastri del magistero di Francesco. Amore per il creato, per i fratelli, per il Dio che ci ama. Nella conclusione della Via Crucis 2025, Papa Francesco ci invita a contemplare il mondo come una casa comune, un luogo dove la fraternità universale può germogliare. Questo appello si radica profondamente nel suo magistero, in particolare, come già scritto, nelle encicliche Laudato si’, Fratelli tutti e Dilexit nos.​

In Laudato si’ (2015), il Papa esorta a prendersi cura della nostra casa comune, sottolineando l'interconnessione tra l'ambiente, l'economia e la giustizia sociale. Egli afferma che la crisi ecologica è un appello a una profonda conversione interiore e collettiva.​ Con Fratelli tutti (2020), Francesco amplia questa visione, proponendo una fraternità aperta che va oltre le frontiere geografiche e culturali. Invita a costruire una società basata sull'amore fraterno e sull'amicizia sociale, dove ogni persona è riconosciuta e valorizzata. ​Infine, in Dilexit nos (2024), il Papa riflette sull'amore umano e divino del Cuore di Gesù Cristo, sottolineando che solo attraverso un amore autentico e compassionevole possiamo affrontare le sfide del nostro tempo e costruire un mondo più giusto e solidale.​

Questi insegnamenti convergono nella Via Crucis 2025, dove Francesco ci ricorda che la salvezza non è un fatto individuale, ma comunitario. Siamo chiamati a riconoscere Cristo nel volto degli altri, a prenderci cura della terra e a costruire legami di fraternità che abbracciano tutta l'umanità.

Nel tempo dell’attesa – mentre attendiamo di conoscere la data delle esequie di papa Francesco – la Chiesa può sostare su questa Via Crucis come su un sentiero di luce. In essa Francesco ci ha lasciato la sua anima, la sua teologia del popolo, la sua pedagogia del cuore.

Un’eredità viva, da non conservare in archivio, ma da vivere in strada.

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