Avvenire di Calabria

Il 20 marzo del 1999 l'amato presbitero reggino veniva ordinato vescovo nella Basilica Cattedrale di Reggio Calabria dall’arcivescovo Mondello

L’anniversario: domani i 25 anni di episcopato di monsignor Nunnari

Il racconto dell'arcivescovo emerito di Cosenza - Bisignano: «La mia fatica illuminata dalla Croce»

di Davide Imeneo

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Domani festeggerà il primo giubileo: sono passati cinque lustri dalla consacrazione avvenuta nella Cattedrale di Reggio Calabria. L’arcivescovo Salvatore, per tutti don Nunnari, ricorda ancora le incredibili emozioni vissute il 20 marzo del 1999, quando ha accolto il dono della pienezza del sacramento dell’ordine. In questa intervista esclusiva, pubblicata sull'ultimo numero di Avvenire di Calabria, l'arcivescovo emerito di Cosenza - Bisignano ha ripercorso i suoi anni da vescovo.

25 anni di episcopato, monsignor Nunnari si racconta: «Ricordo ancora la bellezza dell'incontro con tanta gente»

«Ho vissuto quel giorno come una grande Pentecoste - racconta Nunnari. Quando sono entrato in Cattedrale, ho visto un popolo immenso dentro e fuori. Un’enorme folla mi ha fatto capire che quel giorno non era il mio, ma della mia Chiesa, la Chiesa reggina. Ma ricordo ancora la bellezza dell’incontro con tanta gente che guardando in faccia riconoscevo. Gli sposi di ieri, gli sposi di prima, i giovani, i bambini, tutti. Quando mi hanno salutato, ho visto una Chiesa che mi era madre veramente. Mi sono sentito fratello di tutte quelle persone che mi avevano aiutato a fare il parroco e mi stavano aiutando, educandomi, a fare il vescovo. Una gioia grande. E nel guardare tutti, quel giorno ho avuto una sola tristezza. Non c’era più né mio padre, né mia madre. Ma sono certo che mi assistevano dal paradiso».

Durante questi anni ci sono stati alcuni momenti di difficoltà. Come li ha attraversati?

Sì, i momenti di difficoltà si sono innervati anche con i momenti belli della mia vita episcopale. Fin dal primo momento a Sant’Angelo dei Lombardi, una diocesi povera, provata ma non privata, dall’amore di Dio. Il terremoto ha distrutto tutto, io ho accompagnato la ricostruzione fino all’apertura delle cattedrali. Qualche volta, non lo nascondo, ho avuto paura, mi chiedevo “cosa faccio qui?”. Poi ho guardato il crocifisso. Il mio crocifisso, è stato la guida che mi ha dato forza, luce, speranza. Se non ci fosse stata la croce, la mia fatica sacerdotale, episcopale, sarebbe stata forse una fatica della disperazione.


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La mia fatica illuminata dalla Croce è stata una fatica piena di speranza, che mi ha dato forza nei momenti duri sia a Sant’Angelo e poi anche a Cosenza. Quante difficoltà all’inizio a Cosenza, quanti dolori, quante sofferenze, quante ingiurie ricevevo dagli operai del Papa Giovanni, fin sotto l’episcopio. E io li guardavo tutti e dicevo “un giorno capirete”. Hanno capito, che sono stato un vescovo padre, sia a Sant’Angelo, sia a Cosenza, con la forza di Dio e con l’aiuto della Vergine.

Monsignor Nunnari...in questi 25 anni di episcopato che significato ha avuto il suo legame con la Madonna della Consolazione?

Reggio è innamorata di Maria. Non c’è occasione, non ci sono momenti difficili o facili, c’è lei. Negli anni difficili della rivolta, ricordo sempre una scritta: “Maria, solo tu ci resti”. L’inganno che ha subito la mia città, la nostra città, è stato grande.


PER APPROFONDIRE: Chiesa calabrese in festa, monsignor Salvatore Nunnari celebra 59 anni di sacerdozio


I politici, i politicanti hanno distrutto la politica vera a Reggio. Hanno distrutto la speranza. Ma Reggio si è ripresa. “Maria, solo tu ci resti”. E c’era stata solo lei che ha asciugato le nostre lacrime e ha dato coraggio ai figli. Maria mi ha dato forza, coraggio per andare avanti. Ha restituito, con la sua presenza, quella speranza che altri avevano tolto.

Lei è stato anche presidente della Cec, quale futuro immagina per la missione della Chiesa in questa regione?

Si, sono stati anni anche un po’ duri, però l’unità dei vescovi mi ha aiutato a superare tante difficoltà, come in una famiglia. Abbiamo anche prodotto dei documenti importanti sul contrasto alla mafia e sulla promozione della legalità, ma la cosa più importante non sono i documenti che abbiamo firmato, ma l’esempio che abbiamo dato...e che la gente si aspetta dai preti e dai vescovi: una famiglia unita. Non ci devono essere differenze di campanile o di cultura, oggi la Calabria può essere salvata nella misura in cui tutti uniti, laici, presbiteri e vescovi, formiamo una famiglia. Se non c’è una famiglia unita e ci sono ancora i campanili che suonano ognuno per i fatti propri, questa Calabria non conoscerà progresso.

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