Avvenire di Calabria

Parla suor Carolina da anni impegnata a Bosco Sant’Ippolito con i giovani a rischio

L’anticipazione: «Nella Locride lo Stato latita»

Federico Minniti

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

Suor Carolina passa le sue giornate a Bosco Sant’Ippolito nel comune di Bovalino (Reggio Calabria). Potremmo definirla una missionaria: il suo centro giovanile “Padre Pino Puglisi” dista pochi metri dalle residenze della famiglia Pelle – Vottari, uno dei clan più potenti della ‘ndrangheta. Eppure lei cerca di combatterla, la criminalità, con la semplicità dell’accoglienza. «In certe zone la mafia, la ‘ndrangheta o la camorra non ha bisogno di manifestarsi, la percepisci nell’aria», ci dice. Eppure lei prova a distogliere i giovani da queste logiche mafiose. Cerchiamo di fare un cammino di legalità e per farlo chiamiamo le cose con nome, senza nasconderci. I primi tempi che siamo arrivati il termine ‘ndrangheta era impronunciabile. Eppure le dico una cosa: ad agire sulle coscienze della gente perbene non è la ‘ndrangheta. E cosa? Quello che incide è la cultura mafiosa, un killer silenzioso e subdolo. C’è – purtroppo – una marginalità di illegalità anche in chi non è affiliato. Da dove deriva? C’è un sentire comune: «Se io “frego” le Istituzioni che male c’è?» In fondo da queste parti il primo latitante è proprio lo Stato. Perché afferma questo? Quando non si assicurano i servizi, allora è una latitanza di Stato. Anche in questo caso mi viene in sostegno Padre Puglisi: «Non dobbiamo chiedere per favore quello che ci è dovuto come diritto», diceva. Nella Locride, è amaro constatarlo, il diritto, spesso, non esiste.

Il resto dell'intervista nel numero di oggi in edicola con L'Avvenire di Calabria.

Articoli Correlati