Avvenire di Calabria

Giustificazioni e accuse all'indomani della decisione del sindaco di revocare le deleghe all'assessore

Le mezze verità di Falcomatà: «Ho provato a difenderla, ma…»

Federico Minniti

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Una pagina infelice per la politica comunale. Il caso–Marcianò, al netto delle smentite di facciata, rappresenta un punto di non ritorno rispetto all’attuale gestione della Cosa Pubblica a Reggio Calabria. Da tempo immemore, infatti, un amministratore pubblico, come Angela Marcianò, non godeva di un consenso popolare così ampio. Una fiducia che non scaturiva dai riti della politica, essendo lo stesso assessore ai Lavori Pubblici avulso dalle vicende elettorali, quanto rispetto ad una credibilità nell’azione che a più livelli le veniva riconosciuto. Da tutti, ma forse non dai propri colleghi della maggioranza consiliare (con importanti differenziazioni) che da tempo covavano risentimenti nei suoi confronti. A guidarli in questo «tiro al bersaglio» è stato Giuseppe Falcomatà, sindaco che ha scelto Angela Marcianò per poi scaricarla dopo il cambio rotta di Matteo Renzi nel merito delle nomine in segreteria nazionale del Pd che hanno premiato l’avvocatessa senza–tessera, bocciando il figlio del sindaco della Primavera reggina. Sono saltati gli schemi ed anche i nervi a qualcuno che ha pure “toppato” l’intervento censore dettato al momento sbagliato nel luogo sbagliato. Così certamente, se da un lato Angela Marcianò ne esce parzialmente ridimensionata in riferimento alle dinamiche e al peso specifico interno al Pd, dall’altro ne esce certamente esaltata poiché agli occhi dell’opinione pubblica appare come l’agnello immolato sull’altare dei carrierismi politici. A Palazzo San Giorgio tra i consiglieri comunali e qualche assessore (seppur quest’ultimi a bassissima voce) è corsa ai distinguo.

Il documento di sfiducia nei confronti dell’assessore ai Lavori Pubblici sottoposto dal primo cittadino agli eletti della sua maggioranza è stato rispedito al mittente. Più di uno ha richiesto una verifica complessiva sugli assessori e i delegati del sindaco. Sta di fatto che, in casa Pd, il vero dubbio a questo punto è su chi sarà il successore della Marcianò ai Lavori Pubblici. Perché – e non è sensazione di pochi – sembra che dietro le beghe da partito si sia celato un interesse massiccio ad avere una maggiore ingerenza della politica nei confronti dei tantissimi soldi che arriveranno a Reggio Calabria dopo un periodo di vacche magre. Il settore, secondo i ben informati, ripulito da Angela Marcianò è, nei fatti, il centro di potere dell’intera macchina comunale laddove tutte le voci del bilancio sono severamente ingessate dal piano di rientro ereditato dai fautori del Modello Reggio. Un cambio al timone rispetto alla gestione degli appalti pubblici, quindi, diventa una questione di agibilità politica per Falcomatà che si è trovato incastrato tra una passerella nazionale negata e un esecutivo che zoppica vistosamente.

L’ultima decisione, ossia quella di recapitare mezzo stampa il ritiro delle competenze dell’assessore, rappresenta poi uno stile poco incline al confronto democratico che è la base per la sopravvivenza di un partito, di un governo e di una città stessa. Falcomatà dovrà spiegare le sue ragioni; ad Angela Marcianò, invece, la attende la gioia (almeno questa) della maternità. Un atto finale intriso di mistero: dal Pd nazionale negano, infatti, di aver dato il “via libera” all’azione di Falcomatà: «Si assuma la responsabilità delle sue azioni», ha dichiarato il responsabile organizzativo dei dem, Lorenzo Guerini.

Certamente è stata disastrosa la gestione comunicativa del momento politico ed il sindaco dovrà sudare le proverbiali sette camicie per recuperare il terreno perso rispetto all’appeal sul territorio. Il primo cittadino ha fatto sapere di aver provato a difendere l'assessore dalle invettive degli altri colleghi (quali?) di Giunta; una giustificazione - arrivata sempre attraverso un'intervista su Gazzetta del Sud - che non ha convinto Marcianò che ha annunciato una replica sul tema.

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