Avvenire di Calabria

Lamezia Terme, intimidazioni alle coop fondate dal sacerdote

Le minacce delle ‘ndrine, don Panizza nel mirino

Saveria Maria Gigliotti

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“E’ evidente che sono venuti apposta a buttarli lì come per dare un messaggio chiaro: ‘noi facciamo quello che vogliamo, noi non vi lasceremo in pace’. Di qualsiasi natura sia il gesto, sia che si tratti di mano mafiosa che di balordi, resta il fatto che è stata una cosa costruita perché è stata tagliata a pezzetti un’automobile ed i pezzi buttati lì, abbandonati sul terreno. E’ un gesto fatto apposta”. Don Giacomo Panizza non ha dubbi e così, a caldo, commenta l’ennesimo atto di cui è stata fatta oggetto una delle cooperative che in questi anni, su suo input, è nata a Lamezia Terme, in provincia di Catanzaro, che si occupa di agricoltura biologica e che in passato ha ricevuto altre “attenzioni”.
Questa volta, come avvenuto circa un anno fa, non è stato il fuoco il “messaggero” ma alcuni resti di carcasse di auto. Ieri mattina i soci della cooperativa “Le Agricole” hanno trovato disseminati sul terreno resti di carcasse di auto, probabilmente frutto di furti, che, dopo essere state depredate di ogni parte del motore, sono state tagliate con la fiamma ossidrica. Quindi, al posto di abbandonare i pezzi in qualche anfratto, chi ha agito ha pensato di disseminarli su quel terreno che, in un certo senso, rappresenta un segnale di voglia di ripresa per un territorio difficile.
Ecco perché don Giacomo, che negli anni scorsi è stato oggetto di minacce da parte della criminalità organizzata dopo che alla cooperativa “Progetto Sud” di cui è presidente e di cui “Le Agricole” in un certo senso rappresenta uno dei tanti rami, era stato affidato in gestione un immobile confiscato alla cosca Torcasio e che per questo si vide assegnare la scorta, si tratta di un gesto “che ti lascia nell’incertezza. È un danno che ci hanno voluto fare, palese, aperto, che parla i linguaggi di chi butta il sasso e nasconde la mano, di chi vuol far capire che loro i danni li possono fare quando vogliono. È un messaggio simbolico. Non posso dire con certezza quale sia la matrice – conclude - , ma rimane un gesto di sfregio. A noi, inoltre, ora anche il compito di smaltire questi rifiuti con tutto ciò che comporta anche in termini di spesa”.
Il gesto ha immediatamente registrato la condanna del vescovo della Diocesi di Lamezia Terme, Luigi Antonio Cantafora, che, nell’esprimere la sua vicinanza e quella della Chiesa lametina alla cooperativa “Le Agricole”, parla di "atto rivolto contro chi quotidianamente opera contro la illegalità svolgendo attività che hanno come unico obiettivo quello della promozione della legalità in ogni sua accezione”. Un atto, quindi, che “va a minare la quotidianità di una realtà che lavora ed opera senza riserve in un territorio che ha non poche difficoltà. Come Chiesa lametina – conclude - non possiamo che stare accanto a don Giacomo ed ai suoi collaboratori certi che gesti come questi devono far comprendere che la strada intrapresa è quella corretta sebbene piena di difficoltà che però non devono far demordere dall'unico obiettivo che è quello dell'affermazione della legalità e della solidarietà".

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