
Limbadi, il 6 maggio si illumina per Maria Chindamo: memoria viva contro la ‘ndrangheta
Nel nono anniversario della scomparsa di Maria Chindamo, il luogo del delitto si trasforma in
Un tardo pomeriggio primaverile. Un’auto che percorre una strada di campagna a Limbadi, un Comune del Vibonese. Al suo interno Matteo Vinci, 42 anni, alla guida del mezzo, ed il padre, Francesco, 70. Si chiacchiera, si discute, mentre la macchina, una Ford Fiesta, attraversa quella strada provinciale, come fatto tante altre volte, tra il verde della campagna che sta rinascendo. Ad un tratto il boato, che si avverte a centinaia di metri di distanza da dove avviene la deflagrazione, e le lingue di fuoco che, in breve, avviluppano l’auto, trasformandola in una trappola mortale per il quarantaduenne che muore al suo interno, mentre la vita di suo padre, sbalzato fuori dall’abitacolo, rimane appesa ad un filo. Una speranza affidata a quell’ambulanza che lo trasporta in ospedale, a Vibo Valentia dove, a causa delle ustioni su tutto il corpo, viene ricoverato in prognosi riservata e dove ai sanitari sin da subito le sue condizioni appaiono gravi. Questo, mentre su quella strada provinciale di località Cervolaro, giungono i vigili del fuoco che domano le fiamme ed i carabinieri che circoscrivono l’area con il nastro rosso e bianco, mentre gli artificieri prima e la scientifica poi effettuano i rilievi del caso. Inizialmente, si cerca di capire se sia stata un’esplosione dovuta al malfunzionamento dell’impianto a gas dell’auto o ad altro. Dubbi che, dopo poche ore, vengono dissipati: dai rilievi, infatti, è confermata l’ipotesi che si tratta di una bomba posizionata all’interno del vano portabagagli della Ford Fiesta.
Matteo Vinci, quindi, ex rappresentante di medicinali e candidato alle ultime elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale nella lista civica 'Limbadi libera e democratica', avrebbe perso la vita in un attentato la cui dinamica è ancora tutta da ricostruire, come da comprendere sono anche le motivazioni e i mandanti. Un’ipotesi, quella della bomba, che crea non poche preoccupazioni ed allarme in un territorio, qua- le quello di Limbadi ad alta densità mafiosa e già al centro di numerose inchieste della Procura antimafia di Catanzaro, al punto che, nell’immediatezza, il prefetto di Vibo Valentia, Guido Longo, ha deciso di convocare d’urgenza il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica.
Questa mattina, quindi, si cercherà di fare il punto sull’intera vicenda per tentare di capire le motivazioni che sono alla base dell’attentato nel quale ha perso la vita Vinci che, tra le altre cose, in passato, era rimasto vittima di un tentato omicidio. Questo, senza dimenticare che quattro anni fa, per una questione di confini e di vicinato, Matteo Vinci era finito agli arresti domiciliari insieme, tra gli altri, a Sara Mancuso, sorella di un noto boss locale. «È stata un’autobomba e non un incidente a provocare la morte di Matteo Vinci – ha scritto in serata su Facebook il coordinamento provinciale di Libera –. Altro sangue a testimoniare il clima di forte tensione e di difficoltà che interessa la provincia di Vibo Valentia».
Aggiornamento:
I carabinieri hanno arrestato a Limbadi, con l'accusa di detenzione abusiva di arma e munizioni, Domenico Di Grillo, di 71 anni, marito di Rosaria Mancuso, sorella dei capi dell'omonima cosca di 'ndrangheta Giuseppe, Francesco, Pantaleone e Diego. L'arresto è stato eseguito nell'ambito delle indagini sullo scoppio della bomba cha ha provocato ieri la morte di Matteo Vinci, di 42 anni, ed il ferimento grave del padre, Francesco, di 73.
L'arresto di Di Grillo é scattato dopo che nella sua abitazione è stato trovato un fucile di provenienza illecita, insieme a 46 cartucce per la stessa arma.
I carabinieri stanno valutando anche la possibilità di un collegamento tra l'uccisione ieri di Matteo Vinci e la lite per motivi d'interesse che la vittima ed il padre ebbero nel 2014 con Rosaria Mancuso, lo stesso Di Grillo ed altri esponenti della cosca Mancuso.
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