Avvenire di Calabria

Samaritanus bonus, il testo della Congregazione per la dottrina della fede

L’impegno ecclesiale per la tutela della vita

Redazione Web

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«Il valore inviolabile della vita è una verità basilare della legge morale naturale ed un fondamento essenziale dell’ordine giuridico. Così come non si può accettare che un altro uomo sia nostro schia- vo, qualora anche ce lo chiedesse, parimenti non si può scegliere direttamente di attentare contro la vita di un essere umano, anche se questi lo richiede. Pertanto, sopprimere un malato che chiede l’eutanasia non significa affatto riconoscere la sua autonomia e valorizzarla, ma al contrario significa disconoscere il valore della sua libertà, fortemente condizionata dalla malattia e dal dolore, e il valore della sua vita». La lettera “Samaritanus bonus” (“Il buon Samaritano”) sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita divulgata lo scorso 22 settembre dalla Congregazione per la dottrina della fede ribadisce e motiva un fermo no all’eutanasia, attiva e passiva, e ad ogni forma di suicidio assistito.

Un testo di 45 pagine che contiene indicazioni precise su eutanasia, accanimento terapeutico, cure di base come alimentazione e idratazione, terapie analgesiche, obiezione di coscienza, ruolo della famiglia, accompagnamento pastorale e formazione degli operatori sanitari e che nelle sue conclusioni rileva come «la miseria più grande consiste nella mancanza di speranza davanti alla morte. Questa è la speranza annunciata dalla testimonianza cristiana, la quale, per essere efficace, deve essere vissuta nella fede, coinvolgendo tutti, familiari, infermieri, medici, e la pastorale delle diocesi e dei centri ospedalieri cattolici, chiamati a vivere con fedeltà il dovere d’accompagnamento dei malati in tutte le fasi della malattia, e in particolare nelle fasi critiche e terminali della vita».

La lettera ricorda anche una serie di ostacoli che «oscurano il valore sacro di ogni vita umana »: un «uso equivoco del concetto di “morte degna” in rapporto con quello di “qualità della vita’» che nasconde una visione utilitaristica della vita; una «erronea comprensione della “compassione”» perché «la compassione umana non consiste nel provocare la morte, ma nell’accogliere il malato, nel sostenerlo dentro le difficoltà,nell’offrirgli affetto, attenzione e i mezzi per alleviare la sofferenza»; infine, un «individualismo crescente, che induce a vedere gli altri come limite e minaccia alla propria libertà», radice «della malattia più latente del nostro tempo: la solitudine». Il documento ribadisce con chiarezza che «l’eutanasia è un crimine contro la vita umana», nel solco dell’insegnamento costante del Magistero (numerosi i richiami alla “Evangelium vitae” di san Giovanni Paolo II), e bolla come «gravementeingiuste le leggi che legalizzano l’eutanasia o quelle che giustificano il suicidio e l’aiuto allo stesso». Un richiamo particolarmente attuale per l’Italia dove si fanno sempre più insistenti le spinte per legiferare sul fine vita, anche attraverso sentenze della magistratura. Allo stesso tempo si condanna ancora una volta l’accanimento terapeutico, il «ritardare artificialmente la morte, senza che il paziente riceva in taluni casi un reale beneficio».

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